Tre prose di Jacopo Ramonda

ACQUA (cut up n. 75)


Non sopporto le cornici dei quadri e gli arrangiamenti orchestrali. Odio recitare una parte per farli passare tutti dalla mia parte. Non sopporto i miei assolutismi, odio dimenticare che non siamo tutti uguali, che novembre è un mese primaverile nell’emisfero australe. Odio il fatto che non esistano antidoti per i denti avvelenati. Non sopporto quando l’angoscia mi schiaccia a terra, come un supplemento della forza di gravità.Non sopporto la strada semidisabitata in cui la casa dei miei è cresciuta rigogliosa, innaffiata dagli sputi di qualche dio minore. Il tipo di attenzione che hai raccolto con il tuo tentativo di suicidio è perfettamente sintetizzata in queste forbici con la punta arrotondata. Le tue camicie di marca, le mie camicie di forza; ci sentiamo tutti senza forze. Modalità predefinite sulle rotte autistiche della mia rabbia. Questa rabbia repressa che mi inquina il sangue, le mie aspre critiche. E ancora rancore. Ehi David, quando finirà la guerra? Questa è l’acqua. Sono stanco di bruciare bandiere bianche, balliamo un lento sulla sirena del coprifuoco. Voglio una corsia preferenziale per i taxi vuoti e per i ragionamenti che non mi portano da nessuna parte, una corsia preferenziale per andare a perdermi.



CUT UP N. 91


Quando mi hai invitato a passare da te per prendere un caffè e parlare di quello che è successo, ho tirato un sospiro di sollievo, ma ora che siamo seduti al tavolo non riesco a raggiungerti, a scavalcare la tua indifferenza. È una barriera trasparente, velata da un sottile strato di condensa e intuizioni a cui non ho accesso. C’è una calamita che attira la tua attenzione. Per tutta la sera i miei alibi rimbalzano su di te come se fossi fatta di gomma e cadono a terra, formando un mucchietto sul pavimento.
Mentre mi accompagni alla porta, alzo lo sguardo: il soffitto è una nuvola nera, carica di pioggia e presagi. Dopo averti salutata con un abbraccio, mi volto e scendo la prima rampa di scale lentamente, sentendo la porta che si richiude alle mie spalle; poi mi siedo su un gradino e ti spio dalla mia immaginazione. Sei tornata in cucina, hai aperto l’anta sotto il lavandino per prendere una paletta. Con la scopa raccogli il mucchietto che si è formato sulle piastrelle e lo versi nella stufa. Poi fai un passo indietro e ti appoggi al tavolo, soffermandoti con lo sguardo su un punto imprecisato davanti a te, prima di spegnere la luce uscendo dalla stanza.



IN CORO (cut up n. 66)


Metto la vita al guinzaglio per portarla fuori a pisciare ed esco di casa con una delle mie mattinate tutte uguali. Ogni giorno innaffio i miei fiori di plastica, mi godo i miei sogni a misura d’uomo, le mie battute scadenti con le risate di sottofondo pre-registrate, come nei telefilm degli anni ’80. Ho solo ventisette anni, ma mi sono già costruito un buon numero di gabbie: in fatto di gabbie sono un imprenditore edile di successo. In ufficio tutti si complimentano con me perché, ancora una volta, ho fatto quello che andava fatto senza fare domande, ho fatto quello che potrebbe fare chiunque, mostrandomi soddisfatto di me. Mi sento così vuoto che potrei essere spazzato via dal prossimo colpo di vento. Dovrei imparare a sfruttare le correnti d’aria per guidare la mia deriva, come fanno le mongolfiere. Quest’anno voglio andare in ferie in una fossa comune. Mentre torno a casa, ripenso alla tua collezione di farfalle rare e alla mia collezione di farfalle molto comuni. Per descrivere le mie giornate tutte uguali si potrebbero usare quelle immagini di repertorio con cui montano i servizi dei telegiornali a Natale e a Ferragosto, quando non c’è niente da dire. Mi guardo allo specchio mentre mi lavo i denti, la mia faccia è una di quelle immagini di repertorio che mi sembra di aver già visto, ma non ricordo dove.



*”Acqua (cut up n. 75) sarà inclusa, insieme ad altre prose brevi dello stesso autore, in un’antologia collettiva di poesia contemporanea, di prossima uscita per Bel-Ami Edizioni.

11 risposte a “Tre prose di Jacopo Ramonda”

  1. Grandioso l’immaginare il di lei rientro in casa e cosa e come (CUT UP n.91).
    Apprezzate anche le altre due prose.
    Grazie.
    c.

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  2. Ecco un tipo che la fantasia non solo non gli manca, ma la sa
    sfruttare nel migliore dei modi. Complimenti, speriamo di
    rileggerlo in futuro.ud

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  3. grande entusiasmo da parte mia per l’ultima (“coro”) e anche per la penultima, quella “del mucchietto” che rimbalza sulla barriera gommosa dell’indifferenza (o della “distrazione” facendo una cit. a ponte con il libro di Inglese) per finire “sulle piastrelle” e dalle piastrelle “nella stufa”: La prima invece mi sembra meno incisiva, non so, forse troppe immagini sconnesse ad effetto, che alla fine sortiscono l’effetto contrario rispetto al voluto, generando un’esagerata cura che si percepisce forse troppo e inficia la naturalezza sincopata dell’intera prosa a flusso continuo; fermo restando che questa mia nota sulla prima prosa non vuole essere altro che un complimento indiretto all’insieme del lavoro, che è buono, anzi, proprio ottimo.

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    • Grazie per il commento, il tuo è uno spunto interessante.
      La prima è molto diversa rispetto alle altre due, è più vicina all’elencazione che alla narrazione ed ha una spiccata tendenza al caos (per quanto solo apparente). La prima prosa breve è un cut up nel senso più stretto del termine, mentre nelle altre due c’è una maggiore ricerca di coesione, anche in direzione di un certo sviluppo narrativo, per quanto volutamente amputato (soprattutto in Cut up n. 91). In “Acqua” i punti di sutura sono molto più visibili.
      Quando lavoro su un ciclo di testi, la ricerca di uno stile definito e personale è sicuramente uno dei miei obiettivi primari – come per tutti, credo – ma, nello stesso tempo, tento di preservare una certa varietà tra testi caratterizzati da diverse modalità espressive (o per lo meno da diverse declinazioni della stessa modalità). Diciamo che cerco di ricavarmi un certo spazio di libertà, nel rispetto di altri canoni espressivi e formali che invece restano fissi.
      Detto ciò, devo riconoscere che, se dovessi esprimere una preferenza assoluta a favore di un’unica tipologia, mi troverei d’accordo con te.

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      • no, sono io che sono d’accordo con te quando dici:

        Quando lavoro su un ciclo di testi, la ricerca di uno stile definito e personale è sicuramente uno dei miei obiettivi primari … ma, nello stesso tempo, tento di preservare una certa varietà tra testi caratterizzati da diverse modalità espressive

        ed è proprio in virtù di questa “dinamicità” nel continuum espressivo, che il mio giudizio sull’insieme del tuo lavoro è ottimo.

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