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Guido Catalano: poesie

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Questa è la settimana che porta a Inedito 2014 – Macao. Il festival Raccontare Obliquo dura tre giorni: 23/24/25 maggio. Sabato 24 maggio alle 18,30 InEdito ospiterà La donna che si baciava coi lupi di Guido Catalano. Oggi andiamo verso InEdito con alcune sue poesie inedite. Il fine settimana si avvicina vi aspettiamo. (La redazione)

 

A conti fatti e mal che vada

A conti fatti
e mal che vada
t’avrò scritto
una mezza tonnellata
di poesie d’amore
di discreta meraviglia.
Mal che vada
e a conti fatti
te ne sarai fatta poco
o niente.
Io no
le rileggerò sorridendo
mi faranno compagnia
mi darò dello stupido
e dello splendido
sbatterò testate al muro
bacerò sulla bocca le nuvole.
Mi innamorerò come piovesse
e pioverò su prati lontani
rendendoli fottutamentissimamente belli.

 

A Torino non si scherza un cazzo

A Torino non si scherza un cazzo
a Milano gira il grano
a Roma è tutto un magna magna
a Napoli poi muori
a Verona ti innamori
ma a Torino
non si scherza
un cazzo.
Questa poesia d’amore non è una poesia d’amore
perché a Torino non si scherza un cazzo
perché è l’amore ai tempi di Torino
perché Torino ha i tempi dell’amore
ma è roba dura
è roba che te la devi faticare
è un amore che ci sta poco da scherzare.
Questa poesia d’amore
non è una poesia d’amore
è una spada laser
questa poesia è una spada laser
e noi siamo belli
e tu hai gli occhi buoni
– buoni non vuol dire stupidi
buoni vuol dire
che non si scherza un cazzo –
e noi siamo due Jedi io e te
e abbiamo capito
che il lato ganzo della forza
alla fine
è meglio.
A Torino fai più fatica qui a Torino
perché a Torino
non so se è chiaro
a Torino
non si scherza un cazzo.
Però se ce la fai a Torino
– e pochi ce la fanno –
a Torino se ce la fai
poi spacchi i culi
a mani nude
a mani nude legate dietro la schiena
su un piede solo
con un gatto su una spalla
sorridendogli negli occhi.
Perché se voglio io
hai presente la Luna?
anche la Luna a Torino
è una Luna
che ti giuro
è una Luna che non scherza un cazzo.
Io la Luna
io salgo sulla cazzo di Mole
e te la stacco dal cazzo di cielo
a morsi
la Luna
hai capito?
te la strappo dal cielo a morsi
e sai che faccio?
la sputo
e poi già che ci sono
la tiro giù la Mole
a testate la tiro giù
che mi ha rotto i coglioni pure la Mole
come la bagna cauda del cazzo
e i torelli sputazzoni.
Comunque
volevo solo dire
– perché magari mica si è capito bene –
che io a Torino ci vivo
ci muoio
e poi ci resuscito
perché qui a Torino
non si scherza
un cazzo.

 

Al netto di sta minchia

Al netto di sta minchia
se tornerai troverai il portone chiuso
se abbatterai il portone troverai cani da guardia
affamati come le bestie
se darai loro polpette al gusto di sonnifero
troverai la porta sbarrata da sette serrature
se scardinerai le sette serrature
troverai un campo minato di mine anti-donna
se saltellerai tra le mine anti-donna senza saltare in aria
troverai un corridoio pieno di ragni e topi e serpenti
tutti velenosissimi
anche i i topi velenosi, sì
e anche i piccioni velenosi troverai
se sarai così coraggiosa d’addentrarti nel corridoio
e così fortunata da non farti mordere, pungere, beccare, rosicchiare
troverai alla fine del corridoio
un piccolo uscio.
Al netto di sta minchia
il piccolo uscio si apre solo
con la parola magica.
Una parola fatta di mani, occhi, silenzi e strofinio di nasi.
E posto tu l’abbia mai saputa
al netto di sta minchia

 

E quanti questa notte

E quanti questa notte
sono stati svegliati dal temporale dentro il loro letto
e si son tirati su il lenzuolo fino al mento a fare scudo al freddo ai fulmini e alla finestra aperta che la sbatte il vento.
E quanti questa notte
hanno avuto un corpo da abbracciare ascoltando la pioggia che schiaffeggia i tetti
e quanti invece soli come i cani hanno contato i secondi dalla luce al tuono.
E quanti questa notte
hanno potuto dare un bacio sulla spalla della bella che t’addormisce accanto e quanti l’hanno sentita chiedere in sussurro “non dormi?”.
No, e neanche tu.
E quanti questa notte
si sono alzati a chiuder la finestra e quanti hanno aperto il frigo ci hanno guardato dentro illuminati dalla luce bianca e quanti sono andati a fare una pisciata a unire scroscio a scroscio e quanti sono stati a pancia in su nel quasi buio a pensare ma quanto è bello e che pauroso ma quanto è bello e spaventoso il temporale quando d’estate è notte.
E questa notte quanti han maledetto il cielo che non li fa dormire.
I cani soprattutto nascosti sotto i tavoli a tremare.
Io questa notte ero tra quelli
ho visto la tua ombra proiettata dal fulmine sulla parete della stanza.
E non maledicevo il cielo né l’ira di Dio che ne veniva giù.
Maledicevo il destino cane che questa notte avrei dovuto essere protetto da tutti quei capelli dai tuoi respiri stare svegli ad ascoltare il tuono magari ridere del cielo che si squarcia nascondermiti dentro e poi sì, forse,
dormire.

 

Ed io che credevo che l’amore fosse un gatto che viene dal Paradiso

Perché da bambino
al posto di farmi innamorare
di quella deficiente di Candy Candy
non mi hanno detto la verità?
Pensavano davvero che avrei imparato da solo?
Sbagliavano.
Avevano ragione.
Ho imparato che l’amore non è
né gatto né cane
l’amore non è una rana
e non è un cavallo
men che meno un rinoceronte
o una farfalla
sarebbe bello fosse una tartaruga gigante
ma non è.
L’amore non è un cazzo di gabbiano
che plana sul mare al tramonto.
Non è una balena.
L’amore non è quella cosa che mi avete detto.
Mi spiace per tutti i poeti
che fin dall’inizio
ci hanno provato.
L’amore è
una palla da bowling
scagliata da diecimila metri d’altezza
che sfonda il tetto del tuo condominio
e ti prende in pieno cranio
mentre stai facendo delle facce buffe
davanti allo specchio
lavandoti i denti
alle sette e un quarto del mattino
nel tuo cesso dalle piastrelle rosse.
Non so quanto ti deluda la notizia, bambina
sicuramente so che il mio cranio
è rivestito di adamantio
posso fare a testate con Wolverine
se capisci cosa intendo.
Il fatto poi di non mancarti a tal punto
da far rivoltare Guglielmone Shakespeare nella tomba
– se capisci cosa intendo –
rimane uno dei misteri irrisolti
di questa fase storica
di questo ridicolo
Paese
dei miei coglioni.

 

La chiamata

Chiederò agli amici poeti di cantarti
e agli amici gatti di miagolarti e farti le fusa di notte
agli elettrauto di ricaricarti la batteria in caso di bisogno
e ai grilli di farti serenate per addormentarti.
Chiederò al sole di scaldarti
e al vento di carezzarti
chiederò alla terra di sostenerti.
Chiederò agli alberi di ombreggiarti
chiederò ai pittori di dipingèrti.
Chiederò ai tassisti di portarti
e ai vigili del fuoco di salvarti
chiederò alle mamme di cullarti
chiederò a Bob Dylan di raccontarti.
Chiederò alle preoccupazioni di lasciarti
e chiederò ai bimbi di girotondarti
chiederò alla mattina di svegliarti delicatamente
e al Babau di non spaventarti
chiederò ai proiettili di mancarti.
Non so se tutti risponderanno alla mia chiamata
ma sono piuttosto ottimista.
Chiederò alle mie braccia di abbracciarti
e a te di farti abbracciare
chiederò a me stesso di lasciarti andare.

 

ogni volta che mi dai un bacio muore un nazista

– ogni volta che mi dai un bacio, muore un nazista
– avremmo dovuto conoscerci durante la Seconda Guerra Mondiale, non trovi?
– ogni volta che mi dici che ti manco, un camionista sorride
– cosa c’entra?
– non lo so, mi piaceva l’immagine di un camionista stanco che percorre la sua lunga interminabile strada dall’est all’ovest sul suo gigantesco autoarticolato e a un certo punto sorride, senza sapere neanche lui il perché
– sei strano tu
– ogni volta che facciamo l’amore, ringiovanisco di tre anni
– allora dobbiamo stare attenti, che non vorrei una mattina o l’altra, svegliarmi accanto a un bimbo
– ogni volta che vedo la luna che galleggia piena e gialla sulla mia città penso che anche tu, dalla tua città, se alzi il naso, vedi la mia stessa luna piena e gialla e tutto ciò mi sembra meraviglioso e romantico e bellissimo
– poi capisci che stai rincoglionendo?
– sì
– eh
– ogni volta che penso alla possibilità di perderti, il mio cuore si ferma per cinque secondi
– ho un amico cardiologo, ti do il numero
– ogni volta che mi dici che m’ami divento cintura nera di felicità settimo dan
– io non t’ho mai detto che t’amo
– c’è sempre una prima volta
– sembri molto sicuro di te
– non credi che io abbia un sacco di buoni motivi per esserlo?
– vuoi la verità?
– non so se sono pronto alla verità, baciami
– e sia, un nazista in meno.

 

Se questa fosse una poesia

Forse l’ho già detto che ci conoscemmo a primavera
e forse ho detto già
che la primavera è un bel posto per incontrarsi.
La verità
è che mancavano cinque giorni alla primavera
forse sei.
E non ricordo se già l’ho detto
ma quando la vidi la prima volta tremavo
forse sì l’ho detto
lei non se ne accorse
tremava.
Non era il freddo, cazzo
era primavera
era quasi primavera, l’ho detto?
certo.
È che quando l’ho vista la prima volta ho capito.
Ho capito in quel momento preciso
quando l’ho vista entrare
che avrei voluto
potuto
passare la vita con lei
passare la mia vita con lei
ad inventarci nuovi tipi di baci.
Non male come prospettiva, no?
La prima volta che abbiamo dormito assieme
mi sono svegliato prestissimo
ero troppo agitato e contento
la guardavo dormire in quella strana posizione
con le braccia tutte ingarbugliate e la faccia all’insù.
La guardavo sperando si svegliasse
sperando di non svegliarla
sperando mi sorridesse, al risveglio.
Non so se l’ho già detto
ma amavo il suo corpo
come ho amato poche cose al mondo
le mie mani a un certo punto
lo seppero a memoria quel corpo lì.
Avevo sviluppato una sorta di dipendenza tattile
per il suo corpo.
Non sono sicuro di averlo già detto
a lei lo dissi
fu una delle prime cose che le dissi
le spiegai che la mia ossessione per i baci
è data dal fatto di aver sofferto una gran fame
di baci, intendo
per molto
troppo tempo.
Lei capì subito il problema
e si prodigò in una cura ricostituente
a base di labbra, di lingue, di schiocchi.
Dovrei aggiungere qualcosa sul suo sorriso
ma temo di non esserne capace.
Sapeva sorridere
il che, non è così scontato.
Forse non l’ho detto
forse sì
se questa fosse una poesia
sarebbe una dichiarazione d’amore
ho usato il passato
per confondervi le idee.

 

© Guido Catalano

7 risposte a “Guido Catalano: poesie”

  1. ho sempre amato le poesie di guido, soprattutto quando mi si incazza e parte con un’invettiva. e poi mi piace il tono surreale, fiabesco, poco praticato nella italica poesia contemporanea che indossa per lo più la maschera del serio.anche la sua tenerezza è una cosa buona. e la capacità di costruire le storie.

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  2. io questa poesia non la capisco; sarà, forse, una mia mancanza, ma la poesia è ben altra cosa.

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  3. mi spieghi, a questo punto, quale “altra cosa” sia la poesia?
    sapere cosa definisca un testo una poesia e cosa no è da sempre un punto irrisolto; e dal momento che mi occupo di poesia, avere qualche chiarimento, anche un semplice parere che dica “questo è e questo non è” potrebbe aiutarmi.

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  4. cosa sia la poesia, non saprei dire. Ma sono sicuro che questa non lo sia. Attenzione: tecnicamente Catalano non ha nulla da invidiare ad altri, ma questo dissacrare i contenuti, pur se voluto, non appartiene alla poesia.

    Anche Giudici scrisse O beatrice, ma pare tutta un’altra storia.

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  5. citare Giudici (ma andava bene anche un Cucchi qualsiasi in questo caso) per non rispondere dice tutto. grazie

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  6. lei continua a eludere la mia domanda: cosa rende un testo una poesia? soprattutto cosa distingue nel 2014 un componimento disposto verticalmente da una poesia?
    mi basta una risposta, o un tentativo di risposta, senza disturbare mostri sacri o “vorrei essere un mostro sacro”

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