mare d’ignota percorrenza
un gradino in cambusa
al terminare scale
o capitano
ascoltavi deliri e riposavi all’ombra
di te stesso. Io raccoglievo in fogli
e paratie
la mia vita sommersa
sognavo di remare alla catena
e nell’affanno della latitudine
mio capitano
cartesiane e trigoni
non consentono attracco.
Appoggiami l’orecchio sulla vita
trentatre sessantaquattro mille
mi dispiace dottore – non ho abbastanza fiato –
dico zero.
Ti concedo il mugugno
marinaio
e un remo corto per il tuo rientro
stringiti il ceppo alle caviglie
quattro misure d’aria.
Intaglio dell’olivo più ritorto
polena immersa seni e fianchi all’onda
cellule staminali e dio risorto in
affondare lento.
Perchè prestavi ascolto
e tendevi le mani ai miei riflessi
avevi sete e ti porsi la bocca di ruscello
o capitano
volevi anche di terra e di colline
cicale imbavagliate alle radici
albero ancora infisso
e non sirena dalle gote rosa
a tagliare riverberi nell’acqua.
Un astrolabio almeno
una cima di scorta o un suono acceso
battito d’una sola mano
è il porto

7 risposte a “Longitudine”
bello leggerti.
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grande poesia…
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grazie, Natàlia.
Giuseppe, spero di non aver postato troppo a ridosso delle tue, se è così mi scuso, ma chissà perchè avevo l’urgenza di comunicare questa…
grazie!
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ma no… i poeti in genere hanno le loro voci e non si assommano…
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sì, ben detto.
ciascuno la sua voce…
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e insieme un coro. :)
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sì, Nat :)*
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