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Gli anni meravigliosi #18: Oskar Pastior

La rubrica prende il nome da un testo del 1976 di Reiner Kunze, Die wunderbaren Jahre, Gli anni meravigliosi. Si trattava di prose agili e pungenti, istantanee veritiere – e per questo tanto più temute – su diversi aspetti della vita quotidiana dei giovani nella DDR degli anni Settanta. Come ricorda Paola Quadrelli nel bel volume «Il partito è il nostro sole». La scuola socialista nella letteratura delle DDRfu Heinrich Böll, lo scrittore tedesco federale più attento ai temi della dissidenza est-europea, a definire queste brevi prose, recensendo il volume di Kunze su «Die Zeit», «medaglioni sbalzati dalla realtà della DDR».
Molta letteratura degli anni Settanta – in parte e per alcuni aspetti molto significativi oggi ingiustamente dimenticata, non soltanto per la DDR − possiede le caratteristiche della raccolta di prose di Reiner Kunze, Gli anni meravigliosi: agile, puntuale e pungente, non si sottrae mai al dialogo serrato con la realtà, il contesto storico, la quotidianità anche ‘spicciola’.

Pastior_copertinaLa diciottesima tappa della rubrica “Gli anni meravigliosi” si sofferma su una poesia di Oskar Pastior, che il pubblico dell’emittente tedesca NDR 3 ebbe modo di ascoltare nel corso di una trasmissione il 13 dicembre 1972. Qualsiasi testo di Oskar Pastior, appartenente alla comunità di lingua tedesca in Romania, è una sfida per chi voglia affrontarne la resa in un’altra lingua. In special modo rispolverature conferma la veridicità di questa affermazione. L’allusione alla consuetudine, farsa quotidiana delle ‘rispolverature’ ha un crescendo che culmina nel riferimento al misticismo di Jakob Böhme (1575-1624), “Philosophus teutonicus” ricorrente nelle operazioni di recupero (alla moda?).

 

IN SPECIAL MODO RISPOLVERATURE sarebbero da fare
giornalmente pare che se ne sia entusiasti esse
avrebbero un che di tanto generoso in sé
soprattutto le stagioni in tutte le
misure si vorrebbero in sé considerare esse
portano il futuro in casa e cuore
e soltanto lo sgombero quotidiano preserva ciò che
altrimenti cadrebbe a pezzi la si farebbe magnanimamente
finita si prenderebbe nota del grido di raccolta
ci si vorrebbe vedere per tempo si ri-
correrebbe a jakob e  ci si illuderebbe
di rispolverature di böhme in aree industriali di vaste pro-
porzioni

BESONDERS ENTSTAUBUNGEN seien täglich
vorzunehmen man sei davon angetan sie
hätten etwas so großmütiges an sich
vornehmlich die jahreszeiten in allen
größen wolle man an sich beachten sie
bringen die zukunft in herz und heim
und nur tägliche räumung erhält was
sonst zerfiele man tue sich großmütig
etwas an man merke den sammelruf vor
man wolle sich sehen beizeiten man neh-
me jakob in anspruch und mache sich
böhmes entstaubungen industrieller groß-
flächen vor

Oskar Pastior (da: »… sage, du habest es rauschen gehört«. Werkausgabe Band 1, Hanser, München-Wien 2006, 353)
(traduzione di Anna Maria Curci)

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Oskar Pastior nacque a Sibiu (il nome tedesco della città è Hermannstadt) il 20 ottobre 1927. Appartenente alla comunità di lingua tedesca in Romania, Pastior frequentò nella città natale, dal 1938 al 1944, la scuola secondaria, sempre nella lingua tedesca, la lingua che si parlava in famiglia, la lingua dei libri che leggeva. Nel 1945, proprio perché appartenente alla comunità di lingua tedesca,  fu deportato nei campi di lavoro forzato dell’Ucraina, dove rimase internato fino al 1949.  Al ritorno nella città natale, iniziò dapprima a lavorare e solo nel 1953 poté conseguire la maturità; nel 1955 intraprese il corso di studi in  lingua e letteratura tedesca presso l’università di Bucarest. Dopo la laurea, conseguita nel 1960, lavorò per otto anni a Bucarest come redattore di un programma radiofonico in lingua tedesca. Nel 1968, durante un soggiorno per motivi di studio nella Repubblica Federale Tedesca, decise di non ritornare in Romania.  Dopo un breve periodo a Monaco di Baviera, si trasferì a Berlino.  Dal 1969 alla morte, avvenuta il 4 ottobre 2006, Pastior ha svolto esclusivamente l’attività di scrittore. Come Georges Perec e Italo Calvino, anche Oskar Pastior ha fatto parte dell’OuLiPo, Ouvroir de Littérature Potentielle, fondato nel 1960 da Raymond Queneau e François Le Lionnais. Tra i premi letterari dei quali fu insignito figurano i seguenti: 1965, in Romania, Premio per la Nuova Letteratura di Romania, nel 1969 Premio Andreas Gryphius,  nel 2006, postumo, il Premio Büchner. Nel 1981 Pastior soggiornò a Roma, all’Accademia Tedesca di Villa Massimo, in qualità di vincitore di quella borsa di studio che viene annualmente assegnata ai migliori giovani artisti della Repubblica Federale Tedesca. Nella poesia lirica sperimentale così come nella prosa, argomento centrale della scrittura di Pastior è il rapporto con lingua e linguaggio.  Una lingua ‘liberata’ dalla camicia di forza della costruzione logica è in grado di creare nuovi mondi di esperienza e di conoscenza: questo vuole dimostrare la sua ricchissima produzione lirica. Alcuni titoli: Fludribusch im Pflanzenheim (1960), Vom Sichersten ins Tausendste (1969), Gedichtgedichte (1973), Höricht (1975), An die Neue Aubergine. Zeichen und Plunder (1976), Ingwer und Jedoch (1985). Anagrammgedichte (1985), Modeheft (1987), Kopfnuß Januskopf (1990), Vokalisen & Gimpelstifte (1992), Das Unding an sich (1994), Eine kleine Kunstmaschine (1994), Das Hören des Genitivs (1997), Villanella & Pantum (2000). La casa editrice Hanser ha pubblicato dal 2003 al 2008 l’edizione completa delle sue opere in quattro volumi. Fu Herta Müller (premio Nobel per la letteratura nel 2009) a raccogliere le testimonianze di Pastior sulla deportazione della minoranza tedesca romena nei campi di lavoro forzato dell’Ucraina.  Il romanzo Atemschaukel, Altalena del respiro, era stato progettato come un’opera a quattro mani, che Herta Müller decise di proseguire e concludere da sola dopo la morte di Pastior.

© Anna Maria Curci

11 risposte a “Gli anni meravigliosi #18: Oskar Pastior”

  1. mi ripeto: non conoscere questi autori, non aver letto queste poesie, è come aver perso qualcosa di molto importante. Recuperare è il minimo che si possa fare.

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  2. ogni tappa di questo viaggio è un tassello nuovo a un immenso mosaico di voci da me poco frequentate o del tutto sconosciute. grazie Anna Maria

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  3. “Oh wie jung macht das Erkennen”: quanto giovani rende il conoscere, scriveva Pastior negli anni Sessanta in Romania. Questo verso dalla poesia “Zärtlich” è insieme filo conduttore di letture e versioni e riconoscenza per voi che questo filo state seguendo, insieme.

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  4. Montieri ha ragione, ma credo che se si dovesse leggere
    tutto ciò che viene scritto nel mondo…..Beh, bisognerebbe
    vivere qualche centinaio di anni, non vi pare ??

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  5. Anche di più, gentile Umberto, anche di più! Forse anche questo desiderio – o constatazione di necessità – è un felice effetto collaterale del contagio ‘virtuoso’ della lettura. Grazie!

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