La tua scia degli addii – di Savina Dolores Massa

Cara Savina nave malandrina,

è quasi finita. Forse hai iniziato a pettinarti le chiome, a depilarti le gambe e le ascelle, a scegliere tra i tuoi abiti quello più fru fru. Oppure no, tornerai a casa sporca e sciancatina, purché in fretta possano scendere gli uomini che hai custodito tanto a lungo. Forse hai già salutato i ragazzi di Somalia. Non so se li stai giudicando o se anche a loro un poco ti eri affezionata. Così la penso io che ti rifletto il nome. Sono certa che tu sei una nave capace di guardare oltre le apparenze. Un po’ madre che sa sempre perdonare. Una femmina che sa distinguere i rapaci dai cardellini. Per undici mesi il tuo nome ha invaso la testa di migliaia di persone, atterrendole, arrabbiandole, mortificandole, illudendole. Gente d’Italia e di India, con il cuore chiuso a pugno. So che hai preso tu i colpi, cercando di proteggere ventidue marinai in desolazione d’amore. Eppure dondolavi, Savina, per garantire loro almeno qualche istante di riposo: perché ogni nave – e lo sa solo chi ama tanto il mare – è la madre che sostituisce la carne sulle ossa rimaste asciutte in terraferma.

Ora saluterai i tuoi figli, che verranno esplosi in aria per la gioia da mani che hanno atteso troppo a lungo di toccarli. Non ti rattristare: le madri lasciano sempre andare i marinai. La prima notte in cui ti ritroverai sola a contare qualche stella, ricorda che nessun figlio è capace mai di dimenticare fino in fondo chi, pronta, ninna i pianti, chi raccoglie il vomito, chi abbraccia anche se con braccia ferrose e corrose dal sale di un oceano, o dallo smarrimento di maschietti. Di questi uomini cantati in molte lingue, ora noi terrestri vedremo il volto un po’ color cemento, e occhi, con le pupille accese come solo hanno i gatti in primavera, quando cercano l’amore rinunciato nell’inverno. Spero che, prima di poggiare i piedi a terra, i tuoi marinai si voltino, almeno una sola volta, per guardarti.


S.D.M. (22 dicembre)

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