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Una frase lunga un libro #38: David James Poissant, Il paradiso degli animali

 

2015-12-04 12.25.05

Una frase lunga un libro #38: David James Poissant, Il paradiso degli animali, NN editore, 2015. Trad. di Gioia Guerzoni. € 17,00, ebook € 8,99

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Il suo corpo nell’aria era una palla, e la palla fece una, due rotazioni. Poi la palla si aprì e il corpo di Lily si tese. Colpì l’acqua come una bacchetta magica – mano, testa, torso, gambe, piedi per ultimi. Dove due mani avrebbero potuto incontrarsi ce n’era soltanto una, dritta e sicura come la lama di un coltello. Si infilò nell’acqua perfettamente, con uno schizzo piccolo che era quasi invisibile.

Questa sequenza di frasi la troviamo nel racconto Il braccio, il secondo della sorprendente e molto bella raccolta dello scrittore americano David James Poissant. L’ho scelta per introdurre la recensione per due motivi, il primo è scontato, si capisce subito la bellezza e la chiarezza della prosa di Poissant. Il secondo motivo è decisivo. Quelle frasi – simbolicamente – agiscono sul lettore nella stessa maniera in cui agiscono tutti i racconti de Il paradiso degli animali, svolgono esattamente il compito che, secondo me, Poissant vuole che la sua narrativa faccia. Poissant è poetico e deciso, non perde tempo ma non accorcia se non serve, arriva in fondo quando occorre, e a volte non lo fa immediatamente, come nel caso dei protagonisti del primo racconto, L’uomo lucertola, che torneranno in quello di chiusura (che ha lo stesso titolo del libro), a muoversi in quella che per noi sarà sia una nuova storia, sia il prosieguo – anni dopo – della prima. Il corpo nell’aria come una palla e poi la palla che fa una o due rotazioni prima di aprirsi e tendersi, ritornando Lily, la protagonista. Ipotizziamo che il corpo raccolto nell’aria siano le storie di Poissant, siano tutti gli elementi che lo scrittore americano raccoglie all’interno della trama, quando tutto sarà pronto, alla storia senza inutili orpelli, basterà una rotazione, al massimo due, un accadimento, una frase, un ritorno, un sentimento, per farla aprire, tendersi, dispiegarsi. L’acqua, ossia il lettore, verrà colpita come la lama di un coltello, come sa fare la penna. La storia, o Lily, o la palla di prima, si infilerà nell’acqua, con uno schizzo piccolo, quel quasi invisibile che è la perfezione del tuffo, è la differenza. Il piccolo spiraglio che avrà trovato il racconto, che sarà entrato e avrà fatto il suo lavoro, dentro di noi.

Poissant è molto giovane, è già stato accostato a Carver e a Saunders e alla O’ Connor, nomi che fanno paura, insomma poi come fai a essere all’altezza? Come te ne liberi? Poissant è all’altezza, soprattutto perché è un’altra cosa, le sue storie sono diverse da quelle dei tre grandi scrittori appena citati, anche se vengono da dove vengono le storie di quei maestri. Poissant scrive da dentro l’America senza esserne schiavo, gli interessa la realtà e congegna le storie con dei delicatissimi meccanismi, sono dense anche quando sembra accadere molto poco, anche quando tutto è già successo. Ha una grandissima fantasia. Il nucleo, ciò che commuove e stupisce, ciò che fa dire “wow”, di tanto in tanto, è proprio lo scarto tra quello che è accaduto prima della prima parola e il dove andranno a finire le vite dei personaggi dopo l’ultimo punto. Quello che gli interessa sono i rapporti umani, l’origine, la durata, la crisi, le conseguenze. Qualche giorno fa la scrittrice Merrit Tierce, durante la presentazione del suo Carne Viva (Sur, 2015), a Venezia, alla Libreria Marco Polo, ha detto più o meno che quando la letteratura (cosa che gli scrittori americani fanno spesso) si concentra troppo sui rapporti umani, che si tratti di relazioni o altro,  rischia di perdere di vista il contesto sociale in cui ci muoviamo. Quasi come se le storie non riuscissero ad allontanarsi da quello che accade dentro a un appartamento. La Tierce ha ragione ma non del tutto, non ne avrebbe – secondo me – nel caso di Poissant (e di qualche altro scrittore). Poissant scrive di gente che cade, che a volte riesce a rialzarsi a volte no. Che non sa come fare, che a volte sceglie di non reagire, che altre reagisce troppo. Parla di quelle persone che hanno un nucleo incrinato (care a Foster Wallace). Il nucleo incrinato è generato da un matrimonio che fallisce, da una dipendenza, da una depressione, da un male incurabile, ma più spesso,  semplicemente, da qualcosa che non funziona, qualcosa che il personaggio non sa spiegarsi e che non sa risolvere. Pare che la felicità non possa essere raggiunta, se non per brevi momenti. Poissant, però, non dimentica il contesto sociale, nei suoi racconti c’è chi fa mestieri sotto pagati, chi si arrangia e poi ci sono il professore, il professionista deluso, la venditrice di cosmetici che pensa di meritare qualcosa di più, il rappresentante incapace, ecc.

Questi racconti sono bellissimi, tutti. Due amici alla deriva troveranno un momento di strano sollievo salvando un alligatore, riportandolo in acqua. Lily de Il braccio insegnerà qualcosa a un uomo da troppo tempo solo. Due genitori dovranno affrontare l’assurda perdita di un figlio, solo che l’assurdo diventerà ogni cosa. Un uomo non vorrà prendere più le sue pillole. Un altro alla finestra, una notte, vedrà un lupo, lo stesso che vedrà sua madre da un’altra finestra. Chi è il lupo? Chi sono gli animali che entrano e escono da queste storie? Che ci fanno un bisonte, delle api e un gatto? Gli scoiattoli in soffitta sono solo scoiattoli? Tutti stanno lì a fare la propria parte, come le persone. In un racconto una donna e suo marito dovranno affrontare la malattia di lui, ecco, uso questo come esempio, Poissant gli imprime un ritmo impressionante, lo scrive alla temutissima seconda persona, e ti porta fino alle lacrime e alla voglia di tornare a rileggere. Cosa che ho già fatto per molte di queste storie.

Nota a margine: Nello stesso pomeriggio in cui ho scritto questa recensione ho trovato, su una bancarella vicino ai Carmini, a Venezia, per due euro: Il paradiso degli animali di Carlo Cassola, in un’edizione di una quarantina d’anni fa. Niente accade per caso.

©Gianni Montieri

3 risposte a “Una frase lunga un libro #38: David James Poissant, Il paradiso degli animali”

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  2. Ho appena finito di leggere questo libro e il mio primo commento é “Wow” tra qualche ora il mio cervello articolerá qualche frase piú degna ma é veramente un bella raccolta di racconti e ho pensato anch’io a David Foster Wallace in Brevi interviste… ma qui nn abbiamo uomini schifosi ma semplicemente animali normali

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