Di Annachiara Mezzanini
A volte non capisco quale sia il mio ruolo. Mi immagino attorniata dai vapori della stanza, ammaliata dalla frenesia della danza delle parole che qualcuno pronuncia svelte difronte ai miei occhi. Le orecchie impazzite cercano di tirare i fili di quei discorsi improvvisati, che si accavallano e, subito, mi ritrovo attratta dalle discussioni altrui, oltre questo tavolo imbandito a festa. Ritrovo in fondo alla gola l’odore di un libro di favole che sfogliavo da bambina e mi perdo, mi distraggo. È quasi certo che fu Dedalo a costruire le mura della mia memoria, per nasconderci dentro questo essere impaziente e un po’ stanco, ossimorica presenza. Mi guardo attorno e vedo impressioni di amicizie, veloci scambi di desideri. Qual è l’espressione del mio volto, ora, visto da fuori? Rimango ancora un po’, assecondando il ritmo di una canzone che esplode alla radio, e mi ricordo di aver scelto ogni singola parola detta, sperando che non venisse fraintesa.

