Visualizziamo per un momento un vorticoso incrocio newyorkese che, a un certo punto, si materializza in un concetto metaforico affine al mondo della letteratura: la trasformazione, ma anche quel viavai continuo di persone, storie di vita, idee. È una sintesi quasi estrema ma ben descrive l’iconica identità di 66thand2nd.
In questo nuovo episodio di Just dropped in , infatti, incontriamo Isabella Ferretti, co-fondatrice, insieme a Tomaso Cenci, di questo progetto editoriale frutto di una totalizzante passione per i libri che ha travalicato il concetto stesso di rischio in un settore spesso definito saturo.
Tra riflessioni sul mercato, il ruolo del marketing, il rapporto tra sport e letteratura e la scoperta di nuove voci, emerge una visione lucida e appassionata di un mestiere che è, prima di tutto, un atto d’amore per le narrazioni che permangono al di là del concetto di tempo.

G.B.: 66thand2nd: il nome della casa editrice evoca un’immagine che, da una parte, ha la caratteristica di essere ben ancorata alla terraferma, un riferimento geografico che ci porta dritti a New York, dall’altra è il simbolo per eccellenza di un viavai umano continuo e quasi inarrestabile, con tutte le sue bizzarrie e le sue malinconie. È una bella metafora perché questo spazio diventa un punto fermo dal quale osservare le cose: c’è sempre un momento, nella vita di chi scrive, in cui è necessario porsi al centro di un incrocio, e vedere che succede. A volte niente, a volte di tutto. In questi anni, cosa hai osservato dal tuo punto di vista di editrice, da quell’incrocio che è 66thand2nd?
I.F.: Sono entrata in editoria non perché avessi un bagaglio di competenze spendibili in questo settore ma per pura passione e amore per i libri. Non sapevo nulla del mondo editoriale né del mercato che governa la circolazione dei libri. Dopo oltre quindici anni di attività, posso dire di avere imparato alcuni meccanismi e regole che presiedono l’editoria italiana. È un comparto industriale che muove molto denaro ma che è strutturalmente indebitato a causa della completa mancanza di politiche culturali efficaci e di scarsi presidi antitrust, che potrebbero aiutare molto gli editori piccoli e piccolissimi, senza danneggiare i grandi gruppi. Ho anche osservato che il successo di un libro, nel nostro paese, non è frutto di una scelta consapevole dei lettori ma di operazioni di marketing e investimento. Forse anche per questo, penso a volte, il numero dei lettori continua a scendere e questi ultimi si rivolgono a fonti alternative di storie, come i social, le narrazioni in rete, i podcast.
G.B.: C’è un altro termine che riecheggia molto nell’aria quando si parla di libri ed editoria: passione, che è in fondo la persistenza di un’emozione, o la sua ricerca. Che rapporto hai con la passione e cosa succede quando questa si trasforma in lavoro?
I.F.: Come dicevo, la mia avventura editoriale nasce proprio da un’incredibile passione per i libri e per la lettura, passione condivisa con Tomaso Cenci, mio compagno di vita. La passione ci ha dato il coraggio e la forza di costruire da zero un marchio editoriale, di vincere le barriere che – più che in entrata – si trovano nella crescita e nello sviluppo, di investire tempo, denaro e incredibili risorse di energia e amore in un’impresa che possiamo considerare riuscita, se non altro per la visibilità che il marchio ha ottenuto e sta continuando a ottenere e per le innovazioni di cui siamo stati, nel nostro piccolo, fautori. Mi riferisco in particolare alla letteratura sportiva, un genere poco diffuso quando abbiamo iniziato e che adesso viene considerato appetibile e in crescita. La passione dunque, unita alla determinazione, fa accadere le cose.
G.B.: Sullo sport mi hai anticipata: 66thand2nd infatti, abbraccia diverse collane, tutte ben riconoscibili, anche dal punto di vista grafico. Mi sembra che, in generale, il vostro lavoro sia una coerente ricerca basata non solo sul linguaggio ma sul rapporto che esiste fra le parole e la realtà di chi narra una storia o una biografia. È così?
I.F.: Abbiamo due collane che esplorano la letteratura sportiva. La prima è Attese, con cui abbiamo debuttato, e include opere di narrativa e saggistica legate a storie che ruotano attorno allo sport. È una collana in cui la matrice letteraria è predominante. La seconda collana si chiama Vite inattese ed è dedicata alle vite di grandi campioni oppure a storie di sport con una carica drammaturgica che le rende particolarmente adatte alla letteratura. In queste collane, cerchiamo di ospitare autori e autrici che riescono a rappresentare non solo un punto di vista specifico ma una vera e propria prospettiva narrativa, al di là della cronaca biografica in sé. Quest’ultima, grazie all’estrema facilità con cui si possono reperire informazioni sul web, ha ormai poco senso per una casa editrice come la nostra. La prospettiva individuale, invece, accende riflessioni, emozioni e un rinnovato interesse. Le scrittrici e gli scrittori che scegliamo sono dunque prima di tutto innovatori, conoscitori e divulgatori, tutti accomunati da stili individuali, da un uso della parola che non recede di fronte alla materia trattata e che allo stesso tempo è alla portata di tutti i lettori e le lettrici. Per fare un esempio concreto, uno dei bestseller della casa editrice è Giorni selvaggi, memoir del giornalista William Finnegan e della sua ossessione per il surf e per la ricerca dell’onda perfetta, vincitore del Premio Pulitzer.
G.B.: Parliamo di esordienti: c’è un’arguta battuta di Flaiano che mi fa sempre sorridere, Non sono più lo stesso. L’insuccesso mi ha dato alla testa. A volte esordire è un disastro, altre una rivelazione, comunque vada si è spesso ossessionati dall’idea del successo (anche se questo non vale solo per gli esordienti in effetti). Ma cos’è, per davvero, dico autenticamente, un successo editoriale?
I.F.: Per abitudine uso poco la parola “successo” perché è un termine relativista, poco univoco. Se un successo editoriale è solo il libro che vende centinaia di migliaia di copie allora gli editori indipendenti non sono in condizione di poterlo avere successo, tranne cospicue eccezioni (Elena Ferrante su tutte). Un successo di quelle proporzioni, infatti, dipende da molti fattori che esulano dal libro in sé e per sé e hanno anche a che fare con due elementi non scontati: la capacità economica e il posizionamento dell’editore. Periodicamente si fa la conoscenza di esordienti che pubblicano libri di grande vendita, ma non di rado appartengono a marchi editoriali di grandi gruppi, che sanno costruire operazioni commerciali destinate ad assicurare la buona riuscita della pubblicazione. Le case editrici indipendenti puntano su alcuni autori in cui credono e cercano di renderli visibili sostenendoli con la stampa, con le librerie, con le fiere e i festival. In alcuni casi si riesce a farli emergere, in altri purtroppo no perché l’iperproduzione libraria condanna alcuni – pur meritevoli e anche non esordienti – alla seconda fila. Nonostante questo, la scoperta di nuove voci fa parte della missione degli editori indipendenti e costituisce uno degli elementi di vitalità dell’editoria italiana.
G.B.: C’è una domanda vertiginosa alla quale io so quasi sempre rispondere da lettrice, e che mi tormenta quando invece sono dall’altra parte, e scrivo. Quando una storia diventa letteratura?
I.F.: La risposta a questa domanda credo sia diversa da persona a persona. Prima bisognerebbe chiedersi: cos’è la letteratura?. Nel nostro mondo si discute senza tregua di romanzi di grande successo commerciale che solitamente non si considerano letteratura e di romanzi meno amati dal pubblico che invece sarebbero carne e sangue della letteratura. Secondo me – ma, appunto, è solo un parere personale – una storia è letteratura quando i suoi elementi sono universali ed è in grado di suscitare emozione, di essere letta a più livelli e di non prestarsi a interpretazioni univoche.
G.B.: Quest’anno sarà l’anno di Ubagu Press, nuovo marchio editoriale frutto della sinergia fra 66thand2nd e nottetempo. Quanto è importante la cooperazione nel mondo dell’editoria?
I.F.: Nell’editoria indipendente la cooperazione è tutto. I primi a comprare i libri degli editori indipendenti sono le persone che lavorano in questo comparto. Si è concorrenti, certo, ma si apprezza, si ammira e si incoraggia il lavoro dei colleghi e di chi lavora nelle case editrici che spesso è anche editor, traduttore, autore. Purtroppo il personalismo che affligge noi italiani raggiunge picchi particolarmente elevati tra gli editori e dunque non riusciamo come comunità a spingerci efficacemente oltre la sorte comune e a spenderci come comunità a favore di tutti, assecondando un senso di appartenenza reale. Se riuscissimo davvero ad essere uniti, nulla ci potrebbe resistere!
In copertina: artwork by Horacio Quiroz

