Il libro di Sasāra
CAPITOLO I
Il Raṇa Eḍāri
PARTE SECONDA:
TEHERAN È LA CAPITALE DEL MONDO
“I Grandi del Tempo del Prima hanno devastato il nostro mondo,” diceva, tra sé e sé” ma sono anche i nostri antenati. Non li ripudierò: tutto si riconformerá nel sistema delle cose, secondo i principi dell’entropia. Tutto torna all’essere e al permanere della vastitá: e loro dormono quieti e silenti sotto i nostri passi.”
Così diceva con solennità e infatti le sue parole erano già contenute in Storie della caduta di Qiaokeli, Annali anonimi, riportando sotto la storia colei che aveva pronunciato quella ferocia di linguaggio: Stasis-Sasāra, l’Immota-oltre.
Guardando attentamente, i Darā’iga sembravano essere semplicemente “la candela” che flebile resisteva all’interno dei míč m’yac, le lune in cammino di Qiaokeli.
Così diceva con solennità e infatti le sue parole erano già contenute in Storie della caduta di Qiaokeli, Annali anonimi, riportando sotto la storia colei che aveva pronunciato quella ferocia di linguaggio: Stasis-Sasāra, l’Immota-oltre.
Guardando attentamente, i Darā’iga sembravano essere semplicemente “la candela” che flebile resisteva all’interno dei míč m’yac, le lune in cammino di Qiaokeli.
“I míč m’yac sbollivano le latenze dei fiumi dell’eco che riversavano le attese di nascita del regno possibile in Qiaokeli, il Tempo di Mezzo, quando Houta, il germe chemiautotrofo della preistoria seminava il vuoto ossidando la chimica inorganica delle città abbandonate ”.
Questo leggeva Stasis nel Jari Rahasya, il libro dei sogni perduti di Freu du Cantu. Il vero nome del libro era contenuto nel vero libro, custodito sotto il primo strato del giardino. Infatti il giardino era solo un lacerto del Rana Edari, il deserto estratto dalle rovine della Grande Mappa, la mappa abbrustolita, o meglio la sovrapposizione di tutti i tentativi di stendere mappe tanto oggettive da essere diventate estese quanto il territorio che descrivevano. Di queste carte se ne parlava in un libro, Stasis ricordava perfettamente: Suarez Miranda, Viaggi di uomini prudenti, libro quarto, cap. XLV, Lèrida, 1658. In un diario minimo invece veniva considerata questa possibilità, decretandone immediatamente l’assurdità con divertenti esperimenti mentali: ma come poteva una mappa estendersi per tutta l’estensione del territorio che descriveva? Se si fosse “stesa”, posandosi sulle superficie e sugli abitanti che in tal modo ne erano descritti, sarebbe stata destinata a lacerarsi, per tutti i movimenti che gli abitanti, divincolandosi dalle descrizioni per procedere nella vita, andare a prendere il caffè, sollevare mucchi di neve con le pale per poter girare liberamente con la macchina, avrebbero fatto, condannando la mappa a riempirsi di lacune e perciò a descrivere altro da ciò che inizialmente voleva descrivere. Perciò le mappe 1:1 erano ontologicamente destinate ad essere delle mappe in rovina. E il Rana Edari non era che la testimonianza di queste rovine sovrapposte, stracci di definizioni totalizzanti, nate per essere altro da ciò che erano destinate per elezione a diventare.
Persa nel delirio di una conoscenza senza limiti, Stasi guardava il placido popolo latente dei míč m’yac : sembrava lo stesso che aveva attraversato i deserti nelle risacche di Jara, le rotte delle nascite dirette a Moanne.
Questo leggeva e questo osservava, quando i míč m’yac salivano inglobando le loro teste, le
teste di Janma, la trinità dei primi nati, che fondava la prima mitologia rovesciata della storia:
una mitologia che si estendeva dal futuro, dai figli agli eredi passati. La trinità che in questo
momento coincideva con lei stessa, Sasara.
Questo pensava, quando fissando il Darā’iga, la fonte delle eco, si vedeva scorrere tutte le sue esistenze possibili, la visualizzazione del funzionamento probabilistico del genoma di suoi eredi-antenati. Stasis, Stasys, Sasara, Gaya, Reza le Ci git. La sua immagine in divenire riproduceva l’anarchia del vivente, l‘originale variabilità intercellulare dell’ prebiotico oceano primordiale.
La Genesi era una nascita aleatoria e retroattiva, che riconformava in Stasis le figure profetiche di Agatah, Gaya e Reza le Ci-git: in tutte quelle bolle in via di sgonfiarsi nel Raṇa Eḍāri, il deserto di mappe in frammenti in cui camminava solitaria, Stasis era transitata, come una goccia di possibile in un fiume ininterrotto di realizzazioni temporanee.
Pensava ai fossili rinvenuti da Murchison nelle rocce dell’Inghilterra e del Galles. Si trovavano anche in altre regioni europee, e si cominciò così a elaborare un sistema di classificazione basato sulle sequenze dei reperti contenuti nelle rocce. Spesso i fossili assomigliavano ad animali noti, che vivevano negli oceani; l’aspetto esteriore di alcuni fossili, era tuttavia difficilmente confrontabile con gli abitanti contemporanei degli oceani. Cos’era che persisteva a tutte quelle modificazione se non i microbi, che in questa enciclopedia vengono definiti míč m’yac.
I microbi non lasciavano un’impronta fossile visibile a occhio nudo.
L’origine retroattiva della vita, che rifluiva dal punto nel Raṇa -Eḍāri in cui Sasara, l’immota-oltre, osservava nel Darā’iga i modelli stocastici nei quali ai geni-Janma vengono assegnate possibilità di espressione, era qualcosa che sfuggiva dall’assegnazione proprio in relazione all’ordine probabilitario della fondazione retroattiva.
Quello di cui fu felice, forse, guardandosi trasmigrare senza forma per tutte le cristallizzazioni dell’immagine-tempo, era che Janma era una rotta di fratelli e sorelle, non quantificabile. Come dicevano i suoi fratelli, “Avrai diciannovemila fratelli e sorelle, Sisì!”
Era felice di osservare la plasticità fenotipica dello sviluppo embrionale. La pace di un’identità che perde la sua cornice per sparpagliarsi nella moltitudine.
Sasara era la forma delle moltitudini a cui Stasis si consegnò: non Uno, ma una soglia infra-sottile tra Molti, Infiniti Differenti.
I suoi occhi guardavano un punto invisibile nello spazio, con quelli che non erano i suoi occhi ma punti di convergenza di tutti gli sguardi che gli steccati e l’erba alta dei soldati che strisciavano intorno da tutte le parti gli rimandavano indietro, mentre con le mani tastava come una cieca qualcosa che sbucava fuori dalle carte lacere del Rana Edari, in un punto in cui stavano descritti, in modo indecifrabilmente composito, llätunka, la punta maggiore della città di Suram Devath, i ghiacciai di Vatnajökull, che si erano poi sciolti, marmorizzando la pianura sottostante del Pelennor, in cui l’universita di Miskatonic era attraccata, monitorando la compossibilità delle pieghe dispiegate senza nessun riguardo delle leggi della decorazione barocca.
Trasse l’oggetto dagli strati bruciacchiati dell’escrescenza del Raṇa -Eḍāri : era un pietra traslucida di colore verdognolo, al cui interno delle forme “sussultavano”, litigavano forse per emergere, si contendevano la nascita.
Non un Darā’iga, ma qualcosa di consistente, di solido e sopito Ferdinandea, l’isola sepolta che riemergeva ciclicamente. Cos’era che si agitava? Sono io, pensava, che mugugno come una bambina nell’angolo di una stanza dopo essere stata picchiata da mio padre. Pulisci, schifosa. Vedi che se impari a pulire, forse potrai cavartela nella vita. Molto strano. Non ho alcun padre. I primi nati sono venuti in altro modo. La mano le bruciava, mentre nel verde crepitava adesso una carovana ingiallita come una polaroid: una folla in esodo e un’arca che forse aveva sentito nominare nel Jari Rahasya. E poi di nuovo si vide più volte impallidire nella pietra, come Agatah che urlava dentro le soglie degli abissi di Houta, dense come masse di carne, come Gaya, di fronte a Nefèloma, lo scrigno dei paesi che conduceva a K’Avarni, dopo le nebulose di Poincarè. Come Reza Le cigit che boccheggiava solitario dentro le grotte di Phem.
Una variabilità naturale nella cronologia di divisione cellulare, nel posizionamento cellulare e nei contatti cellula-cellula. “Oh, grazie”, diceva Stasis, osservando il Jari Rahasya che improvvisamente aveva disseppellito le memorie relative a quella pietra, che altro non era che un fossile.
Gli embrioni sono molto flessibili e producono uno stadio pre-morfogenetico essenzialmente invariante a partire da stadi iniziali variabili. Un’analisi della distribuzione dei discendenti dei primi blastomeri fondatori nello stadio pre-morfogenetico mostra che questi stabiliscono regioni discrete nell’embrione, un processo che coinvolge una notevole quantità di movimenti cellulari, che varia ulteriormente a seconda degli embrioni.
E mentre ascoltava queste parole, i míč m’yac bollivano nella sua testa in modi ormai inconfondibili dal funzionamento di un Darā’iga. Le fonti dell’eco emanavano qualcosa che voleva nascere, tornando indietro nel tempo che l’aveva abortito. E lo faceva in Sasara, l’Immota-Oltre.
Attraverso di lei, il canto dei figli si propagava all’inverso. E fu lì, nel momento in cui si stava per togliere la vita per la parola che gli era stata tolta e la vista che gli era stata negata: il Darā’iga fluiva nella sua carne, che invece di volare giù e spappolarsi contro la folla omicida ora la conduceva nella piazza di Teheran, con altre ventimila ragazze.
La ragazza era Aljadid. Di fronte a lei i militari si disponevano ai lati, genuflettendosi cerimoniosamente e piangendo miseramente. Lo Shaikh usciva dal palazzo e si inginocchiava sbracciandosi ai piedi di Aljadid, baciava la terra, senza osare toccarla: la sua pelle sarebbe andata a fuoco.
“ Io, Alijadid, l’ Oltrequiescente, dichiaro terminata questa follia sanguinosa. Non ci saranno condanne a morte. Anzi, la pena di morte viene abolita oggi stesso. Tutte le morti avvenute fino a adesso ci perseguiteranno senza pietà, questo lo sapete. Perché ora che la legge simbolica è caduta, gli spiriti possono far ritorno, puntando il dito contro i loro assassini. Alcuni di voi riusciranno a guardarli, infine, amandoli e perdonando se stessi.
Tutti gli altri non sopravvivranno: preferiranno morire che guardare il volto trucidato negli occhi.”
Così diceva e la pietra nella mano di Sasara diveniva fredda, le grida si acquietavano, e l’eco, debole e melodiosa, sopravviveva gettando aliti di pace nelle sue anime in fiamme.
Il Rana Edari sembrava divenire piatto e le sue lacerazioni “allisciarsi”momentaneamente, per poi slacciarsi nuovamente, se non per un punto, in cui una forma sembrava sancire un cucitura. Stasis si portò fino lì, dove le linee si incontravano: dove era segnato Teheran nasceva adesso il bosco di ‘ajyal, il bosco delle generazioni, che si connetteva attraverso una X ai Boschi di Thyr n’ ‘fus, vicino Freu du Cantu.
Stasis osservava di nuovo la vasta pianura, la Lichtung delle rivelazioni, il Raṇa -Eḍāri.
Molto tempo prima qualcuno aveva scritto una specie di Statuto della temporaneità e della
leggerezza del Raṇa -Eḍāri in questo modo, parlando però di un altro oggetto:
Ogni punto Raṇa -Eḍāri poteva legarsi con ogni altro punto.
Non ci sono punti o posizioni nel Raṇa -Eḍāri; ci sono solo linee. Un Raṇa -Eḍāri può essere
spezzato in qualsiasi momento punto e raccolto seguendo una delle sue linee. Il Raṇa -Eḍāri ha il proprio esterno con il quale ne fa un altro.
Raṇa -Eḍāri ; quindi, un Raṇa -Eḍāri non ha né esterno né interno.
Un Raṇa -Eḍāri non è un calco ma una carta aperta che può essere collegata con qualcos’altro in tutto.
Il Raṇa -Eḍāri è reversibile e suscettibile di continue modifiche. Il Raṇa -Eḍāri è una rete di alberi che si aprono in ogni direzione e può creare un altro Raṇa -Eḍāri, che aprendosi in ogni direzione può creare un Raṇa -Eḍāri che ci sembra equivalere a dire che una rete di alberi parziali può essere ritagliata artificialmente in ogni Raṇa -Eḍāri.
Nessuno può fornire una descrizione globale dell’intero Raṇa -Eḍāri.
Stasis sapeva che questo manifesto della variabilità era già contenuto in un libro che precedeva il Raṇa -Eḍāri, Storie della caduta di Qiaokeli, all’interno degli Annali anonimi: un capitolo interno, ripiegato, si intitolava “Il Raṇa -Eḍāri, paesaggi del limite non tracciato”.
“Le immagini sono Darā’iga e nascono da Darā’iga. Immagini-trovate: virtuali dell’espressione ibernata di Jean Giraud e Salvador Dalì. “Le due immagini sono Darā’iga e nascono da Darā’iga. Immagini-trovate: virtuali dell’espressione ibernata di Jean Giraud e Salvador Dalì. I Darā’iga non sono “schermi” o “computer”. Sono organismi di variabilità continua che orbitano temporaneamente nella visione dell’Immota-Oltre, visualizzando le immagini del mondo erede-antenato. Per questo, , e non solo per l’auto-immagine di Stasis, le sue rappresentazioni erano così diverse”.
I Darā’iga, ne il Rana Edari, Annali Anonim
Tutte le immagini sono prodotte da Midjourney Inc, inscrivendo nel prompt il nome di Moebius(Jean Giraud) e Salvador Dalì.
Di Danilo V Paris