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Luogo e non luogo: la ‘memoria’ di Umberto Piersanti (di Paola Deplano)

«Senza memoria sarei distrutto». Così disse Umberto Piersanti il 14 dicembre 2020, in un’intervista concessa al programma radiofonico Fahrenheit. Un’affermazione forte, su un tema altrettanto forte, poiché rappresenta, insieme alla natura, uno dei pilastri fondamentali della sua poetica. C’è sempre, nei suoi versi, il ricordo – e questo non solo da quanto ha raggiunto un’età matura, ma da sempre, persino da quando era ragazzo e si cimentava per le prime volte con la scrittura. In quei primi tentativi la memoria lontana non era – e non poteva essere – la propria, ma spesso veniva presa in prestito dai racconti degli anziani della sua famiglia o della famiglia allargata rappresentata dalla realtà contadina in cui era nato e cresciuto. Una memoria semplice, ma allo stesso tempo popolata di elementi mitici ed irreali che venivano presi per certi e realmente accaduti. Come si poteva dubitare che il bisnonno Madio avesse realmente visto salire all’improvviso sul proprio carro un cane nero, che poi era diventato sempre più grande, aveva messo le ali e infine era volato via misteriosamente, come misteriosamente era arrivato? Questo demone dalle forme canine, lo sprovinglo, certamente non esiste, ma è realmente esistito nel ricordo del bisnonno e nella poesia del pronipote, oltre che nella memoria collettiva e mitica della gente delle Cesane.
Alla luce di questi presupposti, non stupisce che quando Vallecchi ha deciso di affidare ad Isabella Leardini la direzione della collana di poesia con all’interno, oltre che delle sillogi vere e proprie, anche dei piccoli saggi sulle parole chiave della scrittura, Umberto Piersanti abbia optato per memoria – non senza, a suo dire, un attimo di esitazione nei confronti di natura. Mi verrebbe da affermare che, vista la compenetrazione “siamese” tra le due tematiche che permea tutta la sua opera, scegliendo l’uno o l’altro termine il risultato sarebbe stato lo stesso.

I volumetti della collana Le parole della poesia, molto ben curati, sono veramente “tascabili” ma, nelle loro piccole dimensioni, racchiudono grandi pagine di riflessione poetica. Fino ad ora sono usciti, assieme a Piersanti, alcuni dei migliori nomi della poesia italiana: Giancarlo Pontiggia (Origine), Giuseppe Conte (Visione), Rosita Copioli (Simbolo), Milo De Angelis (Ritorno), Roberto Mussapi (Magia), Silvia Bre (Mistero). Interessante anche la copertina: su un sobrio sfondo bianco, l’autore del libro ha vergato di suo pugno la parola-chiave di cui intende parlare, quella che sta alla base della propria poetica. È un’operazione encomiabile, anche per i futuri filologi. Gli studiosi del passato avevano a disposizione, oltre ai diari e, in tempi più recenti, alle interviste, tonnellate di carteggi in cui gli autori, tra un fatto e l’altro, facevano trapelare importanti notizie sulla genesi delle proprie opere e sulle motivazioni estetiche e tematiche che li guidavano. Nell’era attuale, dominata dagli scambi virtuali di e-mail che finiranno eliminate nel nulla, il filologo rischia di perdere le tracce dell’ispirazione letteraria dello scrittore che intende indagare. Per gli autori ospitati nella collana, tali tracce sono fermate tra le pagine di questi libri in cui i poeti stessi prendono la parola per spiegare e spiegarsi.
Per quanto riguarda il volume di Piersanti, bisogna dire che è piacevolmente impossibile incasellarlo in un determinato genere letterario. È infatti un prosimetro, un libro di memorie, un saggio poetico, un saggio filosofico, una mini-antologia della letteratura italiana, un diario di vita e chissà cosa altro ancora. Molto ben scritto e denso di sapere, mantiene tuttavia un tono colloquiale e comprensibile, da cui trapela la lunga carriera didattica del poeta. Pare quasi di sentire la voce lievemente rauca del professore leggere le pagine che stiamo sfogliando. Parla in prima persona, ma nessuno dubita che molto di ciò che scrive non sia ego-centrato, ma abbia una valenza universale.
Non mancano, al suo solito, giudizi controcorrente sulla poesia e sulla letteratura in genere. Un andare contro che non è da bastian contrario, ma piuttosto da uomo abituato a pensare e a riflettere secondo le proprie personali categorie estetiche ed umane. Uno sguardo unico e profondo su autori del calibro di Leopardi, Montale, Carducci, corredato da alcune loro poesie che vengono rivisitate, spiegate e condivise con l’immaginario lettore, fornendo nuovi approcci di lettura a dei grandi autori della letteratura italiana e mondiale.
Riportiamo qui di seguito la premessa del volumetto, in cui Piersanti, con poche pennellate senza fronzoli, crea il biglietto da visita dell’opera e introduce il lettore nel senso profondo delle pagine che seguiranno:

«Memoria. È una parola che ti risuona dentro, che ti riempie, ma anche un po’ sconvolge.
Pensieri, emozioni, riflessioni, tutto s’intreccia fino a rendere difficile un qualche discorso. Per me, poi, è la memoria che riesce a dare un senso alla vita, che fa sì che questa non si disperda in una miriade di frammenti senza storia.
Non voglio perdermi in un’analisi complessa e incerta. Qui parlo della memoria attraverso le pagine di autori che sono stati fondamentali non solo e non tanto per la mia scrittura, quanto per la mia vita.
Ed intreccio un dialogo continuo tra questi testi e i miei, tenendo sempre presente la grandezza ineguagliabile degli autori che mi hanno segnato.
È in tale dialogo tanto serrato quanto sproporzionato che ho cercato di trovare il senso e il fil rouge di queste pagine».

 

Paola Deplano

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