Ogni lettera è un personaggio, con una volontà precisa, desideri e paure, deliri e ossessioni. Come ogni personaggio anche le lettere hanno una loro storia personale, un passato con cui fare i conti e un futuro a cui sono inevitabilmente destinate.
Oggi C e B.
Incontriamoli.
Una rubrica a cura di Francesco Marangi
C pensa a suo padre, B prova a rimediare un pompino
C ha detto: facciamo tanto gli intellettuali ma non c’è nessuno che sappia davvero qualcosa di quello che sta dicendo, facciamo gli intellettuali e ci baciamo e proclamiamo il sesso libero e intanto piangiamo per la nostra solitudine implacabile, per il nostro stupido idealismo. Proclamiamo il sesso libero e ci facciamo trascinare in scorribande orgiastiche e vaghiamo per la città nudi, spargendo sperma, spargendo liquidi seminali di ogni tipo, nella speranza di fecondare cosa? Nella speranza di essere fecondati? Siamo tutti dotati di utero? Siamo in grado di riprodurci per osmosi? Siamo animali? Camminiamo a quattro zampe? Forse parliamo di canto gregoriano e di musica sacra, parliamo di Josquin des Prés e dei sacri testi del Vangelo. Forse abbiamo una lunga coda, scodinzoliamo a chi ci mette il cibo nella ciotola, abbaiamo e ci accoppiamo e dormiamo in tende costruite con foglie di palma, sui lungomare di tutte le città d’Italia, banchettiamo e sfidiamo gli dei, scriviamo qualche pagina e la cancelliamo, scriviamo qualche nota e la suoniamo al pianoforte scordato della nostra coscienza.
B ha detto: è una poesia?
C ha detto: è quello che penso.
B ha detto: la poesia è sempre il primo pensiero, uno specchio dove trovi te stesso in spazi e tempi sempre diversi.
C ha detto: io me ne fotto, se mi è concesso.
B ha detto: all’inizio o alla fine di una civiltà troviamo la poesia.
C ha detto: mi ricordo di un giorno che stavo seduto a guardare un ruscello e ho deciso di mettere i piedi in acqua. L’acqua era fredda. Piccoli pesci mi sfioravano le dita. Il sole mi toccava il cranio, la spina dorsale. Era tutto come doveva essere. Sono rimasto immobile, non so quanto a lungo, respirando. Un raro momento di meraviglia.
B ha detto: la morte arriverà con il Verbo perché la vita è iniziata con il Verbo. Morte e vita arrivano sempre farneticando, nella confusione. Vorrei solo che A non fosse uscito con quella ragazza, non ricordo come si chiama. Vorrei che non fosse uscito con quella puttanella. Solo che A è fatto così, vede due gambe e non capisce più un cazzo. Fuori piove?
C ha detto: fuori c’è un tempo di merda. Il Verbo è un’unica voce o un coro di voci? Di quale voce vogliamo innamorarci? Non vedo altro che cazzi, in ogni direzione. Non hai mai voglia di tagliarli?
B ha detto: i cazzi intendi? Sempre.
C ha detto: quanti anni ha la ragazza di A?
B ha detto: non è la sua ragazza.
C ha detto: quanti anni ha?
B ha detto: non so quanti ne ha ma è troppo giovane.
C ha detto: due belle gambe sono pur sempre due belle gambe.
B ha detto: forse hai ragione. Forse insieme al Verbo le belle gambe sono tutto quello che ci resta.
C ha detto: le belle gambe, una cima d’erba, ascoltare i vicini di casa che scopano come selvaggi.
B ha detto: ti va di succhiarmelo?
C ha detto: quando esce un nuovo libro, chi l’ha scritto viene immancabilmente definito genio, siamo circondati da geni e grandi artisti, un’intera generazione di grandi artisti, creativi, gente che venderebbe la propria madre per avere l’occasione di sorridere in diretta a qualche trasmissione in prima serata, sulla Rai suppongo.
B ha detto: forse dovresti truccarti da Joker, comprare una pistola.
C ha detto: preferisco godermi lo spettacolo. Il progresso tecnologico, le protesi in silicone, l’autopalpazione dei testicoli, il Giudizio Universale, i gironi dell’Inferno costruiti coi Lego. Guardo e prendo appunti sul taccuino, digrigno i denti, sogno balene e fantasmi di balene, nelle profondità dell’Oceano Indiano. Miliardi di meduse richiamano alla superficie, ondeggiando i tentacoli fluorescenti, le anime perse sui fondali.
C sfogliava un libro per bambini che aveva comprato al mercatino dell’usato, gli ricordava un libro per bambini che suo padre gli leggeva da piccolo. B mangiava del cous cous con le verdure, freddo di frigo, facendo rumore mentre masticava. Erano entrambi seduti sul divano, il divano era sporco di cenere e puzzava di sudore.
C ha detto: il divano è un divano ma può anche non essere un divano, insomma la realtà non è un fatto logico o comunque concreto o comunque qualcosa di comprovabile scientificamente. Ogni oggetto mantiene le distanze rispetto a ciò che lo circonda, ogni oggetto non fa altro che ritirarsi in se stesso, sistematicamente. La materia è un agglomerato di merda e sudore, sangue e sudore. Il divano è sporco di sangue? Se c’è del sangue di certo è sangue mestruale.
In copertina: Neon by Sebastian Bissinger & Laure Boer

