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Luigi Bernardi – Un incipit (stasera alle 19,30 a InEdito – RaccontareObliquo)

luigi bernardi foto di roberto nistri
luigi bernardi foto di roberto nistri

Stasera all’interno di InEdito – Raccontare l’obliquo a M^C^O ricorderemo Luigi Bernardi e sarà una festa chiamata Un giorno vi racconterò saremo in tanti e vi aspettiamo a Macao alle 19,30, intanto voi potete leggervi una roba che è un po’ come i C’era una volta, una cosa da cui tutto cominciò. A stasera (gm)

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Sono nato nel 1953, in pieno inverno, nel casale di famiglia, isolato in mezzo a una campagna che più piatta si farebbe fatica a immaginare. C’era l’abitazione principale e c’erano altri edifici, alcuni grandi come la stalla e il granaio, altri poco più di casupole: il pollaio, la lavanderia, la stalla dei maiali. Il riscaldamento era assicurato dal camino, ma solo nella grande cucina su cui troneggiava, l’illuminazione dalle lampade a petrolio, l’acqua bisognava tirarla su dal pozzo, sempre generoso.

I primi anni li ho passati ad aspettare che qualcuno si accorgesse che c’ero. Ansia inappagata: gli uomini e le donne uscivano la mattina presto per andare a lavorare i campi, rincasavano a mezza giornata, si ricaricavano ingozzandosi di enormi piatti di pastasciutta o di polenta e ripartivano per ritornare soltanto al tramonto. A casa rimanevano i nonni, lei si occupava di preparare i pasti e di accudire le galline, lui della cantina e delle altre bestie, io chissà che opinione dovevo farmi del mondo.

Mi ammalavo spesso, febbri altissime che mi seccavano la gola. Solo in quei casi avevo diritto a un po’ di compagnia, veloce perché il tempo era il bene più prezioso, non bastava mai ed era insensato sprecarlo dietro a bollori che si sarebbero quietati nel giro di qualche giorno.

Gli uomini certe sere andavano al bar dell’Olmatello a giocare a carte e vedere la televisione, le donne avevano sempre qualcosa da fare, a coccolarmi ci pensava lo zio Aldo, un uomo schivo, senza compagnie, ma calibrato, dolce e affascinante come sempre dovrebbe essere un adulto per un bambino. Poi c’era il cane Puppi che mi balzava addosso per leccarmi la faccia, aveva un anno più di me, pare che abbaiasse sempre con la stessa voce contenta del giorno in cui mi aveva sentito nascere.

La campagna, sono troppi ricordi distinti per poterne dipingere un quadro d’insieme. Per me era soprattutto disporre in ogni momento di uno schietto calendario vivente. L’imbiondire del grano, la crescita dei cocomeri, la maturazione dei fichi, l’uccisione del maiale, la processione del Corpus Domini, i piedi nudi che pigiavano i grappoli d’uva: tutto in campagna era il preciso segnale di un tempo che avanzava e rispetto al quale non si poteva restare indietro.

Una mattina, mi ero svegliato sentendo altre voci, svelto ero sceso per la fredda scala che portava in cucina. In casa era arrivata la prima vera novità della mia vita: la radio. Era un apparecchio molto grande, con due enormi manopole per la sintonia e il volume. Serigrafati sul frontalino di vetro c’erano delle sequenze incomprensibili di numeri e i nomi di tante città. Alcuni erano scritti con delle lettere, come la k, la y, la w, che non conoscevo perché mancavano nell’alfabetiere che mi avevano regalato perché prendessi confidenza con l’avventura scolastica che mi aspettava di lì a poco. La radio avevo cominciato ad ascoltarla sempre, per alcuni in modo eccessivo, tanto che mi rimproveravano di “consumare le valvole”. Grazie alla radio avevo prima letto le parole “New York” e “Tokyo”, poi saputo cosa fossero. La radio era stata la mia prima finestra sul mondo, il Resto del Carlino la seconda. Strappavo le pagine e ritagliavo le lettere dai titoli, in poco tempo le grandi forbici della famiglia mi avevano offerto due nuovi alfabetieri completi, uno di maiuscole, l’altro delle minuscole. Dopo era arrivata la scuola, la finestra era diventata un porta, che avevo prima socchiuso con timore, poi subito spalancato. Ancora pochi anni e i cardini avrebbero ceduto.

Il calendario aveva cominciato ad arricchirsi di stagioni diverse, i giorni non erano più soltanto una replica di loro stessi, potevano riservare delle novità, anche sotto forma di piacevoli sorprese, come la Paola.

©Luigi Bernardi

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Tratto da La foresta dei coccodrilli e altri racconti di smanie minorenni Alberto Perdisa editore – 2007

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