Frammenti di un’estate futura – L’ultima mezzanotte del mondo

 

Di Francesco Marangi

 

Nei frammenti precedenti…


#Frammento12

C’è la solitudine dei picchi e delle rocce grigie, c’è il silenzio d’argento delle scogliere, colline sciolte, rondini in fiamme, cinghiali che scendono fino alle frazioni per mangiarsi la spazzatura. Il percorso del fiume non è cambiato, il percorso del fiume è sempre lo stesso, scorre dall’alto verso il basso, comincia nella boscaglia, nel fruscio degli insetti, e finisce dove ci sono le anatre, qualche cormorano, carcasse di biciclette, canne di bambù; è lì che aspettano i giorni che verranno, sotto il ponte vicino alla rotonda del Comune, oltre, verso il Molo delle Bandiere, vicino al chiosco dove si va a bere quando tutti gli altri locali sono chiusi. C’è il sorriso di una vecchia madre, una giovane madre, quella madre che avresti potuto avere, quella madre che hai avuto e che vorresti abbracciare, quella madre che intanto crede ancora che tu possa crescere, fare una vita qualunque, una vita come tante; quando invece tu sei già andato via, sei già completamente solo, completamente perso, nudo come un verme, ti dimeni e strisci su pagine bianche che mai avresti voluto vedere, fra parole che mai avresti voluto sentire. Ma non c’è scampo, hai già superato quella fase di sconforto, hai scelto l’esilio. Prendi uno zaino e cominci a camminare, ti porti dietro le Illuminazioni di Rimbaud e le poesie di Georg Trakl, e basta, bisogna partire leggeri, per allontanarsi il più in fretta possibile; lo zaino lo riempirai strada facendo, un oggetto per ogni tappa del tuo viaggio. Lo zaino sarà sempre più pesante, a un certo punto ti mancheranno le forze, sarai costretto ad abbandonarlo sul ciglio della strada; andrai a morire poco lontano, sotto un albero di fico. Così finirà, è già scritto. C’è un libro aperto sulla mia pancia, un libro vuoto, un libro nero, un libro con scritte parole che non voglio sentire, che non voglio vedere. Mi chiudo in un buco di stanza, mi chiudo all’ombra, porta sprangata, mi accuccio sul divano a fare le fusa. Non so cosa cerco, di sicuro spero di scrivere qualcosa, magari anche solo un incubo sceneggiato a commedia; spero di svegliarmi lontano, in un luogo silenzioso, come le rovine di un castello abbandonato; spero di poter vedere ancora una libellula, un granchio, un coniglio, un pulcino.
Spero di poter camminare correre prendermi l’uccello fra le mani e tirarmi l’ultima grande sega prima dell’estinzione; spero di poter danzare lungo le mura merlate, la scarpetta perduta e il ballo, e poi su, in cima alla torre più alta, con l’occhio rivolto al fossato, in attesa di un principe morto da tempo; in attesa dell’ultima mezzanotte del mondo.


 

#Frammento13

Stai scrivendo anche tu L.? Che cosa scrivi? Stai mangiando? Stai parlando? che cosa stai dicendo in questo momento L.?, dove sei, con chi parli? Stai parlando di me L.? Tu parli quando lo dico io, tu scrivi quando lo dico io, tu non sei altro che un mio sogno L. Tu non sei che un mio incubo. Perché siamo una cosa sola, siamo solo una voce, un’unica voce che parla nel nulla; non siamo che nulla L., non siamo che sogni già sognati e incubi già vissuti. Non siamo che case L., il nostro corpo è di cemento e le nostre finestre sono vecchissime, come occhi rivolti al passato, come terrazze e ballatoi che si legano in un futuro di cemento armato, come una poesia L., non siamo che questo, non siamo altro che parole scritte in versi, metafore, enjambement, consonanze e assonanze di parole. Non siamo che parole L., siamo parole come BIANCO, SFERA, OCEANO, siamo questo L., bianche sfere oceaniche, bianche parodie di oceano, bianche stelle distrutte, bianchi segni zodiacali, gemelli, quasi identici, siamo una costellazione L., siamo quello che posso
scrivere, quello che posso pensare, ogni cosa, ogni tempo e ogni luogo, ogni tragedia o commedia, ogni figura geometrica piana, ogni sinfonia, ogni suono, ogni nota. In questo momento tu senti quello che sento io, sei il mio braccio e il mio dito, sei il mio gioco preferito, la mia tastiera del computer, il mio foglio bianco, la mia tela, il mio folle canto. Per questo L. io non ti vedo. Sei già con me ogni secondo. Eppure ti amo, certo è ovvio, sei tutto ciò di cui ho bisogno.

 


In copertina: The mind should have a fixed eye on objects that are placed high, Collection of emblems (1635)


 

Una replica a “Frammenti di un’estate futura – L’ultima mezzanotte del mondo”

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