A cura di Annachiara Mezzanini
Per alcuni io ero solo una bestia sporca, immersa nel fango. La testa sproporzionata, enorme e nascosta sotto ispidi peli e grumi di lacrime rapprese.
Faccia di porco, belva infernale, latrina.
Io restavo immobile, strisciando la guancia ormai anestetizzata tra le crepe della terra, resa umida dai miei occhi malinconici e dalla bava che colava copiosa.
Attutivo i colpi, nascondevo lo sguardo, tenendolo fisso sulla punta del naso, anch’esso schiacciato sul suolo, unica casa.
E proprio dal mio sguardo ricurvo sgorgò, per mezzo della bocca di qualche antico poeta, la mia disumana persona. Non sono un bove e nemmeno un maiale selvatico, bensì colui che guarda in basso. Il mostro mitologico ai confini d’Etiopia che con un battito di palpebre pietrifica l’uomo. Timorosi che potessi trafiggerli, inchiodarli alla morte con la sola mia pupilla, questa leggenda vagò per le valli, distruggendomi.
Così, prono tra queste sterpaglie, attendo mansueto.
Qualcuno verrà a salvarmi.
Borges, Il libro degli esseri immaginari

