AAVV – Poetarum silva – Ed. Samiszdat – Parma
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Poetarum Silva
Antologia di prosa e poesia
a cura di Enzo Campi
Testi di
Alessandro Assiri, Cristina Bove, Enzo Campi, Giovanni Campi, Natàlia Castaldi, Giovanni Catalano, Stefania Crozzoletti, Glo’ D’alessandro, Luigi Di Costanzo, Gabriella Garofalo, Federica Gramiccia, Vincenzo Mancuso, Luciano Mazziotta, Silvia Molesini, Arturo Moll, Gianni Montieri, Andrea Pomella, Anna Maria Salvini, Antonella Taravella, Antonella Troisi.
—
Cristina Bove
Allora ti avvicini con la bocca
alle cose sentite dire altrove
che non sono le tue
raccogli cenci
spolveri le travi
– i ragni li farai infelici –
e se pronunci ancora altre parole
otterrai sei monete e due lustrini
di fandonie sgargianti
tu non conosci decerebrazione
l’essere solo corpo
– il pesce anfiosso –
il suono delle cellule che cade
transitorio
giù per accenti tonici
emerge da cunicoli
deflagrando crisalidi
– l’atropa sfinge –
separata ristagna e si nasconde
sotto lemmi e cifrari
l’anima mia
per un destino d’ali.
*
Giovanni Catalano
Quando dei volti amati
si perderanno i tratti e resteranno
le stanze senza musica
o nella cenere delle mansarde
le borse di pelle
piene di carte di giornale
accartocciate,
i due cappelli di lana,
un vecchio abete artificiale.
Nemmeno noi
che di questa vita
abbiamo amato gli angoli
e nella notte gli altri
poco prima di svegliarsi.
Persino noi,
la stessa distanza.
Piegati in due
a far combaciare i lembi
tra l’indice e il pollice
e un passo contro l’altro,
in due, in quattro, in otto.
*
Glo’ D’Alessandro
Non cerco alcun senso o significato
dietro ogni capello
che perdi sulla mia pelle;
elaboro solo la sua storia,
che, piccola,
mi nasconde
dietro la sua polvere sorridente,
comoda e accarezzante
mi accalora il suo vento,
il suo passato
spezzato nella spezia d’odor respirato
e nel suo esorcismo ingoiato
il perché
d’un prossimo viaggio custodito
tra lenzuola sempre sfatte
di desideri rumorosi
e urlanti.
Nel calcolo d’una matematica filosofia
numeri di soli spessori…
e la loro quantità
sta esplodendo nella mia assoluta fede
di naturalismo accettato
di personale psichiatria
calcolata insieme dove d’emozione
ci si veste senza parola o spiegazione
ma di solo tatto infreddolito
da un calore nascente.
*
Vincenzo Mancuso
Intanto se ne sta tutto lì, il bel dire
in sottofondo homepage
di braci sfatte
brulicate in processione e,
e sul tavolo le mie maestranze:
gran secolo di scenate con l’io;
fra peduncoli di stupori,
di digestione in fermento
con tutto l’immanente
– appunti di appunti sulla cenere
che pare fiocchi amnesie,
(cirri di parolone, cerase,
ibridi mai compiuti
in fisse esangui di analisi)
verbosi franamenti.
Ma dall’intonaco ospitale
arriva sempre un prodigio
e quello striglio di natura su citato,
fra bianche pellicine ad occhi sgrani
– resti del tempo,
altra filiera di sputi
nel rossore di chi sta per partorire
d’altre visioni, altre allegorie.
La scrittura è sempre qui,
chinati nello sgravio,
nelle tante madri in una
che trattano col Dio
di questo bilocale.
Ed io figlio senza oro al dito
e un legame in grembo
che ripete: non scoppiare!
*
Luciano Mazziotta
Saremo intessuti di facilità,
di soluzioni con un clic,
di tic dissimulati – buongiorno
salve ciao automatici scambiati
ricambiati
di corsa
in corridoi
di uffici postali. Di pagamenti
delle tasse a tasso agevolato
delle tre mosse suggerite
per sopravvivere al complesso
e sorvolare.
Della padronanza di uno strumento
musicale in poche ore,
di una lingua in qualche frase
strettamente necessaria e composta –
Il tuo nome?
L’albergo?
Quanto costa?
Avremo già imparato i fondamenti
di informatica e rimarremo soli
appena svegli ma sazi di sonno,
col caffè e latte
pronto accanto al letto,
assuefatti alla facilità
che predilige la linea
e non il calcolo,
l’apribottiglie
non il barattolo,
la prevenzione all’azione dinamica,
la lectio facilior a quella
più autentica.
*
Andrea Pomella
Ogni giorno all’ora di pranzo
adocchio un vecchio uomo
che ha l’abitudine di sostare
in un ristorante a self-service
dove le cameriere
educatamente fingono di ignorarlo
Ha il suo tavolo stabilito
che occupa a metà mattina
nella parte più soleggiata del locale
trascinandosi dietro
un piede gonfio e bluastro
Lo vedo masticare il cibo
con le gengive perché
ha mascelle rancide e senza denti
e una camicia azzurra stinta
che protegge usando la premura antica di appendersi al collo
una tovaglina di carta
prima di mangiare
E spende il magro di una pensione
in buoni-pasto
con due menù al giorno da 7.50
per sentirsi forse meno solo
meno solo fra le cravatte
ben annodate
meno solo fra i tailleur eleganti
di professioniste che si aggirano
su tacchi costosi
inciampando ai tavolini
con vassoi stracolmi di verdure
essenziali e ricche di praticità
Dovresti vederlo questo vecchio uomo
accerchiato
come un albero dalle radici antiche
tra le guglie risplendenti
della modernità
ha lasciato che il tempo stabilito passasse
e ora spende
la sua vecchiaia commerciabile
con le monete di giorni che furono
Così
di fronte a questa ulteriore conferma
della nostra incapacità a funzionare
ad assolvere il dovere
di accompagnare ogni uomo
in condizioni garantite di decoro
io vorrei
Vorrei che la Via Lattea lapidasse
i nostri osceni corpi squadrati
i nostri crediti bancari
e i fondi-pensione
le nostre tribù barbariche
le nostre pretese di patriarcati
perché a ferirci saremmo noi
che siamo ancora tutti
sulla terra
e non lui che è già per metà
in cielo
*
Antonella Troisi
Dov’eri
quando la lama infuocata
mi colpiva la faccia
– dov’eri? –
Un nodo scorsoio
stringeva stretto
stretto
il cuore
Dov’eri padre?
Ora come allora
intorno a me
sabbie mobili

