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Speciale Premio Strega Poesia 2024 – Il ritorno di una rubrica e una riflessione

Di Annachiara Atzei

 

Quando vengono resi noti i finalisti del Premio Strega Poesia, subito la curiosità e l’interesse mi spingono in libreria alla ricerca delle raccolte in cinquina. È andata così anche quest’anno, in occasione dell’attesa seconda edizione del premio, quando lo scorso 11 luglio sono state presentate le autrici e gli autori, di uno dei quali, il prossimo 9 ottobre, verrà scelto il libro vincitore.
Tuttavia, la volontà di ricerca è stata inversamente proporzionale alla reperibilità di alcuni di questi testi. E non si tratta di un problema di poco conto.
Lo scorso anno, la prima edizione del Premio Strega Poesia era stata occasione per ragionare sul senso e l’autorevolezza dei concorsi letterari e per chiedersi se questi potessero essere luogo della poesia, auspicando, d’altra parte, che uno degli spazi di elezione dovesse e debba identificarsi sempre di più con le case dei lettori. Ma, a un anno da queste riflessioni, qualcosa ancora non torna. Stavolta, infatti, vista la difficoltosa esperienza nella ricerca dei testi, il tema che viene spontaneo affrontare è un altro ed è affine: in gran parte dei casi, soprattutto se si tratta di piccoli editori, nelle librerie non vi è traccia dei libri in gara e neppure è possibile – così almeno è successo a me – ordinarli per la mancata disponibilità nei depositi. Disavventura che capita, più in generale, quando si tratta di procurarsi delle pubblicazioni che non siano mainstream. Come è possibile, dunque, che vengano conosciuti e raggiungano le abitazioni di tutti? Certo – che lo si voglia o meno – un grande ruolo di condivisione e diffusione è giocato dai social network e molto del passaparola che prende avvio dalle più o meno seguite pagine Instagram e dintorni ha l’effetto di far circolare anche le opere cosiddette minori. Come è pure vero, del resto, che sempre più spesso i libri si acquistano online senza necessità di intermediari e (ahimè) di frequentare lo spazio fisico delle librerie o avere il consiglio dei professionisti. Ma questo mi pare sia solo il passo successivo alla notizia di un’uscita, magari appresa altrove. E non è questo il punto.

Senza voler approfondire il funzionamento del meccanismo di distribuzione dei volumi nei negozi – di cui non saprei dare conto – né voler discutere sul sistema che regge l’attività editoriale e il commercio dei libri, soprattutto quelli di poesia, mi sono chiesta, però, quale sia il senso di premiare un lavoro poetico che il lettore potrebbe non vedere mai sugli scaffali. Qui, siamo forse all’opposto di quello che Octavio Paz definiva, già alla fine degli anni Ottanta, “ingorgo della circolazione letteraria”, a proposito delle montagne di libri-immondizia che invadono le librerie. Ed è paradossale. Minime sono le tirature dei libri di poesia e scarsa è la loro distribuzione. Eppure, da un punto di vista ottimista, i lettori potrebbero essere infiniti: una “immensa minoranza” la definiva il Premio Nobel spagnolo per la letteratura Juan Ramón Jiménez, che ad essa dedicava uno dei suoi libri. Difficilmente, curiosando tra i volumi che stanno sugli scaffali, troveremo le raccolte di autori di nicchia in mezzo ai tanti classici e ai più amati poeti contemporanei (penso a Merini, De Angelis, Magrelli, Anedda o Mari, per citarne solo alcuni). Quel mondo di buona poesia, per motivi che molto probabilmente hanno a che fare con interessi meramente economici (togliamo il “molto probabilmente”), resta, ad oggi, ancora sommerso e destinato a un pubblico ristretto. Forse, allora, il senso di premiare gli autori di testi sconosciuti ai più – o comunque difficilmente raggiungibili dagli acquirenti – può essere proprio questo: mettere un seme di conoscenza della poesia, soprattutto quella che appare più remota e meno appagante, e consentire che il divario tra indifferenza e passione si riduca a un lume destinato a spegnersi. O magari, favorirne una fortuna postuma, che non sia consumata nel breve e che non sfumi nel tempo di una lettura, ma che abbia la consistenza della durata. È impossibile amare la poesia e procedere indifferenti per la propria strada. È l’augurio che facciamo a tutti i poeti ma anche a tutti i lettori.
Intanto, aspettando il 9 ottobre, anticipiamo qualcosa sui libri e gli autori ai quali dedicheremo i nostri approfondimenti. Daniela Attanasio, autrice e traduttrice romana, partecipa con Vivi al mondo (Vallecchi), e parla della sua idea dei poeti e della poesia e della necessaria sensibilità e apertura verso le cose del mondo. Giovanna Frene, studiosa e critica, nonché allieva di Zanzotto, dà prova della raggiunta maturità letteraria con Eredità ed Estinzione (Donzelli). Gian Maria Annovi, emiliano, che vive e insegna letteratura a Los Angeles presso la University of Southern California, si presenta con Discomparse (Aragno), disseminato da figure momentanee, mai protagoniste delle loro vite, e destinate quindi a dissolversi. C’è, poi, Stefano Dal Bianco, docente di Poetica e Stilistica all’Università di Siena, con i paesaggi e le riflessioni di Paradiso (Mondadori). Infine, troviamo Roberto Cescon, tra gli organizzatori del festival letterario Pordenonelegge, con Natura (Stampa 2009), che invita a ragionare intorno alle connessioni remote tra gli esseri umani e tra essi e il cosmo.

Nessun incasellamento e nessun giudizio, neppure in questa occasione, ma un’unica considerazione sui testi in gara, che si distinguono tutti per la chiara identità. Come scrive Antonella Anedda in Poesia come ossigeno: “L’inizio è spesso un dettaglio, qualcosa che succede (…). Un’intensificazione e una moltiplicazione dei punti di vista. Solo allora inizia il lavoro di costruzione. Il linguaggio cerca di superare l’impressione”. Ognuno dei poeti che accoglieremo nella rubrica costruisce un mondo a partire da una suggestione, magari remota, e lo trasforma nel suo mondo, una realtà personale e vera che può derivare solo da quello sguardo. Molto spesso si parla di voce in letteratura, e si cerca di darne una definizione, qualche volta con scarso esito. Pensiamo a quando, a occhi chiusi, riconosciamo una persona solo al sentirla parlare. Qui è lo stesso: se prestiamo attenzione e ci affidiamo alla lettura, sarà come ritrovare inaspettatamente qualcuno a noi caro.
Ne varrà la pena.


 

In copertina: Ai artwork by Giulia Bocchio


 

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