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in-side stories #21 – Tutti morti

biennale architettura 2010 - foto gm

in-side stories #21  – Tutti morti.

C’era questa cosa che eravamo morti. Tutti quanti, voglio dire. C’era, poi, quest’altra cosa, che non sapevamo cosa cazzo fare. Essendo morti per ultimi, i posti migliori per i lavori da fare da morti se li erano già presi gli altri. Cioè, sembrava la storia della nostra vita che si ripeteva anche dopo la fine. Come se il confine non marcasse una beata mazza. Comunque non che fossimo d’accordo con questa cosa di dover lavorare anche da morti. Ecchecazzo, c’era la questione del morire che non era roba da poco, e beffa delle beffe trovarsi un lavoro. Chi eravamo? Eravamo noi, le solite quattro o cinque teste di cazzo, che in vita avevano perso tutti i treni possibili e che a quanto pare avevano già fatto in tempo a perdere il primo Frecciamorte dal binario sailcazzo. In ogni caso ci trovavamo in una specie di terra di mezzo, no Purgatorio, per intenderci, quella era solo stata la grande trovata di quel gran figo di Dante, cioè se l’aveva inventata qualcun altro, lui era stato il primo ad usarla come si deve. Né inferno, né paradiso. La terra di mezzo somigliava più a un mega parcheggio vuoto. Tipo i centri commerciali dopo la chiusura solo che qui non c’erano coppie chiuse in macchina a scopare. Né vapore, né vetri appannati. Né dio, né diavoli. In fondo al parcheggio c’era una scrivania celeste (tranquilli, è un caso), dietro la scrivania stava seduto un tizio in jeans e felpa scura. Rayban e niente barba bianca. Ci guardava schifato. «Siete gli ultimi.» Fece. «Io sono Jack il distributore di incarichi, questo è tutto quello che dovete sapere di me. L’altra cosa che dovete sapere che sono rimasti quattro incarichi, tra parentesi: del cazzo, e voi siete in cinque.» Non sapevamo cosa rispondere, ci guardavamo le scarpe, né lui si aspettava una risposta. «Ecco come procederemo, vi chiamerò per nome, in ordine alfabetico. Quello che chiamo farà  un passo avanti e firmerà l’accettazione dell’incarico, dopodiché si avvierà verso il posto dove dovrà lavorare. Non vi è concessa la possibilità di negoziare.» Lo guardavamo come dei pirla che guardano il professore che sta per interrogare chi non ha studiato. Chiamò per primo LetteraA.

«Il tuo incarico sarà quello di contare le formiche presenti nella vallata in cui ci troviamo, il perimetro è infinito, dovrai regolarti tu. Dovrai annotare il numero delle formiche quotidianamente, suddividerle per tipo, sottrarre il numero dei cadaveri. Ogni settimana dovrai fornire un grafico che evidenzi la diminuzione o l’aumento delle formiche, il rapporto sul medio e lungo periodo. Questo lavoro sarà tuo per l’eternità e nessuno potrà sottrartelo. Una specie di posto fisso.» LetteraA a quel punto era diventato paonazzo, deglutiva senza riuscire a parlare. «Non ringraziarmi ragazzo. Ah Ah Ah. Firma qui.» LetteraA firmò.

LetteraB avanzò verso la scrivania, pensando che gli era andata bene, contare le formiche era proprio un lavoro del cazzo. «Tu dovrai piantare barbabietole dal lunedì al giovedì, raccoglierle dal venerdì alla domenica. Il raccolto dovrà essere portato nel fienile che comparirà di volta in volta, alle tue spalle, a tua insaputa, in orario sempre diverso. Dovrai fornire un resoconto del seminato e del raccolto. Giustificare la diminuzione di barbabietole e spiegarne l’aumento, dettagliatamente, come un fottuto manager agli azionisti.» LetteraB, pensava a cose tipo: porcocazzofigliodiputtanastronzopezzodimerda. Jack sorrideva. «Lo so, lo so, credimi è il meglio che possa capitarti da queste parti. Ora, per favore, firma qui.» LetteraB firmò.

LetteraC si guardava intorno con area indifferente, LetteraD lo spinse in avanti, «Muoviti.» «Fanculo.»«Il tuo lavoro consisterà nella formattazione delle stelle, sarai dotato di un computer e di un sofisticato software, ogni mattino poco prima dell’alba dovrai formattare le stelle. Sì, tutte. Tutte le costellazioni. Il lavoro dovrà essere pulito, rapido e preciso. Le stelle dovranno essere tutte ripulite dalle scorie da esposizione ed essere pronte a fare il loro mestiere entro il tramonto. Anche questo lavoro non prevede errori.» LetteraC era il più stupido di tutti noi, non si era mai fatto domande in vita, non se ne fece da morto. Firmò all’istante.

LetteraD aveva finito di fare il coglione,  era il suo turno. «Ti ho visto prima fare il gradasso con LetteraC, è una cosa che mi sta sul cazzo, ma che non inciderà sull’incarico che dovrò affidarti, tutto è già stabilito. Tanto è un incarico di merda come quello degli altri. Tu dovrai fare editing a tutti i libri che sono diventati best seller senza meritarlo. Dovrai correggere la grammatica, la sintassi, i tempi verbali. Dovrai cambiarne, se necessario, l’idea. In un certo senso dovrai riscriverli. Devi sapere che il tuo riscrivere non cambierà quello che è stato, né creerà dei nuovi, e migliori, lettori, servirà a rimettere un po’ d’ordine dove prima non è mai stato possibile, comincerai dai libri di Coelho. Ti avverto, mi sa che quelli sono proprio da riscrivere.» LetteraD che non aveva mai letto un libro in vita sua, ma che non era stupido, firmò.

«Resti solo tu LetteraE, come ti dicevo i lavori rimasti sono quattro. Non c’è lavoro per te. Purtroppo qui la regola è che tutti lavorino. Non posso farti rimanere.» Lo guardavo come si guarda qualcosa che non dovrebbe esistere, e forse era così. Chiesi che cosa ne sarebbe stato di me. «Ti devo rimandare di là.» «Di là dove, Jack?» «Nel mondo dei vivi, ti devo resuscitare, cazzo. Senti, mi dispiace ma non posso fare altrimenti.» «Come resuscitare? Ma sono tutti morti, che cazzo faccio di là, da solo?» «Non lo so ragazzo, credo che non potrai sfuggire alla noia. Potresti imparare a pescare, o quello che ti pare. L’unica cosa che posso prometterti è che appena ci inventiamo un incarico faccio in modo che vengano a riprenderti.» «Sì, ma io intanto che faccio?» «Prova a cominciare dall’inizio, ragazzo. Firma qui per il ripristino.» Firmai.

 © Gianni Montieri

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Arcade Fire – Afterlife – (album Reflektor, 2013)

Afterlife, oh my God, what an awful word
After all the breath and the dirt and the fires are burnt
And after all this time, and after all the ambulances go
And after all the hangers-on are done hanging on to the dead lights
Of the afterglow

I’ve gotta know

Can we work it out?
We scream and shout ‘till we work it out
Can we just work it out?
Scream and shout ‘till we work it out?
‘Till we work it out, ‘till we work it out
‘Till we work it out, ‘till we work it out

Afterlife, I think I saw what happens next
It was just a glimpse of you, like looking through a window
Or a shallow sea
Could you see me?
And after all this time
It’s like nothing else we used to know
After all the hangers-on are done hanging on to the dead lights
Of the afterglow

I’ve gotta know

Can we work it out?
Let’s scream and shout ‘till we work it out
Can we just work it out?
Scream and shout ‘till we work it out?

But you say
Oh
When love is gone
Where does it go?
And you say
Oh
When love is gone
Where does it go?
And where do we go?
Where do we go?
Where do we go?
Where do we go?

And after this
Can it last another night?
After all the bad advice
Had nothing at all to do with life

I’ve gotta know

Can we work it out?
Scream and shout ‘till we work it out?
Can we just work it out?
Scream and shout ‘till we work it out?

But you say
Oh
When love is gone
Where does it go?
And you say
Oh
When love is gone
Where does it go?
Oh
When love is gone
Where did it go?
And where do we go?

It’s just an afterlife
It’s just an afterlife
It’s just an afterlife with you
It’s just an afterlife

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8 risposte a “in-side stories #21 – Tutti morti”

    • Ciao Anna Maria, grazie ma l’idea è presa sul serio, la serietà che ho immaginato io andava raccontata così, secondo me. Io li ho immaginati che parlassero in quella maniera. GRazie

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  1. sono d’accordo con Anna Maria Carpi. faccio molta difficoltà a leggere una certa letteratura americana proprio per i cazzoquacazzolà. sono davvero necessari? e poi, parliamo davvero così?
    l’idea rimane bella.
    baci M

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    • io non so come parliamo ma volevo che parlassero così. Ho sentito più spesso “cassoquaeccasolà” a venezia che in qualsiasi altra parte del mondo

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