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Paolo Triulzi, Il televisore di Orwell e il telecomando di Huxley (Le liane #1)

dettaglio di affiche n. 76 di Elisa Blanc Bernard
dettaglio di affiche n. 76 di Elisa Blanc Bernard

Il televisore di Orwell e il telecomando di Huxley

di Paolo Triulzi

Da anni mi diverto, per modo di dire, cercando nel nostro presente quali aspetti dei futuri distopici descritti da Orwell e Huxley sembrano essersi avverati. In particolare torno spesso sulle riflessioni circa la televisione. Più o meno ogni mattina mentre aspetto il treno che mi porta a lavorare e vedo la piccola stazione di provincia dalla quale parto corredata di un cospicuo numero di schermi grandi e piatti che trasmettono a ciclo continuo.
George Orwell, nel capitolo iniziale di 1984, fornisce una descrizione del “teleschermo”. Largo e piatto, appeso al muro – e già troviamo l’estetica odierna dell’oggetto perfettamente preconizzata. La differenza tecnica principale con i nostri è quella che il “teleschermo” di 1984 funziona anche da ricevente, da occhio acceso dentro ogni casa. Non si viene guardati costantemente, dice Winston, che è l’unica voce di cui il lettore dispone dentro il romanzo, ma in linea teorica ne esiste la possibilità. I governati sono portati a crederlo, in ogni caso, e sono suggestionati  da un’idea di controllo costante che fa della televisione un vero e proprio strumento di governo.
Non si può negare che anche nel nostro mondo i poteri suggestivi della televisione siano molto ampi. Questa infatti svolge una funzione determinata nei meccanismi che portano alla formazione e al consolidamento del potere politico e – tolta naturalmente la funzione del controllo – si può assimilare effettivamente a uno strumento di governo. Basti considerare il ruolo che l’opinione pubblica e l’informazione dovrebbero svolgere nel funzionamento delle teorie democratiche. Basta osservare le infinite discussioni politiche per la regolamentazione degli spazi televisivi concessi ai candidati in campagna elettorale.
La suggestione dei governati è molto importante anche ne Il mondo nuovo di Aldous Huxley. Ma qui la televisione non “guarda” gli spettatori – tecnicamente nemmeno esiste – ma li stimola, li rapisce, li intrattiene completamente. Ne Il mondo nuovo non si parla mai di televisori ma esistono invece macchine che profumano l’aria, apparecchi da musica che inducono gli stati d’animo, cinema odoroso e tattile che fornisce un’esperienza “completa” del film che si sta guardando. Come dice lo stesso Huxley in uno dei saggi che compongono Ritorno al mondo nuovo: in 1984 il potere è mantenuto dal controllo e dalla minaccia, mentre ne Il mondo nuovo dal piacere.
Anche in questo caso il paragone con il presente risulta possibile. Guardiamo ad esempio l’evoluzione che l’intrattenimento ha subito nell’ultima decina di anni. Superato il mero rapporto di maggiorità che la televisione instaurava con lo spettatore, stiamo ora in una dimensione improntata all’interattività in cui è l’utente stesso a scegliere i contenuti da fruire in un panorama vasto e che ne offre per ogni gusto, coinvolto in una vera e propria liason con i propri fornitori di intrattenimento. I contenuti sono, ovviamente, prodotti a monte di una catena di interessi e dunque “orientati”, dall’altra parte il consumo degli stessi è spontaneo, standardizzato, continuo.
Entrambi scrittori di “romanzi di idee”, di testi a tesi, Orwell e Huxley partono però da presupposti completamente diversi, che sono forse specchio di opposti modi di vedersi e viversi nel mondo. Orwell è fortemente coinvolto, è appassionato: ritiene di dover combattere contro qualcosa. Huxley è distaccato: prende l’uomo, guarda le “forze impersonali” alle quali è sottoposto, e cerca delle leggi generali.

1984 è stato pubblicato nel 1948, scritto, pare, nei due anni precedenti. L’Europa aveva conosciuto l’avvento dei regimi totalitari e assistito alla configurazione stalinista del potere sovietico. Si minava, da una parte, la fede socialista che aveva animato gran parte degli intellettuali dell’epoca e si prefiguravano, dall’altra, gli effetti della divisione del mondo nei due blocchi della guerra fredda. Orwell, scrittore quintessenzialmente politico, giornalista da sempre sul fronte delle tensioni sociali, delle lotte di classe come della guerra civile spagnola, restituiva una profezia di un mondo dominato da macropotenze perennemente in guerra fra loro e annichilenti rispetto alle coscienze individuali.
Il mondo nuovo, invece, è del 1932. Huxley, iniziato alle lettere a causa di un problema di salute che arrestò sul nascere i suoi studi in medicina, è forse portatore di uno sguardo meno ampio sul mondo esterno ma più concentrato sull’umano in quanto essere e i suoi meccanismi. Il sistema di governo ne Il mondo nuovo non è improntato su di un modello politico bensì produttivo: il fordismo. Huxley vede chiaramente un futuro pacificato, popolato da consumatori ideali, condizionati al conformismo e all’edonismo e infine soddisfatti in ogni bisogno dal potere che li governa. Il potere preserva l’ordine preservando i governati dalle proprie tensioni interiori, dalla consapevolezza di sé.
Per quanto i temi trattati ne Il mondo nuovo sembrino attualissimi e i principi della società lì descritta siano molto vicini a quelli che muovono le nostre “democrazie di mercato”, è a 1984 che penso ogni mattina, sulla banchina del treno. Anche se il sistema in cui viviamo preferisce blandirci con i condizionamenti piuttosto che irreggimentarci con le punizioni, e molti dei presupposti alla base della società di 1984 siano ormai Storia, troppe condizioni mancano ancora alla realizzazione del “mondo nuovo”.
Così, mentre dagli schermi della stazione la compagnia ferroviaria si premura di raccontarmi di tutti i nuovi chilometri di rotaia posati, delle riparazioni effettuate alle linee, delle nuove stazioni iper-tecnologiche costruite, e  il mio treno fa un ritardo di venti minuti come ogni giorno, penso che per il momento la televisione si deve ancora limitare a mentirci e ripeterci continuamente le sue verità nella speranza di penetrare quanti più cervelli possibile. Ma repetita juvant, lo dicevano i latini ed è la base di ogni catechismo e di ogni campagna elettorale.
Le tecniche utilizzate per il condizionamento degli infanti ne Il mondo nuovo saranno più o meno identiche a quelle che la televisione ha sviluppato nel suo percorso fino a oggi, a partire dalla propaganda mediatica dei regimi totalitari. Solo che l’applicazione sarà sistematica e preventiva. Per dirla con Huxley: è solo questione di organizzazione.
Un passo alla volta, quindi.

24 risposte a “Paolo Triulzi, Il televisore di Orwell e il telecomando di Huxley (Le liane #1)”

  1. Bravo Gianni! Chiara e lucida riflessione, però temo che nell’animo di ognuno di noi Il Mondo Nuovo sia già realtà quotidiana, conformismo, soppressione dell’identità, paura di desiderare, incapacità di amare, standardizzazione del pensiero e del linguaggio. Lo schermo del Grande Fratello ne è solo il riflesso amplificato e ideologicamente gestito. Ma spero di sbagliarmi. Complimenti a te. Alla prossima.

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  2. Io sono con Triulzi: è di Orwell la visione più aderente alla nostra contingenza, visione che non è riassumibile solo nell’occhio del grande fratello ( e comunque tramite cellulari e pc siamo tutti intercettabili, sempre). L’ideologia di Orwell, la sua militanza politica non sono difetti, anzi, ma la lente materialista attraverso cui leggere lucidamente le trasformazioni storiche che lui osservava. A meno che non si voglia credere che esista una visione neutra delle cose, non “contaminata” da alcuna ideologia o schieramento di parte, la cui demonizzazione è un processo inventato e condotto dal potere, anche attraverso la televisione, appunto. Huxley aveva una visone della realtà da buon borghese. Partiva dalla manipolazione genetica con metodi fordisti, anche quella un’intuizione. Orwell era un visionario ben radicato nel presente, del resto basti guardare la repressione violenta e brutale di cui sono oggetto oggi i movimenti popolari dal basso quando si oppongono alle logiche di potere. Il condizionamento mentale è uno step necessario, ma non sempre sufficiente. Esiste una lettera di Huxley a Orwell in cui il mittente, pur complimentandosi per l’opera dell’altro, sotto sotto tentava di dirgli che la propria immagine del futuro era meglio di quella del “collega”. :-D
    Scusate la lunghezza del commento.

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    • In Ritorno al mondo nuovo (1956 mi pare) Huxley con una serie di saggetti confronta le proprie previsioni del ’32 con il presente di allora. Più volte, in quella sede, tornano anche i paragoni fra Mondo nuovo e 1984 di Orwell. Secondo me a Huxley un po’ bruciava che tutto sommato 1984 fosse, e in seguito lo sarebbe stato ancora di più, stato fatto oggetto di attenzione maggiore. Ma non c’è niente da fare: come romanzo 1984 è però nettamente superiore. Opinione personale naturalmente.

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  3. Carissimo Triulzi: i miei complimenti, ho amato profondamente “il mondo nuovo”, letto per la prima volta appena ragazzina e da allora ho iniziato a pormi proprio questa domanda: “quanto di tutto questo diverrà realtà?”… nel suo pezzo ho trovato molte delle mie silenziose risposte. grazie

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  4. Grazie a tutti! Rileggendomi però noto di aver solo accennato a quella che mi sembra la più attuale fra le intuizioni di Huxley, cioè quella dell’auto-controllo che si realizza attraverso l’auto-intrattenimento. Tutti imbambolati davanti agli i-pod, gli i-pad, gli smart phone, gli abbonamenti ai canali tematici, i social network. Il problema non è la tecnologia, mi suggeriva un lettore, dato che la scienza non è né buona né cattiva, il problema è il supporto che questa tecnologia offre alle menti nell’evasione. Strumenti di distrazione di massa, mi piace chiamarli. Il meccanismo che li fa funzionare però è insito nell’essere umano, si assimila all’edonismo, ed è un po’ la base delle dipendenze: l’auto-somministrazione di uno stimolo piacevole (che rimette il guinzaglio che il tossico si allaccia da solo nelle mani del sistema che lo rifornisce). Ma qui il discorso si fa lungo e io mi ero proposto di limitarmi all’aspetto “televisione”. Spero comunque di aver suscitato la voglia di leggere o ri-leggere i romanzi in questione. Grazie di nuovo.

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          • Forse dovrei qui chiarire qual è il mio intento con le Liane. Cioè fare una serie di articoli nei quali si affianchino due autori attraverso l’esposizione di un qualche parallelismo esistente fra i due. L’articolo successivo però includerà uno dei due autori trattati nel precedente insieme a uno nuovo, che ricomparirà in quello successivo ancora. In questo modo si altalena da un articolo all’altro come Tarzan con le liane. Per il prossimo a dire il vero pensavo di tenere Orwell e abbinarlo a … (suspence).
            Ma qua mi si chiede ancora Huxley, vedremo di tornarci allora. Come si dice: nella jungla non sai mai che liana ti capita in mano.

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  5. beh, l’aspetto genetica e riproduzione di massa in vitro, con conseguente annullamento della parte umana-emotiva entro l’ingranaggio di una catena produttivo-razionale, oltre che selettiva, andrebbe in effetti altrettanto analizzata.
    aspettiamo la seconda parte, allora.

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    • L’aspetto è senza dubbio interessante. Non possedendo io alcuna nozione di genetica non vedo altra chiave di trattazione che non sia quella sentimentale e che porti a riflessioni sul mito dell’amore romantico (e già mi sovviene qualche brano dalla Metafisica dell’amore sessuale dello Schopenhauer), motivo che peraltro mi avvince. Acconsento volentieri alla promessa che mi chiede qua sopra e continuiamo pure con il Lei che fa tanto blasé. Anzi invito Montieri, d’ora in avanti, a darci del Lei pure noi.

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