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Just dropped in – Intervista a Eugenia Dubini x NN Editore (a cura di Annachiara Atzei)

L’editore è un filtro. Lo è il suo sguardo sui libri e lo è quello sulle infinite domande dei lettori. Il
suo scopo è proporre molteplici punti di vista e pubblicare storie che diano la possibilità di vivere
tante vite in una sola.
Ce lo racconta Eugenia Dubini, che, dopo tanti anni di esperienza nell’editoria, ha deciso di
mettersi in gioco e fondare NNE proponendosi di indagare sul concetto di identità nella
contemporaneità. Per portare avanti questa ricerca, il lavoro è collettivo – dalla redazione del
testo, alla promozione, alla vendita – e vede impegnati in un continuo confronto casa editrice e
autori, nonostante il lavoro di chi scrive spesso si percepisca come individuale.
Cosa c’è dentro NNE? Un mondo vasto in cui a contare sono i temi e gli interrogativi più che i
generi narrativi o l’origine degli autori. Tra le diverse “serie” che la casa editrice indipendente
propone, Le Fuggitive – collana che abbiamo molto amato durante questo viaggio nell’editoria –
provano a rileggere le categorie di ruolo all’interno delle quali le donne vengono inquadrate e,
come la letteratura sa fare bene, rivelano che, dove permane un dilemma, non c’è conformità.

 

Horacio Quiroz

 


Inizio la chiacchierata con una domanda che va dritta al punto: che sguardo deve avere un buon editore?

Hai iniziato con la domanda delle domande! Personalmente non so risponderti, perché credo che il mestiere dell’editore sia proprio non dare mai un’unica risposta, bensì continuare a porsi la domanda e tenerla sempre in mente per muoversi, sia nella ricerca dei testi, sia nel modo di porli ai lettori, sia infine nell’inventare – o reinventare – la propria identità di casa editrice, il proprio sguardo. Non ricordo chi diceva che l’editore è un super lettore, un lettore collettivo quindi, che si assume il ruolo di scegliere quali testi proporre al pubblico, e che quindi deve continuamente indagare le proposte che gli arrivano, leggerle per dare un giudizio sulla loro pubblicabilità all’interno del suo catalogo. L’editore è un filtro, quindi, lo è il suo sguardo sui libri in sostanza, e lo è il suo sguardo sulle infinite domande dei lettori. Definire questo sguardo “buono”, però, non credo che spetti a lui: sono tante le categorie con cui si può valutare la bontà di un’impresa, e un’impresa editoriale è sempre un’impresa culturale ma al tempo stesso commerciale, ricordiamocelo, e quindi può essere valutata anche solo sui suoi risultati, sui numeri che genera.

Vorrei parlare di te: dall’esperienza a Il Sole 24 Ore Libri, a quella di fondatrice dell’agenzia fotografica Prospekt Photographers, fino a decidere di creare NN Editore: come è cambiato il tuo rapporto con l’editoria in questi anni?

È sempre stato il mio sogno, diventare un editore, chissà perché. Ho studiato economia e fatto una tesi sull’editoria di libri, ho continuato a osservare le dinamiche del comparto editoriale anche dopo, mentre facevo lavori in settori diversi. Ma ci ho messo tanti anni a mettermi in gioco in prima persona in qualità di editrice, tanti anni e diverse esperienze, e letture, prima di tuffarmi in queste acque.

Immagino che riceviate numerosissime proposte di pubblicazione. Quanta consapevolezza c’è sul lavoro da fare in chi – magari esordiente – vi invia un manoscritto che, quindi, solo potenzialmente potrà diventare un libro?

Autori e autrici arrivano in casa editrice con la propria esperienza, che è diversa per tutti. A volte, sono i primi a chiedere un lavoro approfondito sul testo, altre volte hanno bisogno di un confronto. Non sempre c’è un’idea chiara di cosa fare quando si viene selezionati per un catalogo. È un lavoro collettivo, in tutte le fasi: dal testo, alla promozione, alla vendita. Un lavoro ‘plurale’ che si dovrà confrontare con quello dell’autore, spesso percepito come individuale. È vero però che oggi esistono diverse scuole di scrittura, e studi editoriali e agenti, quindi una maggior numero di esordienti arriva a noi con qualche cognizione in più del percorso che si dovrà fare insieme.

NNE pubblica romanzi e memoir sulla ricerca di identità nel mondo contemporaneo. Di recente, ho amato il lavoro che avete fatto con Le Fuggitive: tra l’altro, è appena uscito in libreria Crisalide, di Anna Metcalfe. Da quale riflessione nasce la collana e quale linea avete deciso di seguire per selezionare i titoli?

Il fil rouge che guida la nostra ricerca riguarda il concetto di identità nel contemporaneo: la nostra linea editoriale e la modalità di proposta in “serie” intendono dare maggiore risalto ai temi – alle domande – più che al genere dei romanzi, o all’origine degli scrittori, come invece fanno diverse collane esistenti.  Le Fuggitive sono una naturale evoluzione del percorso, e ci siamo concentrati sulla ricerca di identità al femminile oggi, sulle domande di donne che si trovano sospese tra il modello tradizionale e quello dell’emancipazione, senza aver sempre la chiave per abitare con convinzione il proprio ruolo, così da trovare la propria voce e il proprio posto nel mondo.

In queste storie non si dà nulla per scontato: sono un po’ scomode, un po’ insopportabili e brucianti. Le protagoniste hanno la prerogativa di non essere mai conformi rispetto a un canone consolidato e sono sempre al limite tra sottomissione e libertà. Perché questa scelta? La letteratura – e qui mi ricollego alla domanda iniziale – quanto incide nel cambiare il punto di vista del lettore?

Le Fuggitive per me, un libro dopo l’altro, provano a dipingere oggi un modo di rileggere le categorie di ruolo con cui si è spesso fatto riferimento alle donne: moglie, madre, figlia, musa, amante, amica, strega, sorella, e via dicendo. I libri della collana raccolgono però storie, o testimonianze, e non pretendono di dare risposte e neppure di comporre un manifesto. Le protagoniste sono scomode, o brucianti, perché oggi i due canoni esistenziali – quello proposto dai modelli femminili tradizionali e quello del femminismo vecchio e nuovo – appaiono antitetici, e il gioco tra sottomissione e libertà viene proposto come un dilemma, e dove c’è un dilemma c’è non conformità. Ed è lì allora che si sta scomode, che si brucia, è lì che c’è tanta sofferenza, e spesso poca compassione. Non credo si tratti però di cambiare il punto di vista, quanto di proporne di diversi e plurimi, storie che diano la possibilità di vivere una vita in più, tante vite in più, non solo la propria.

 

Just dropped in 
Intervista a cura di Annachiara Atzei

 


In copertina: Eugenia Dubini, Publisher NN Editore


 

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