A cura di Annachiara Mezzanini
La sfinge dei monumenti egizi (che Erodoto chiama androsfinge, per distinguerla dalla greca) è un leone accovacciato, con testa d’uomo; rappresentava, si congettura, l’autorità del re; e custodiva i sepolcri e i templi. Altre sfingi, nei viali di Karnak, hanno testa di montone, l’animale sacro di Ammone. Sfingi barbute e coronate figurano nei monumenti assiri, e la loro immagine ricorre di frequente nelle gemme persiane. Plinio, nel suo catalogo degli animali etiopici, include le «sfingi», di cui però dice solo che hanno il pelame bruno rossiccio, e due mammelle.
La sfinge greca ha testa e petto di donna, ali d’uccello, corpo e piedi di leone. Altri le attribuisce corpo di cane e coda di serpente. Dicono che desolasse la regione di Tebe, proponendo enigmi agli uomini (poiché aveva voce umana) e divorando quelli che non sapevano risolverli.
A Edipo, figlio di Giocasta, domandò:
– Chi è che ha quattro piedi, due piedi o tre piedi, e quanti più ne ha, tanto più è debole ?*
Edipo rispose che era l’uomo, che da bambino arranca a quattro zampe, poi si regge su due piedi, e in vecchiaia s appoggia a un bastone.
La sfinge, essendo stato decifrato l’enigma, si precipitò dall’alto della sua rupe.
*De Quincey, verso il 1850, suggerì una seconda interpretazione, che può servire di complemento alla tradizione. Il soggetto dell’enigma, secondo De Quincey, non è tanto l’uomo in generale quanto l’individuo Edipo, derelitto e orfano nell’infanzia, solo nell’età virile, e appoggiato ad Antigone nella disperata e cieca vecchiaia.
Riferimenti bibliografici:
Borges, Il libro degli esseri immaginari

