OLTRANZA OLTRAGGIO
Salti saltabecchi friggendo puro-pura
nel vuoto spinto outré
ti fai più in là
intangibile – tutto sommato –
tutto sommato
tutto
sei più in là
ti vedo nel fondo della mia serachiusascura
ti dentifico tra i non i sic i sigh
ti disidentifico
solo no solo sì solo
piena di punte immite frigida
ti fai più in là
e sprofondi e strafai in te sempre più in te
fotti il campo
decedi verso
nel tuo sprofondi
brilli feroce inconsuntile nonnulla
l’esplodente l’eclatante e non si sente
nulla non si sente
no sei saltata più in là
ricca saltabeccante là
L’oltraggio


Una replica a “Andrea Zanzotto. Un anno. Una poesia”
Qui c’é tutta la distopia linguistica zanzottiana, la parola che si allontana dal significato per farsi puro significante, e quindi parola inautentica in un contesto storico in cui avviene una vera e propria nullificazione del linguaggio e del senso, l’uomo del secondo Novecento che si fa non-senso
oltre che esserci il rimando al verso dantesco per cui si perde la capacità di parlare nel momento in cui si ha la visione del divino o si passa heideggerianamente la soglia del linguaggio:
Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
che ‘l parlar nostro, ch’a tal vista cede,
e cede la memoria a tanto oltraggio.
Qual è colui che somnïando vede,
che dopo il sogno la passione impressa
rimane, e l’altro alla mente non riede,
(Par.,33, vv. 55)
Zanzotto è stato un mio grande maestro. Con stima.
Roberta Sireno
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