Anno kleistiano 2011 – 3 – Kleist, il «genio sinistrato»

“La verità è che per me sulla terra non c’era soccorso” (“Die Wahrheit ist, daß mir auf Erden nicht zu helfen war”): così, nella lettera  d’addio alla sorella Ulrike, scrive Heinrich von Kleist. Il 21 novembre di duecento anni fa il «genio sinistrato», come lui stesso si definiva, decise di porre fine alla propria vita a tre miglia da Berlino, sulle rive del Wannsee, lungo la strada per Potsdam.  Da quel giorno ha avuto inizio la storia della ricezione di un autore tra i più straordinariamente recalcitranti a qualsiasi classificazione. Non è soltanto riduttivo, è fuorviante ricorrere agli aggettivi ‘classico’ o ‘romantico’ per definire l’impianto delle opere dello scrittore nato nel 1777 a Francoforte sull’Oder. Non sono mancati, nel cammino percorso dalla ricezione di Kleist, leggende e mitizzazioni – la tomba dello scrittore e di Henriette Vogel , la donna malata di cancro con la quale trascorse le ultime ore nell’attesa della morte (“come due ragazzini fanno a gara a gettare ciottoli in acqua facendogli fare quanti balzi è possibile”:  A.M. Carpi, Un inquieto batter d’ali. Vita di Heinrich von Kleist, Mondadori, Milano 2005, 331), fu in tutto l’Ottocento meta di pellegrinaggi – , silenzi inspiegabili – il primo e più eclatante , quando Kleist era ancora in vita, fu quello di Madame de Staël  nel saggio De l’Allemagne, del 1810 – e tentativi ripetuti di manipolazione ovvero di ‘addomesticamento’ a classico del nazionalismo prussiano, nel secondo così come nel terzo Reich.

In Kleist, il «genio sinistrato»,  saggio introduttivo all’edizione completa delle Opere ne “I Meridiani” (settembre 2011), Anna Maria Carpi ricostruisce questa storia e, allo stesso tempo, indaga la duplice cifra kleistiana, che si dipana tra i poli di attualità e inattualità, tra il destino di marginalità in vita al quale lo condannò ‘l’età di Goethe’ e la riscoperta dei moderni e dei contemporanei dopo la sua morte,  marginalità e riscoperta che Kleist ha in comune con Friedrich Hölderlin. Lontano da Goethe, che si rifiutò, tra l’altro, di prendere in considerazione il “Frammento” di Pentesilea pubblicato su “Phöbus” del 23 gennaio 2008, Kleist era altrettanto distante dal progetto di “ poesia universale progressiva” dei Romantici.

Aveva tuttavia un sogno, un sogno ‘umano, troppo umano’ eppure “anti-umano” (A.M. Carpi), un sogno paradossale, nel quale la materia è, contemporaneamente, «antigrave». In questo sogno di Kleist è la marionetta ad assumere un ruolo centrale. Ecco, dal saggio Il teatro delle marionette,  il brano conclusivo nella traduzione di Renata Colorni:

«Ebbene, mio ottimo amico» disse il signor C… «ora Lei è in possesso di tutti gli elementi che Le occorrono per comprendermi. Noi osserviamo che sempre, nel mondo organico, quanto più la riflessione si fa debole e oscura, tanto più fulgida e imperiosa campeggia la grazia. Tuttavia, come l’intersezione di due rette al di là di un punto dato, dopo aver traversato l’infinito, si ripresenta ad un tratto al di qua di tale punto, o come l’immagine di uno specchio concavo, dopo essersi allontanata nell’infinito ricompare ad un tratto vicinissima a noi, così la grazia si ripresenta una volta che la conoscenza sia passata per così dire attraverso un infinito; in modo che essa, la grazia, si rintraccia al tempo stesso, più pura che mai, in quell’umana struttura corporea che o non ha coscienza alcuna o ha una coscienza infinita, cioè nel pupazzo meccanico oppure nel Dio.»

(Heinrich von Kleist, Opere, a cura di Anna Maria Carpi, Mondadori, I Meridiani,  Milano 2011, 1021)

Link alle puntate precedenti: Anno kleistiano 2011-1, Anno kleistiano 2011 -2

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7 risposte a “Anno kleistiano 2011 – 3 – Kleist, il «genio sinistrato»”

  1. Clelia, come si fa, poi, a non associare “Anmut” a “Würde”? Lucy, ha la limpidezza del vero quello che scrivi. Qualcosa mi dice che con voi sarei capace di discorrere per ore di questo e altro, sussurrando inattuali ‘words of wisdom’ con commozione. Già solo per questo vi sono molto, ma molto grata.

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