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Davide Zizza, poesie

amsterdam 2014, foto gianni montieri
amsterdam 2014, foto gianni montieri

Apprendistato

L’unica arte che resta è rubare:
accendere un fuoco vedendo
come fanno altri poeti.
Poi imparare da solo, senza soffocare
il fumo, senza agitare troppo l’alcol.
E dopo ancora, cercare le proprie esperienze,
farsi esperienza, maturare,
diventare sintesi e smussare gli angoli
del pensiero. Lasciare l’acerbo
e invecchiare come invecchia la pelle;
quando si assottiglia è fragile,
ma ha tolto il superfluo –
eliminato il cuoio, respira leggero.

*

Una parte del discorso

Ogni giorno sembra ormai eclissarsi nel niente,
uno dietro l’altro senza speranza
di cambiare il regolare andamento della luce,
senza la possibilità di cambiare la rotta,
senza la probabilità dell’inatteso.
Il problema è trovare l’immagine che salva,
il simbolo che valga tutto il dolore,
che sappia togliere il sale dal cuore.

*

La leggerezza

Brucerò i libri e le carte,
non ci vogliono pesi quando parti.
«Omnia mea mecum porto» dice il detto.
Farò un falò delle regole, mi terrò la noia
amorevole compagna,
lascerò il lenzuolo sfatto e l’orologio;
porterò il necessario –
un biglietto di andata, un cuore pronto,
uno zaino vuoto, l’attesa.
La condizione dell’essere, la sua leggerezza –
inseguire il vento
sotto lo sguardo della luna.

*

Berkeley e la poesia

Il senso è questo.
Cogliere e levare. Cogliere
come quando affondi i piedi nella terra
e cerchi il frutto maturo.
Lo trovi, e torni da una sana stanchezza.
Levare come togliere la buccia
in modo che ne assapori la sostanza –
pienezza del gusto
nell’affondare i sensi nella polpa.

***

©Davide Zizza

Una replica a “Davide Zizza, poesie”