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Flavia Tomassini, Inediti 2021

 

Sui tetti della città dimentico
il bisogno d’amare
ciò che scorgo ma non posso
disporre nel mio immaginario:
le cose mute le lascio tornare
al loro anonimato – di chiese
e statue.

 

 

L’aurora mi precede –
delle volte indifferente
si desta senza avvisare.

*

Si fa giorno come si fa sera –
In deroga alla sofferenza.

*

Ti immagino
dietro una porta –
ogni valico
lo lascio tracciato
così che tu possa
aspettarmi.

 

 

Gli uffici sono dei musei:
scrivanie, poltrone, secchi,
tastiere, penne, elenchi,
ritratti di famiglia,
piante da interni –
un ombrello chiuso.
L’altrove perduto
in una bottiglia di vetro
vuota.

 

 

Nello svuotatasche
fedi mai indossate –
epiteti e trame
tra le chiavi mai infilate
nella toppa.

*

L’attesa è una voliera:
imito il verso –
incapace di eludere
la cattura.

 

 

Potrai credere sia stato un sogno,
era Dio col quale parlavi al banco,
un riflesso o l’eco, carta di gelato,
la coda o il principio di un motivo.
Resta un relitto azzurro – nel cielo
grigio chiaro.

 

 

Per sempre lasciamo andare
quelli che ci somigliano
come il sole si confonde
tra l’ascesa e il declino
esso stesso nel meriggio
sosta verticale e inizia
la discesa nella notte.
Troppo somiglianti
noi andiamo nell’altrove.
Chiedo casa dove alberghi
e uno spazio occupa
la nostra concentrazione.
Non siamo nello stesso
esistere – un corpo solo
e lo spirito dilaniato.

Una replica a “Flavia Tomassini, Inediti 2021”

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