delle dieci dita
benedetto nel nodo delle ossa
condannato sul dorso della lingua
e capovolto sulla schiena dell’opera
nel luogo del fascio
della rosa legata
nell’attimo e nel battito
nel dono dietro la porta
sotto la volta mentre il cielo ci trascrive
dentro il fiato delle volpi
e si fa grosso nella canna del fucile.
Decalogo della lingua pregna
nel grugnito del cinghiale
nella parola gonfia e vuota
dove si depone dolore
tra setole e cotenna
perdita in ciascuno di una gemma
l’albero la foglia noi nella dispensa
perché il riso è contato
grano per grano è il calcolo preciso di tutti i nostri giorni.
Vivi
in terra o morti restiamo nel baccello
restiamo avvolti dentro le mani di chi gli occhi li ha persi
e vede non noi
ma erbe querce e frumento e
ancora conta il guadagno di lavorarci sulla fronte.
Decalogo della vita svelta e della morte intirizzita
cresciuta con fatica nei camini dove si brucia il corpo
decalogo foglio di via ampio quanto può un lume
nel buio del livello
nello sguardo sempre più scalzo
da un’altezza che non ha fondo
dove il vento uscendo sbatte la porta
e i rami degli alberi si abbeverano al tuo fianco.