New York Poems | Daniele Gennaro

“ I believe we are lost here in America,
but I believe we shall be found”. T. Wolfe

New York, la casa del mondo.

“Così in America quando il sole va giù e io siedo sul vecchio diroccato molo sul fiume e guardare i lunghi, lunghissimi cieli sopra il New Jersey e avverto tutta quella terra nuda che si svolge in un’unica incredibile enorme massa fino alla costa occidentale, e tutta quella strada che va, tutta la gente che sogna nell’immensità di essa, e so che nello Iowa a quell’ora i bambini stanno certo piangendo nella terra in cui lasciano piangere i bambini. E che stanotte usciranno altre stelle, e non sapete che Dio è l’Orsa maggiore?, e la stella della sera deve star tramontando e spargendo il suo fioco scintillìo sulla prateria, il che avviene proprio prima dell’arrivo della notte completa che benedice la terra, oscura tutti i fiumi, avvolge i picchi e rimbocca le ultime spiagge, e nessuno sa quel che succederà di nessun altro se non il desolato stillicidio del divenir vecchi, allora penso a Dean Moriatry, penso persino al vecchio Dean Moriatry, il padre che mai trovammo, penso a Dean Moriatry”.

Queste parole pongono la parola fine a “On the Road”, probabilmente la lettura che più ha influenzato la mia generazione e alcune precedenti. Il sogno americano, il jazz, l’infinità degli spazi, il west e la costa occidentale, i deserti dell’Arizona, il caldo umido delle Everglades, il carnevale di New Orleans e…l’elenco potrebbe essere infinito davvero. New York è il punto di partenza e d’arrivo insieme. E’ il viaggio in sé. Un mese a New York racchiude tutte le esperienze e tutti i viaggi possibili, tutti gli incontri possibili, tutte le musiche , i sapori, le letterature , gli amori possibili. Eppure senti che da lì, da quella città incredibile , si apre una porta su un ulteriore presente. Eccomi a comprare un biglietto chilometrico di Grayhound aperto per un mese per tutte le destinazioni, la risposta alla sete d’infinito. L’inquietudine è movimento , astratto presentimento di un’incontro celeste, altre possibilità ancòrano la bellezza del viaggio al ricordo di una vita terrestre, compendio di tutte le letterature e di tutte le visioni, dal sonno al sogno, dalle cascate di Wichita ad un tramonto rosa mentre bevo una birra seduto su una panchina a Battery Park.

Jerico

come jerico cadranno
i muri all’ascolto della
tua voce prossima e
curva sul pioppo verde
autunno fogliato di giallo
rosso vince sempre
rabdomante d’ore
mi inchino folle di nuvole
al più presto mi
allontanerò da qui
ripercorrendo stili
nuove forme d’arte
radicalmente diverso
il mio sentimento
allontanerò da qui
le luci seriche delle lune
veloci caffè
un autogrill di notte
allegro ricordo il mio
primo attraversare l’hudson
confondendo le mille luci
con le mura di jerico
ancora attendo
chiuso sul mio migliore
sorriso
volti nuovi e cornici di pioggia
certo sarò io
a sbrogliare finalmente le carte.

Bright Lights, Big City.

Perdute le pagine con un colpo di cuore riscrivo il mattino la luce grigia crea
Ombre e noto balzi tristi (un tempo rossi di carrozzerie brillanti )
Insperatamente comunque sorrido perché è sicuro il tempo che vivo.
Pur semplice sillabo con la coda dell’occhio sbircio la pioggia che scintilla
Sugli specchi appendo sconnesse le prime parole brade che fanno capolino
Dall’erba verde sono navigato da belle speranze ( grandi speranze).
Per la grazia del sogno ancora vivo in un’isola di aspra bellezza
Uno staterello ideale con laghi fauna intatta alberi e fiori di profumi dolci.

Aprirsi quindi riscrivere condannare il futuro ad essere trasparente sotto i colpi
Forti del mare che cresce infinito di stelle.

Rammendo nuvole basse cieli costruiti apposta per sbalordire lo sguardo:
Vidi palle rotolare all’alba poco fuori Omaha ( Nebraska) improvvisa la prateria
A chiazze verdi-marroni si apriva fra complessi industriali piccole erranti
Promesse di altre praterie cedevano il posto a deserti rossi sull’altopiano la notte
Luci su Salt Lake City poi ancora la nuova ferruginosa alba ruggente raminga
A Reno dove un indiano-menestrello mi chiedeva da accendere ridendo sdentato
E la primavera giù per i verdi colli aranceti e vigne a coprire l’orizzonte
La mia turchese speranza accesa le palpebre incantate sorseggiare l’America
City Lights fino in fondo al molo e su e giù per la California del mio disperato
Amarti con tutti gli sguardi possibili ancora deviazioni deserto di dune intraviste
Addento una tortilla a colazione dall’altra parte del fiume El Paso corrente fredda
Huston Corpus Christi Baton Rouge New Orleans un amore ebreo troppo ubriaco
Per dormire un sonno tranquillo in giacca di tweed “I really know where you bought
These shoes!” dinoccolata l’andatura finalmente americano finalmente rosa di sole!
La musica sentita bagnava il mio pensare al ritorno ma ancora non bastava
A riempirmi gli occhi di fango e neve lavava via comunque lacrime comunque sì.
Appare fantastico il sogno allora passeggio tranquillo come un serafino inglese
Le strade pulite mattoni a vista navigo apripista di me stesso con grazia leggera
Rispondo al mio passo pulito respiro l’aria dolce e ineffabile di Aprile arancione
Ragazzi biondi a Brooklyn Heights vendono le prime rose ed una rosa ti dono.
Raccolgo gli ultimi spiccioli per un hamburger il mio inglese migliora la pronuncia
Perfettibile ma quel tanto buona che basta ad ordinare da bere e bevo infatti
Quell’ultima fumosa notte a New York presagio d’estate.

Direi allora che le nostre voci allargano la vita passata
Terra desolata passaggio palustre di sogni- colombe
Nell’altrove nel non pensato nelle nebbie opache
Nelle fluorescenze invernali di ghiaccio grigio
Sta intatta e cruda la promessa dell’abbandono.

Narrare comete come fossero lampi di seta
Riunire in collane le isole bambine
Poltrire nell’oblio caldo del partorire
Sogni , seguire semplicemente l’identico oriente:
I miei passi bruciano ancora.

Trasformazioni

credo sia un bene girare lo specchio
annullare con un gesto veloce
la feroce luce dell’impossibile:
sono io a trafelare gli sguardi
sono io a cantare le nevi
salutare le nude salsedini
galleggiare nell’ombra destino,
nonostante la bellezza estrema delle
stelle,
nonostante lo scintillio delle note.

processione di nottole da qui all’Hudson
l’acqua diventa elemento trasformativo
muta il rettile in pesce-uccello
riassume in un breve volo la
festosa luce dell’impossibile.

Be-bop

Prendi le mie labbra e attraversale di sogni
Sotto il parlare fitto collinare deragliato
Non le prendere con posizioni d’ancia
Ma appuntite di trumpet con sordina
Per un magico spelling: says never die.
Sotto il parlare fitto sorrisi buffi e soli
Coccinelle viaggianti ridanciane felici
Cestinate le troppe falle del giorno (un chè)
Di frequente riscontro è il dormire-sogno
Con pellegrinaggi celesti alla Mecca sbagliata
Ubriaca del sole Medina d’incastri sonori
Illuminate coriste all’Apollo di Harlem
Risollevano crepuscoli e li portano freschi
Alla notte del jazz.
*