
OUTro
di Alessandra Pigliaru
Il tempo comprende l’attesa dalla separazione. È un vorticare inesatto sul vuoto della distanza, un lento propagarsi di radici uterine da rimembrare. Così le poesie di Jacopo Ninni si fanno farmaco per l’abbandono e l’imprevista sortita del fato. A contare l’attesa non è solo chronos ma anche – e soprattutto – un liquido disporsi negli anfratti dell’opaca esistenza.
La verità te la succhiano tutti./ È questione di stile e non è poco/ Sedersi sopra il ciglio ed ammirare/ Il vuoto che vorrebbero lasciarti.
I versi diventano strutture mobili che se da un lato riverberano luci, dall’altro scoprono le ipocrisie dell’essercon-gli-altri. La parola diventa spettatrice dell’incalzante assenza, di un nome che manca all’appello a difendere colori e odori vissuti in contrappunto. Un volto muto è sempre lì a suggerire del resto, a confondere la fisionomia del tuo riposo, e a sollevare quel non detto con sterminati intrattenimenti della ragione. Così la scrittura ripete ciò che è accaduto segnandone un’impressione rinnovata e meno irrespirabile. Il privilegio della traccia, nonostante la severa angoscia, serve al poeta per distinguersi nel mondo, per separare la paura dalla morte radunando l’ora debole con la sua indolente spinta verso il nulla. La qualità di quel segno è polvere che poggia su ciò che è stato: riconoscere alla parola – così come al vetro – la sola possibilità di nitidezza.
Intanto ci si appresta all’immagine che eccede la parabola poetica di Jacopo Ninni. Nelle dita, nei capelli, nelle date da segnare, negli occhi e nelle stelle da sbranare e inondare di intenzioni, il verso procede infatti inesorabile pronunciando l’incanto di quel momento d’essere, di quell’attimo in cui lo sguardo rapisce il futuro e custodisce ciò che è scivolato via. Tutto quel che rimane fuori è ciò di cui apparentemente non si ha bisogno seppure graffi la bontà di rivoli sigillati. Del digiuno si avrà sempre memoria, come di un rosaio che conficca spine generando germogli. Io ho ancora tempo per passare.
*
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10 dita
Ti sembreranno poche 10 dita
A contare nelle sere quelle stelle e
al meriggio, ogni fiore del tuo bosco.
.
Scoprirai così, nella quiete di un sorriso
la sorgente più profonda dei tuoi occhi
per contenere il cielo e ogni suo orizzonte
.
Se poi ripieghi, ogni mattino, un sogno
lo tieni stretto in tasca, fino a sera
Ritroverai il destino di ogni stella.
.
Sarà il tuo canto a conservarla accesa
ad ogni tuo ritorno cupo o stanco.
Coglierai così sorrisi in ogni ombra,
.
sentieri nuovi per ripartire ancora.
.
*
Parole
.
Ho
parole
Divise da colpe
scavate nel fango,
Parole uniformi
Alle voci
Che sento aldilà
.
Parole di fame
E silenzi
Spezzati a metà
.
parole tronco
Dove incido
Sputi e carezze,
Parole compagno
a cui affido ricordi
e bagagli
.
Parole proiettili
Sparati verso occhi
Riflessi nei miei.
.
Parole per te
Che sordo giaci
Poche urla più in là
.
Liberamente ispirata ad “Ossicine” di Mariangela Gualtieri
.
*
È bene che tu sappia
.
Amore di un matrimonio per contratto:
.
Che questa casa ha già cambiato odori
(La luce stessa vi traspira più leggera).
E come i suoi colori, cambia il giardino.
Non più il tuo arancio di calendule e tageti
Ma un semplice, bianco profumato gelsomino
E dell’orto che vantavi come impresa
Resta un solco che non si lascia fecondare.
.
Amore delle urla e delle botte:
.
Che ho spazzato via con soffio lieve
I lividi e i graffi che hai lasciato
Prima che come omertoso fango sotto neve
lascino croste ai miei occhi lucidi al risveglio
io e la mia storia martiri prescelti
per un dolore che non ho mai causato.
vittime sacrificali al tuo passato.
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Amore dei 2 o 3 libri vantati come eletti:
.
Che ho cancellato l’unica poesia
non perché incompiuta o scritta male
Ma sterile, bugiarda, inutile, blasfema.
Parlava di una donna che non c’era
Di sensazioni provate con chiunque
fragili e scontate, come le tue scuse
davanti a un mondo offerto in poche righe
.
Amore esibizionista e senza meta:
.
Che non conservo nulla del passaggio
Tutto si è dissolto nel silenzio
di questo azzurro che sorvola bieco
i tuoi fragili e stupidi sentieri
A cui forzavi spesso i miei di passi.
Con la scusa di un desiderio da esaudire
Per catalogare disillusioni come alibi
.
Amore dei “contintasca” e senz’amore:
.
Che se penso a dove e come sei finita
Rido di gusto dentro al mio bicchiere
Da solo o condiviso in questa casa
Che resta mia, così come l’ho trovata
la porta ora è aperta ad altri colori.
Il tuo si è diluito nel lavabo.
e il resto, poco o nulla: già slavato
.
Amore d’altro in soli 20 giorni:
.
Che 3 anni sono svaniti in una notte
Schiantati sminuzzati e inceneriti.
Donati al vento, che ne faccia nuvole
Per chi “saluta il sole” ma fugge l’alba
Sorgente della più dolce mia occasione.
Calda, curativa e profumata
Come teriaca che si dona al benvenuto.
.
*
Cadenze
.
La raccontano in molti la verità
Il dovere di non trasecolare.
Il bisogno di non trascendere
I colori delle tue abitudini
.
Correre alla festa di tua figlia
Contarne gli anni sulla punta dei capelli
Aspettando che ti dica il nome giusto
Prima di riprendere il respiro
.
Provare poi a filtrare l’orologio
Privare le lancette di ogni punta
Scolorire il tempo di ogni goccia
O stringere i riflessi al suo rintocco
.
Puoi anche star sdraiato ad origliare
Ai pavimenti di cento e mille bar
Per cogliere il respiro di ogni vetro
Caduto o consumato in qualche gola
Mescolare allora il coìto con la birra
innamorarti della docile cassiera
Prima che il rutto dello sconosciuto
La desti dal suo sogno primordiale
.
Risolverti poi a casa, riassumendo
Il tuo sentire in frasi tanto esanimi
Indirizzate a un’anima incantata
Che tutto accoglie eccetto il tuo dolore
.
Puoi piangere se vuoi, ma nel silenzio
esile di un cantuccio di deserto
Scandire le sincopi di ogni lacrima
Fingerne un’ eco per toccarne la distanza
.
La verità te la succhiano tutti.
È questione di stile e non è poco
Sedersi sopra il ciglio ed ammirare
Il vuoto che vorrebbero lasciarti
.
Stenderti poi e rivelare al cazzo
poesie che riportano altri odori
Vomitare il tuo sperma quotidiano
In un angolo delle tue solitudini
.
Prendere allora il filo di ogni soglia
Addomesticare porte e ogni finestra
Al battere e levare di ogni foglia
Prima che autunno inclemente ti divori.
.
*
712010
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Confesso che ho cambiato casa stamattina
Bruciato il letto e ogni spora estranea al tuo respiro
Gli occhi rimasti ad indicare sulla porta
Le stelle che mi hai chiesto di lasciare.
.
Ecco è così che il cuore si separa
Dal silenzio tuo addormito in quella cassa
E io appeso al singhiozzo di ogni passo
Conto il battere dei giorni, ritmo al tuo saluto
Oggi è di qua che si va e ci si conserva
Deviato è Il passo e poco oltre il cancello
sei tu leggera sulla testa del corteo
che guidi ogni lacrima ad attecchire ai muri
.
Nel silenzio, trasfiguro le carezze
Come la mano che si lascia dalla stretta.
Mi fermo a consumare il vacuo che ci resta
Tra ogni sillaba e il tuo morire stanco
.
Ho Briciole per terra per perderci nei sogni
Dita fragili per conservarci appesi ad ogni attesa
Una ferita gelida per ricordarci ad ogni fine
Un bicchiere rotto, per annegarci ad ogni nuovo inizio.
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In quest’assenza percepisco ogni tua visione
La purifico da ogni lontananza
Come preghiera e canto che si accorda nei presenti
ai freddi marmi accorsi come suoni
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10 risposte a “[Novità editoriali] Diecidita – di Jacopo Ninni – OUTro di Alessandra Pigliaru (post di natàlia castaldi)”
e sabato prossimo…diecidita vanno via con me.
che meraviglia.
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grazie, che bella sorpresa… spero che la connessione si riprenda!
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ma non finisce qui… a più tardi
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e la prefazione su nFA:
http://www.noisefromamerika.org/index.php/articles/Di_tutte_le_impronte_possibili_su_diecidita.#body
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jacopo, complimentissimi..in bocca al lupo e un abbraccio, che sabato ti farò di persona
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complimenti jacopo! gran bella lettura… mi farò procurare il libro da un amico ;-)
Anna
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Grandi, quegli Amori.
Interessante tutto. Molto.
Grazie.
c.
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