Enzo Campi
Elegia del tempo
navigavo
dolente e mesto
in sete di ragione
caracollando appena e solo a tratti
rapito dal rollio dell’idea
di un infinito che rifluiva lento
in moto impercettibile e indefinito
quasi fosse lui l’unico e solo silenzio da glorificare
fluivo
indolente ed ebbro
in fame d’intelletto
sopravanzando appena il senso
carezzando il pelo umido di quel balsamo
che riluceva cristallino
sulle onde schiumose del fiume del destino
inarcando lo sguardo
verso la luce mansueta
che frange in strali la tenebra notturna
questo allora
in quell’ora andata
persa nel riverbero del ricordo
per l’appunto tempo odierno
mai pago
che ricorda il tempo andato
e che ancor si ripropone
come strascico reiterato
in pulviscoli d’ore esautorate
dalla seconda ora della notte
alla settima ora del meriggio
un flusso ininterrotto
un fiume di parole
è questo forse il mio tempo?
sono forse il solo
che si ostina a vanificare
il finito nell’infinito?
mi si consenta allora
una chiave di violino
un tempo musicale in cui riversare
l’innata melodia di un astro
che si forgia
in strali di tepore conclamato
mi si permetta allora
un’elegia che possa dipanarsi
a colpi di pennello
come in un quadro dove
all’ombra di una fonte catartica
le dita di pietra
della mano del creatore
mostrano alla furia dello sguardo
quell’ovo
dalla cui frattura fuoriesce un fiore
mi si conceda allora
di rinnovare lo sguardo verso l’alto indefinito
verso quel dove in cui lo stesso fiore si slancia
offrendo la sua corolla
all’ingordigia dell’insetto che
per gettare in pasto al tempo un altro figlio
deve nutrirsi della linfa
estirpata a piene mani
dal midollo del pensiero
mi si svilisca allora
nell’idea di una ragione
che induca il senno a basculare ancora
sul rollio cadenzato dell’onda
per immaginare quel tempo primigenio
preadamitico e fulgente
in cui defaticare
quei passi ininterrotti
che si illudono di travalicare
la linea di confine
che divide il presente dal futuro
mi si deluda infine
nel negare che c’è un tempo
oltre il quale
ci si rifugia
che c’è un tempo
oltre il quale
tutto tace
in moto lento e impercettibile
là dove la sola pura idea
di un decorso universale
è già predisposizione
al divenire e al regredire
nel cerchio del destino
percorrendo la frattura a piedi scalzi
per l’appunto in circolo:
l’eterno ritorno ci si chiede in coro
o invece il ritorno dell’eterno?
tempo
ebbro e pieno
eppur svuotato e cavo
una ruota che gira e in cui cullarsi
nell’eco suadente del rumore
della barra del timone
che taglia l’acqua
quasi fosse una croce
i cui bracci si stendono
lesti e lineari
verso ognuno dei quattro punti cardinali
come a farci intendere
che non ci si può sedere sugli allori
e che non basta tripartire il tempo
in passato presente e futuro
in verità c’è bisogno di un quarto tempo
quel tempo che respiriamo
sulle onde del fiume del destino
cullati dal felpato dondolio del battello
che scorre lento e mesto
a braccetto con l’eterno
là dove coesistono
in un tempo unico
i fasti del passato
l’elegia del presente
e l’utopia del futuro
e dove ci si chiede
perché non sia possibile ribaltare
quell’implacabile decorso
che vuole
sempre e comunque
che la terza ora della notte
debba confluire nella quarta
e la quarta riversarsi sempre nella quinta?



26 risposte a “Elegia del tempo”
si,molto molto bella.E musicale,lieve,fluida proprio come acqua di ruscello che pare a volte però correre all’indietro,come la teoria dell’eterno ritorno ribaltata e i quesiti sul tempo finito e infinito e le ore l’una infilata nell’altra o altro infilato nelle ore(?). Encantada Enzo.Un abbraccio
Federica
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sì fede, quando l’ho scritta , molti anni fa, l’intento era proprio quello di una ballata o di una romanza.
e poi ho sempre pensato al tempo come a una sorta di partitura musicale, cadenzata e ripetitiva…
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Meravigliosa! Il quarto tempo è per me il tempo immobile,quello in cui siamo un tutt’uno con noi stessi,quello che ci spazia e costringe,quello in cui non c’è nè morte e nè vita ma solo pensiero…Come una corona musicale tra l’essere e l’essenza della vita.Grazie per questo testo,grazie di cuore <3
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grazie a te mapi!
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In effetti Enzo “sentivo” un moto musicale diverso da quello dei tuoi ultimi testi…: )
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è un piacere immenso, sempre, leggerti.
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troppo buona cristina.
grazie!
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Un viaggio in discesa , salita…..
Bella !
Grazie Enzo !
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il basculìo si dà anche tra l’alto e il basso… :-)
grazie Maria GRazia!
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fasti del passato
l’elegia del presente
e l’utopia del futuro
….dove ci si chiede
Il tempo nei tre segmenti in cui l’uomo si ostina a isterilire l’arcana cronologia dell’interiore; ma xuanto ci è utile, xuesta suddivisione, xuanto la rendiamo luogo e tempio dove porci le nostre domande.
Il tempo, che cadenza nel nostro orecchio xuel salvifico e abusato ritmo di tutte le cose.
Ma che succede se xuesto ritmo si spezza, se trova nella frattura la sua vocazione, lasciandoci storditi e perplessi? Ecco, penso che dovremmo, per la nostra libertà, rilasciar fluire, la luce abbagliante del non-tempo dell’Origine, con l’esultanza e l’euforia che il nuovo giorno sia xuella pagina di fiducia nella possilità che i tre tempi si uniscano in nuove sfumature, echi, suoni: tutto ciò che dovremmo ribattezzare come unico flusso dell’Essere.
Grazie della lettura. Stimolante per moltissime considerazioni.
Paola Casulli
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l’importante è continuare a porsi le domande, sempre e comunque.
grazie paola!
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Come per tutti i tuoi testi che riesco a leggere (quando li proponi in tag), anche in questo, che dichiari aver scritto anni fa, l’impressione di entrare in una “dimensione della parola”, è fortissima. L’impronta di un linguaggio quasi istintivamente pensato (o sentito) per il teatro, è per me evidentissima, tanto che ben immagino i tuoi testi recitati come fossero monologhi classici, e ben si adatterebbe anche una scenografia da teatro greco. Il tuo linguaggio si esprime sempre in forme espressive “ricercate” e spesso -credo- volutamente distanti dal parlato comune o comunque da registri che, pur nell’elevatezza formale, non è facile incontrare. Sto dicendo che il tuo “testo” è culturalmente denso, filosoficamente profondo, letterariamente raffinato, qualità che dicono molto della “sostanza e dello spessore” intellettuale, della sensibilità acuta, dell’abitudine a non masticare le parole come fossero pasto ferino ma molecole luminescenti in fuga lungo quelle strade d’infinito che innervano il neocortex…
Questa “Elegia” va a pungolare uno dei miei nervi più scoperti, il “tempo”, la dimensione che più di ogni altra ci sbatte in faccia mortalità e finitezza, l’impotenza del non saper durare, l’orrore di passare lentamente, quasi una “morte a rallentatore”… Potrei dilungarmi e passare a tutte le suggestioni del tuo testo, ma mi limito a dirti che vi sono passaggi che ancora mi rimbombano nella testa. E non solo nella testa.
Grazie.
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grazie a te francesco.
troppo buono.
il tempo è fonte inesauribile di interrogazioni.
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Che bella!
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grazie artemisia!
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Ebbene io sono stata quell’insetto ingordo e mi sono nutrita della tua linfa … bevuta a pieni occhi. La forza che opponi all’azione dell’automatismo psichico (che sento-percepisco-osservo appartenerti e prenderti quando scrivi), mediante l’azione parola, attraverso il filtro-bagaglio culturale e sicuramente la sensibilità innata capace di determinare distinzioni di -forma-, in modo da riuscire a distillare attimi di puro “fermo” al “senso”, è sempre qualcosa che mi lascia addosso un brivido d’eterno. Qui in questo testo mi sono ritrovata avida fin dall’inizio da non voler prendere respiro, i tuoi versi mi sono appartenuti senza nessuna pausa, la non punteggiatura resa comunque sospensione breve andando a capoverso l’ho assolutamente annientata, fagocitata andando via tutta d’un fiato (appunto, se ti ho bevuto…) in perfetta adesione Joyceana… bellissimo, e poi Dalí lo avrebbe perfino voluto (credo…)!
Un carissimo saluto, e scusa se straparlo :-))
Doris
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mai orecchio fu così felice da tanto straparlare :-)
grazie doris!
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[…] (di Enzo Campi su PoetarumSilva) […]
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grazie Luigi!
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:)
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Sento molto questo risuonare, come familiare, come qualcosa che forse ho letto o scritto avente forse lo stesso ritmo o accento.
Un passo obbligato della scrittura poetica credo possa dirsi la ricerca di una musicalità propria passando per prove di sonorità che, pur restando percorso del passo, danno tuttavia saggio pieno della bellezza della parola, della capacità di piegarla al senso mantenendone la compostezza ritmica, delle potenzialità interroganti della personalità poetica.
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grazie loredana.
la poesia è stata pubblicata in un’antologia (ma solo recentemente) però
è stata pubblicata su un paio di siti di scrittura nel 2004-2005 credo…
magari lo avevi già letto o incontrato…
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La prima cosa che mi ha colpita è il ritmo, un fluire quasi piano contrapposto al contenuto che parla del fluire del tempo.Ottimo accostamento alle immagini, esprimono stessa densità della parola scritta.
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grazie nicoletta!
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in quell’ora
andata
persa
nel riverbero del ricordo
tempo odierno mai pago
tempo andato
che àncora ciò che si ripropone
come strascico in pulviscoli
le ore esautorate
notte
e meriggio
un flusso ininterrotto fiume di parole
…
Questo il tempo? Ed è mio?
.
Ciao Enzo.ferni
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ciao ferni.
grazie!
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