Poesie di Fiorella D’Errico

da Lettere dal ventre

*

Se non dormi, scrivi.
O prega: il corpo si piega nello stesso modo.

Ti alzi, lasci il letto – riprendi i nodi che trascini
normalmente al ventre.

Hai paura. Anche stanotte.

*

Dico del ventre come avesse acqua, lo scroscio che annuncia
una presenza. Come se fosse mare, abitato, e nave
scorrendo in corpo con i suoi tremori.

Tutto nasce da lui. Lo nutre la forza
che è degli animali sparsi al mondo: quanto più scarna la vita
sempre lontana dalla morte.


da Architetture

*

A mia discolpa
posso (a)scrivere poco.

Lascerei indietro le stanze,
questa stanchezza consapevole
di tracce antiche.

Ma non so mai partire
e prendo in cambio la colpa
su me come una crepa, per sempre
alla luce chiusa dei muri

………………..poi  muove la notte
come intonaco nelle fessure.

*

L’esatta posizione degli oggetti
dopo un calore d’aria e di ombra
– di sbieco, alla rinfusa amorosa
ché l’amore, almeno, quasi mai è dritto –
non va cambiata.

Preserviamo così il candore
di un’architettura nata senza progetto
campata in cielo e in terra
come la sagrada familia.

Tutto quindi resta intoccato
come è stato toccato:
nell’attimo che non ci sei
io colgo il senso, ti passeggio dentro.


da La fatica del metallo

*

Dicono che fuori sia la guerra.

Anche qui, in un piccolo mondo
dalle feritoie dei fili – fisso
nelle orecchie c’è il rombo

anche qui
nella scappatoia
la lotta per la vita

di sera i feriti
stendono al fuoco ciò che resta

Vento pace sangue miele
tra il sentirsi bambina e sparare
anch’io come un cecchino

Non devo guardare oltre: miro alla mia testa.

*

Tanta resistenza
e questa schiena dritta in attacco

cammina con le spalle al cielo
non guardare che il vuoto

vita morte amore inevitabili fiere
da tenere stretti i tendini, sempre
all’erta – come se – una preveggenza
di scatto

da Di questo centro infisso nella terra

*

Di questo centro infisso nella terra
sordo ai richiami inamovibile
forse non scriverei così
come un cuore brillante, disperato.

Se il resto del corpo lo seguisse
composto e gentile, senza lo scatto
convulso di un pensiero solo
sarebbe vivere.

*

Dovrei uscire, andare verso il mare
e stendermi come una conchiglia
per la raccolta di qualcuno che dopo
dica guarda quante righe sul dorso
com’è bella, mettiamola in salotto
con un po’ di sabbia ci ricorda l’estate.

Sarebbe un modo straordinario
di riciclarmi, giustificare la gabbia.


Fiorella D’Errico vive a Roma. Scrive poesie da età giovanissima, ma solo negli ultimi anni si dedica alla scrittura con costanza. Le sue raccolte sono tutte edite nel suo blog personale (http://fiorelladerrico.blogspot.com). Poiché ama condividere la poesia con altri autori, gestisce anche un blog collettivo dove di volta in volta presenta le voci che maggiormente l’hanno colpita durante la navigazione in rete (http://fiorelladerrico.wordpress.com). E’ stata selezionata al Concorso Verba Agrestia del 2011 e sue poesie compaiono nell’antologica curata dalla Lieto Colle.

Ha pubblicato su vari blog letterari, fra cui: VDBD-Viadellebelledonne, La Stanza di Nightingale, RaiNews24, Rebstein – La dimora del tempo sospeso, Neobar, Poetry wawe-dream, Moltinpoesia.


9 risposte a “Poesie di Fiorella D’Errico”

  1. Belle poesie, si vede che c’è la stoffa. (è una donna) diceva J.P.Richter: Nelle donne ogni
    cosa è cuore, anche la testa. Complimenti . ud

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  2. So che mi ripeto, ma mi stupisce ogni volta in Fiorella questa forza delle parole e della forma. Anche a una rilettura l’impressione è la medesima, anzi, si accresce.
    Questa forza sta nell’oggetto. E l’oggetto è la sua radice profonda con se stessa. Infatti il contatto col Sé è immediato – proprio nel senso di non-mediato – e ciò che ne risulta è un’apparente liquidità del linguaggio. Questo può ingannare, perché si ha la sensazione di riuscire a coglierne subito il significato. Poi invece ti accorgi che gli strati sono molti e molto profondi.
    Si dice che si ama ciò che ci somiglia ed è probabile che l’attrazione che provo per i suoi versi nasca dal mio rispecchiarmi nella sua poesia. E questo mi piace.

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  3. conosco Fiorella da quelle “Lettere” per me pagine bianchissime.Leggo l’attesa nella sua parola e il desiderio di darle forma, l’esigenza che hanno le cose di prendere forma

    grazie
    elina

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  4. ma che bella, in particolare quest’ultima conchiglia- poesia, le cui righe di scrittura, sì coglierle, accostandole all’orecchio si sente il mare di vivere, come arriva anche contro le sbarre, a loro volta conchiglie, nate per concrezione del sé (e levigamenti o sbattimenti contro e per gli altri).
    Dice perciò, a mio avviso, bene Francesca: vari strati per una stratificazione in progress, che le letture possono disvelare fino ad un certo velo, perché è vero e lo dici con un’immagine stupenda: “Di questo centro infisso nella terra /sordo ai richiami inamovibile/
    forse non scriverei così […]// se il resto del corpo lo seguisse”.

    Infine, mi piacciono anche le “architetture” delle poesie qui presentate, la loro messa in verso.

    un caro saluto

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  5. Molti ringraziamenti ai gentili commentatori che hanno lasciato tracce di parole dritte e sentite; alla Redazione di Poetarum Silva, che mi ha ospitata nel suo spazio; e (last but not least), con un abbraccio, a Stefania Crozzoletti, che ha voluto e realizzato questa pubblicazione.
    A presto.

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  6. Grazie a tutti per la lettura e gli interventi.
    La poesia di Fiorella mi piace molto, è stata per me una bellissima scoperta. La ringrazio per avermi donato questi suoi versi, anch’io come Margherita ho trovato splendida la “conchiglia-poesia”, l’ho letta e riletta in questi giorni, mi ha colpita profondamente, l’ho fatta mia.
    Un caro saluto
    Stefania

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  7. ….Come se fosse mare, abitato, e nave
    scorrendo in corpo con i suoi tremori.
    ….
    lo scroscio che s’anima
    d’umano tremore
    umore che implode
    lodevole
    fatica metallica…

    Ciao Fiorella!

    mm

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  8. Lettere dal ventre ha una precisione nel dire così chirurgica che sembra irrepetibile vena nel marmo.Nella seppur breve selezione dei testi mi colpisce molto la sua antiteticità formale rispetto al frammento di chiusura, dove la conchiglià è invece metafora di un’apertura e il linguagio appare assai più disteso, colloquiale. In mezzo scorre una metamorfosi complicata, densa di scatti autentici ma anche di versi la cui disclosure diventa ostica al lettore.

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