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Rapire il maestro Lalo Schifrin non fu la cosa più facile del mondo. Ma l’uomo che poteva farlo, farlo in quel modo, ero io. Dieci anni nel Mossad avevano affinato tutti i miei sensi, tranne quello del dovere. E così, dopo aver incontrato Selima che vendeva saponette colorate all’angolo di una stradina della parte vecchia di Nablus, ero uscito dai Servizi. Da noi, mai innamorarsi del nemico…
Salvata la pelle mi misi sul mercato come sicario free lance, non sapevo fare altro. O meglio, sapevo, so, fare tutto, ma con un’inclinazione anomala… Ecco, tanto per spiegarmi, se c’è da riparare qualcosa non sono la persona giusta. Allagamenti, incendi, esplosioni, fratture microscopiche ma letali, questo è ciò che mi compete.
Ok. 11 Maggio 1966, ore 15,50; Praga. Squilla il telefono della mia stanza al Bohemia, a due passi dalla Torre delle Polveri. E’ un tale Sandor, voce metallica, dice di chiamare per conto di Hollywood. Non capisco all’inizio. Mi spiega che è delle majors del cinema che sta parlando. Beh, è tutto vero.
La sera dopo sono nella città degli angeli, ancora indenne dal jet-lag; la voce metallica in giubbotto di pelle e occhiali canna di fucile mi accompagna in una stanza. Immensa. Dall’anfiteatro di fronte a me, nella penombra mi arriva la voce di un vecchio.
Hanno bisogno di musica, ne hanno un bisogno urgente. E hanno finito i dollari. Missione: rapire il migliore in circolazione. Il migliore è Boris “Lalo” Schifrin. Argentino, 34 anni. Debolezze, le solite; più una: il River Plate. Schifrin fa sempre di tutto per tornare a Baires per il Superclasico contro il Boca.
Ed è lì che punto tutto quello che ho in tasca, sul River. Quell’anno i Millonarios sono in finale alla Libertadores, contro il Penarol di Montevideo. Spareggio a Santiago del Chile. E’ al centro di questo triangolo magico che tanto sarebbe piaciuto a Simon Bolivar, che mi inserisco col tempismo perfetto che mi appartiene.
Il 20 maggio all’Estadio Nacional di Santiago, il River Plate perde 4 a 2 il barrage con i gialloneri uruguagi e il mondo, quello esterno, e Lalo Schifrin si perdono reciprocamente di vista. Per due anni.


11 risposte a “Racconti inediti: Il rapimento di Lalo Schifrin – Domenico Caringella (post di natàlia castaldi)”
come a dire:IDEA! e si accende anche una lampadina!
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sì.. è geniale.
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Grazie Natalia
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qui stiamo pubblicando una minima parte della tua produzione, ben più vasta e consistente, che meriterebbe un editore con le contropalle.
ciao, grazie a te, sperando di potertene “rubare” altri… (a dire il vero ne ho uno in mente “come un paio di occhi da non guardare”).
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Lalo Schifrin è stato davvero un grande compositore di musiche da film.
Il racconto è bellissimo!!! L’idea è geniale e ricorda (ambientazione e data) “Mission Impossible”, musicato proprio da Schiffrin. Infine, è scritto magnificamente.
Sono certo che piacerebbe a Schifrin.
Grazie!
Jack
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sìììììììììììììììììììì! grazie Jack!!
ci tengo a questo scrittore qui. mannaggia quant’è bravo.
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come mannaggia?
;-))))
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lo so io perché.
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Sì, proprio un bel racconto.
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[…] * Racconto già pubblicato sul blog Poetarum Silva […]
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…sì…un editore con le contropalle. sono d’accordo. Arriverà, ne sono certa.
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