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Aristotele e l’inconscio: il pensiero di Ignacio Matte Blanco

matte blanco.
La rappresentazione freudiana della psiche umana è fondata su una sorta di metafora archeologica, stratigrafica: in superficie troviamo la coscienza, al di sotto il pre-conscio, pronto a sua volta a farsi coscienza, e ancora più sotto, sepolto, l’inconscio. Una spazializzazione in profondità, che sfrutta un dominio semantico concreto per rappresentarne uno astratto : come fanno le metafore, appunto. Ignacio Matte Blanco, psicanalista cileno (Santiago del Cile, 1908- Roma, 1995), ha sviluppato il pensiero di Freud contestando questa topografia della psiche, e spostando l’attenzione da un problema di localizzazione ad un problema di qualità. La grande proposta di Matte Blanco è l’idea che il pensiero umano sia il risultato dell’interazione e della relazione tra due logiche : la logica simmetrica e la logica asimmetrica.

La prima vive la realtà come una Totalità omogenea e indivisibile, in cui governano il principio di generalizzazione (che tratta l’elemento singolo come se fosse la categoria) e il principio di simmetria (che produce la reversibilità delle relazioni : A>B è dunque al tempo stesso B>A). Al contrario, la logica asimmetrica, che corrisponde a quella classica e aristotelica, ci permette di distinguere e analizzare gli oggetti della nostra esperienza, vista come una successione discreta di elementi. Matte Blanco chiama bilogica la combinazione di queste due modalità di pensiero opposte e complementari. La ragione ha bisogno di relazioni asimmetriche, mentre la natura dell’emozione è simmetrica, ma c’è dell’emozione nella ragione, e della ragione nell’emozione : altrimenti detto, le due logiche coesistono in modo inseparabile. A livello cosciente, è l’asimmetria che prevale, e dunque la divisione del mondo, l’individualità dell’io, la legge di non contraddizione. Man mano che ci si avvicina all’inconscio, aumenta la simmetria e, con essa, la confusione degli elementi : il soggetto è identificato con l’oggetto, l’individuo con la categoria, la realtà eterogenea diventa uniforme.

La logica simmetrica è evidente nell’esperienza dell’amore, che comporta l’equivalenza assoluta degli amanti (« Senza te non esisto »), e l’estensione dell’altro fino a coprire l’insieme infinito della sua classe (« Per me sei tutte le donne/tutti gli uomini del mondo »). Un insieme è infinito quando contiene un numero infinito di elementi distinti : la simmetria inconscia produce l’identità degli elementi al suo interno, e la corrispondenza di ogni elemento con l’insieme (rimando al titolo più importante di Matte Blanco, L’inconscio come insiemi infiniti, Einaudi). L’oggetto d’amore assume dunque un valore illimitato, contro ogni obiettività : per questo Freud definirà l’esperienza amorosa come un delirio di breve durata ; in termini matteblanchiani, possiamo invece considerarla un predominio momentaneo della logica simmetrica.

Un’altra equivalenza sorprendente che si dà per via simmetrica è quella tra il pensiero e l’azione, alla base dell’attitudine primitiva e superstiziosa. L’idea fallace che i riti possano modificare il mondo dipende proprio da una confusione tra il soggetto e la realtà, che produce il pensiero magico (mentre la loro separazione è la condizione del sapere scientifico). Va messa in risalto la corrispondenza tra l’infanzia dell’umanità e l’infanzia degli individui : quando si è piccoli, ancora incapaci di agire concretamente sul mondo, la nostra vita psichica è dominata dall’illusione che le sole fantasie possano avere conseguenza fattuali (per scongiurare la morte dei genitori, i bambini improvvisano spesso filastrocche, conte, e altre pratiche del tutto simili a gesti apotropaici). Nell’età adulta impariamo che il pensiero non può avere agganci diretti con la realtà, ma si tratta di una conquista precaria, pronta a rovesciarsi : lo dimostra ad esempio la tendenza diffusa alla scaramanzia, che caratterizza anche persone di norma ragionevoli. Notiamo però che c’è sempre del metodo (cioè delle regole) in questa follia.

La grande originalità di Matte Blanco consiste insomma nell’aver definito come una logica « altra » quella parte della nostra vita interiore che viene di solito ritenuta irrazionale. Consideriamo una manifestazione psichica in cui la logica simmetrica ha piede libero : il sogno. Nel mondo onirico, una cosa può essere al tempo stesso un’altra, un persona può essere viva e morta senza nessuno scandalo, un luogo può rivelarsi familiare e sconosciuto pur restando lo stesso luogo. Al vaglio immediato della ragione, il sogno possiede la parvenza dell’assurdità, dell’incoerenza, perché troppo alta è la densità della simmetria al suo interno. Soltanto il diretto interessato, cioè il sognatore, sente che il sogno funziona, perché possiede nella propria emotività le connessioni messe in gioco (occorrerà il lavoro di interpretazione per renderle coscienti). La logica notturna, così diversa da quella diurna, risulta però caotica e inaccettabile per qualcuno che non sia il soggetto onirico : ecco perché un sogno raccontato non piace quasi mai.

Provo adesso a spiegare meglio i due principi che governano la logica simmetrica, cercando di distinguerli, per quanto lavorino spesso insieme. Il principio di generalizzazione è facilmente riscontrabile nell’esperienza quotidiana, ad esempio nei sentimenti razzisti, per i quali un individuo diventa l’intera etnia (come si vede, non siamo affatto lontani dalla dinamica dell’amore) : questo principio non va confuso con il metodo induttivo, che dal particolare risale a leggi generali su base scientifica, e non produce l’identità tra l’elemento e la classe. Il principio di simmetria spiega invece ottimamente l’assenza di temporalità che caratterizza l’inconscio, un’assenza che già Freud aveva evidenziato. La successione temporale presuppone infatti l’esistenza di momenti distinti : soltanto attraverso l’asimmetria possiamo pensare il Tempo nel senso fisico-matematico del termine, come una serie lineare di singoli eventi. Il principio di simmetria, invece, produce l’identità tra una relazione e il suo inverso, e tratta le relazioni asimmetriche in modo simmetrico : ogni momento accade insieme prima e dopo l’altro, il concetto di successione scompare. La struttura psichica profonda, dominata dalla simmetria, rimane dunque indifferente al Tempo.

Francesco Orlando si è interrogato sulle possibili applicazioni della teoria matteblanchiana alla critica letteraria, adoperando soprattutto il principio di generalizzazione. Le grandi opere letterarie mobilitano infatti grandi classi di significato, che non coincidono strettamente con la lettera: il dato empirico del testo ci rimanda sempre a categorie più ampie e universali, che continuano a risuonare attraverso i confini e le epoche. La gloria (più o meno) inalterabile del capolavoro non potrebbe spiegarsi se non considerando questo allargamento di senso, che riguarda al tempo stesso il libro e la sua ricezione. Nell’analisi del Gattopardo (vedi L’intimità e la storia, Einaudi), Orlando ci mostra come il grande romanzo di Lampedusa metta in scena qualcosa che oltrepassa la semplice realtà locale : la Sicilia del Principe di Salina, destinata ad essere irrimediabilmente modificata dall’unità nazionale, rappresenta la condizione di tutte quelle periferie del mondo che un centro propulsore si appresta ad investire della sua forza innovatrice. Il punto di vista è interno ad una classe morente, quella aristocratica, nel momento di passaggio verso la nuova società borghese ; una classe in progressiva e irrimediabile perdita di potere e di prestigio, e pur tuttavia ancorata a una propria identità fuori della storia. La perifericità è la grande classe logica che il Gattopardo esplora, una condizione universale e dunque comprensibile bel oltre il contesto regionale del romanzo. Quest’ultima constatazione va contro le varie etichette di sicilianità e sicilitudine, usate a sproposito come metro di valore, e diventate ormai ingombranti e stucchevoli.

Ritorno per concludere al pensiero vero e proprio di Matte Blanco, ribadendo che le due logiche vanno sempre immaginate in connessione : anche nel discorso più razionale e controllato possono darsi tracce di simmetria, così come nell’emotività più sfrenata sopravvive una qualche distinzione delle parti. Soltanto al livello più profondo dell’inconscio bisogna postulare un essere puramente simmetrico, lo stato originario dell’uomo prima di raggiungere la coscienza asimmetrica di sé. Non sarà sfuggito che il mio linguaggio è ricaduto spesso in quella metafora spaziale che avevo contestato all’inizio. Questa contraddizione dimostra in fondo l’importanza dell’asimmetria quando argomentiamo in modo lucido, la necessità irriducibile di analizzare e distinguere (divide et impera assume così un significato logico, oltre che militare…). Per parlare dell’inconscio, occorre essersi separati da esso. Così Aristotele continua a mettere ordine anche laddove in verità prevale un’altra logica.

@Andrea Accardi

12 risposte a “Aristotele e l’inconscio: il pensiero di Ignacio Matte Blanco”

  1. Quindi se rinveniamo in un romanzo, un classico, dei paradigmi “universali”, stiamo usando la logica simmetrica? la nostra parte irrazionale? Se è così, pensavo fosse il contrario, per la verità, e cioè che il frutto di una certa lettura di un testo, la scoperta della sua possibile estensione ad altri contesti molto più ampi, fosse conseguenza di intelligenza razionale, basata ovviamente su cultura e conoscenze pregresse … qualcosa di solido e consapevole, insomma. Credevo che l’emozione c’entrasse poco. Se nel nostro pensiero le due logiche agiscono in connessione, (che mi sembra – con tutto il rispetto che devo ad uno studioso che non conosco – la scoperta dell’acqua calda), perché, nell’esempio letterario di cui sto parlando, sembra prevalere la componente simmetrica?
    Non sono un cultore di Freud, che ho leggiucchiato qua e là, ma credo e spero che il padre della psicanalisi non si sia limitato alla metafora della localizzazione stratigrafica della psiche umana, ma ne abbia anche spiegato le differenti qualità. La metafora di Blanco – che sempre “spaziale” è in quanto geometrica – non mi pare abbia una valenza “contestatrice” nei confronti della tradizionale immagine freudiana, quanto piuttosto puntualizzatrice, usando altri termini.
    Il pezzo è impeccabile, Andrea, complimenti.

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  2. Bellissima lettura, che invita a esplorare quanto prima il libro.
    Due rapidissime riflessioni:
    Sarebbe interessante indagare lo stato di simmetria in una prospettiva antropologica relativamente al concetto di “trickster” e gli esseri indifferenziati e a metà strada tra l’animale (o addirittura l’inorganico) e l’uomo che mettono in discussione il principio di non contraddizione quando applicato alla vita sociale. Credo sia importante valutare questo anche per pervenire a una comprensione più profonda della situazione comica o del registro ironico, che mette in scena (per comunicazione o esperienza) lo scarto tra simmetria e asimmetria.
    Poi penso all’Iconostasi di Florenskj. Alla parte introduttiva, sul sogno e la reversibilità temporale della condizione onirica. Ma siamo già con un passo troppo oltre, nello Spirito.

    Grazie!

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  3. Complimenti ancora. Magari tutte le presentazioni di libri del genere fossero offerte con la stessa tua grazia.
    D.

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  4. Quando una recensione ti convince della necessità, oltre che del piacere, di acquistare un libro, significa che è un’ottima recensione. Complimenti all’autore.

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  5. Bellissima recensione, di una chiarezza rara e felice. Che delizia.
    Quanto ai contenuti – più che interessanti, per me completamente rivelatori: mi sembra non possa esserci strada migliore per affrontare psicanaliticamente il concetto di “mito”. Puoi dirmi se Orlando, applicando la teoria alla critica letteraria, ha toccato anche questo tema? (No, aspetta, non dirmelo. Voglio andare a scoprirlo da sola.)
    Grazie del bellissimo stimolo e complimenti!

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  6. Ringrazio Andrea Accardi per una disamina così concentrata ed interessante di un argomento che mi sta a cuore da molto, cioè l’intersezione tra i piani razionale ed irrazionale in figure che sovvertono il principio di individuazione come il Puer Aeternus che tocca e imbastisce cuciture insolubili tra dimensioni e regni (animali, vegetali, minerali) perfettamente opposti e quindi prospetticamente simmetrici. Le letture di Levy-Bruhl, Kerenyi e Eliade mi hanno entusiasmato, come penso ogni essere umano si entusiasmerebbe intravedendo una possibilità di ibridazione magica tra le cose, oppure al minimo sospetto di uno squagliamento della unidirezionalità temporale. Ma tutto questo concerne l’ambito emozionale, e forse è proprio la poesia, che leggo e scrivo, che mi fa propendere per questo abbaglio della ragione in cui ci si può permettere di far esplodere la necessità della discrezione e sperare in mondi che si concentrano e fondono.
    Grazie per l’opportunità della riflessione e per i consigli di lettura, graditissimi.

    mdp

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  7. Caro Andrea, innanzitutto vorrei complimentarmi con te per l’articolo, che con straordinaria chiarezza logica (tendenzialmente aristotelica) e spigliatezza affronta un tema così profondo e delicato come quello della logica dell’inconscio. Quindi, vorrei porti un paio di domande in merito all’argomento; un argomento che, come ben sai, ho molto a cuore.
    In primo luogo, tu affermi che Matte Blanco avrebbe “sviluppato il pensiero di Freud contestando questa topografia [la metafora archeologica] della psiche” e quindi spostato “l’attenzione da un problema di localizzazione ad un problema di qualità”. Sebbene mi trovi perfettamente d’accordo con il secondo periodo che ho citato, poiché effettivamente il discorso di Matte Blanco muove proprio da un’indagine tesa a rimarcare che il conscio e l’inconscio sono dei modi, delle qualità dell’essere psichico (qualità che, nel corso dell’opera, saranno poi studiate in un’ottica anche quantitativa), non potrei dire la stessa cosa per il primo periodo. Non credo che Matte Blanco propriamente ‘contesti’ la concezione stratigrafica dell’inconscio. O meglio: credo che per lui una simile concezione venga semplicemente posta in secondo piano rispetto a quella logica (la formulazione dei due princìpi) e geometrica (l’ipotesi multidimensionale, che in forma embrionale si trova già nelle pagine freudiane degli “Studi sull’isteria”). Come spiegare altrimenti il fatto che un archeologo come Carandini potesse trovare una quache affinità tra le sue ricerche e quelle di Matte Blanco?
    In secondo luogo, ma – lo specifico – è questo il punto che più mi sta a cuore, tu sostieni che “questo principio [= il principio di generalizzazione] non va confuso con il metodo induttivo, che dal particolare risale a leggi generali su base scientifica”. Ecco, credo che qui tu commetta un errore d’interpretazione del testo matteblanchiano; un errore che, va detto, ho inizialmente commesso anch’io come buona parte degli interpreti di Matte Blanco (fatta eccezione per Bria, che – perdona la rima – mi ha messo sulla retta via). Il principio di generalizzazione non è identificabile con il principio scientifico dell’induzione, è vero; e tuttavia coincide con un principio che con il ragionamento scientifico ha molto da spartire: l’astrazione. Come spiegare altrimenti il fatto che esso, in un testo inedito posteriore a “L’inconscio come insiemi infiniti” (“Bi-logical psychoanalytical technique. Proposal”, letto in occasione del congresso internazionale dell’IPA nel 1989), venga anche chiamato “principio di astrazione e generalizzazione”? E inoltre, se così non stessero le cose, come mai nello stesso “L’inconscio come insiemi infiniti” Matte Blanco terrebbe così tanto a distinguere una generalizzazione regolare da una generalizzazione arbitraria, una generalizzazione semplice da una generalizzazione simmetrizzata? L’esempio che fai dei “sentimenti razzisti”, mi sembra, andrebbe allora chiarito non mediante il principio di generalizzazione bensì principalmente mediante quello di simmetria. Nel razzismo, del resto, succede proprio ciò che non dovrebbe succedere nella generalizzazione regolare: l’individuo e la classe tendono a confondersi! Un esempio di generalizzazione regolare, frutto del primo principio soltanto, sarebbe invece la definizione dell’uomo come animale mammifero.
    Ci tengo a specificare, nel concludere questo intervento, che anche qualora questi miei dubbi fossero fondati le mancanze riscontrabili nell’articolo sarebbero ben poca cosa rispetto alle ‘presenze’, e cioè alla tua – come ho già detto e mi preme ribadire – lucida e spigliata disamina della teoria matteblanchiana.

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  8. Grazie a tutti per l’entusiasmo e i complimenti, e scusate il ritardo. Provo a rispondere quando posso, per alcuni riferimenti mi mancano i presupposti, vi credo sulla parola :).
    Edoardo e Gino, tutti e due contestate il termine “contestare” che uso all’inizio. Si tratta naturalmente di una “contestazione ortodossa”, che avviene comunque nel campo freudiano. La psiche di Freud è più problematica di una rigida stratigrafia, non c’è dubbio, un qualche continuum si dà sempre, ma prevale in ogni caso (almeno prima del Freud di Al di là del principio di piacere) l’idea positivista di un Io come principio equilibratore, che cerca di ridurre a sé l’Es: gli “strati” rappresentano proprio questo divario qualitativo irriducibile. Qui mi sembra che il discorso di Matte Blanco cambi un po’ la prospettiva, se l’Es diventa nella sua formulazione una “logica altra”, di cui bisogna riconoscere il potenziale creativo anche all’interno della nostra vita cosciente. No, Gino, il salto evocativo che ci capita leggendo i capolavori non è funzione della razionalità, e te ne do una prova banale: la critica letteraria spesso sopravvaluta il particolare (così il Gattopardo diventa un “romanzo siciliano”) proprio per un eccesso di asimmetria; grazie al principio di generalizzazione possiamo godere davvero e pienamente dei capolavori, perché cogliamo l’universalità delle classi logiche.
    Non si tratta dell’universalità scientifica delle tassonomie, e tuttavia è una simmetria che non confligge con la razionalità, ma si coniuga con essa. Si può dare naturalmente una cattiva generalizzazione, che non produce aumento di conoscenza, ma il contrario: certi effetti di comicità, come dice Domenico, possono dipendere proprio da infrazioni della logica asimmetrica. Accetto la tua complicazione, Edoardo: nel razzismo, assistiamo in effetti a un falso sillogismo per effetto del principio di simmetria (Yussouf è musulmano; I terroristi sono musulmani, che diventa per inversione simmetrica “I musulmani sono terroristi”; Yussouf è terrorista); mi sembra però che i due principi della logica simmetrica agiscano qui in connessione. Domenico, gli “esseri a metà tra gli animali e l’uomo” si fondano certamente su una logica magica e simmetrica, di cui ci accorgiamo sempre di meno: direi che queste figure stanno all’immaginario come le metafore normalizzate (“letto di fiume”, “collo di bottiglia”, etc.) stanno al linguaggio. Gino, e finisco, che le due logiche collaborino è una banalità spesso dimenticata, e tanto l’irrazionalità viene stigmatizzata, quanto la razionalità sclerotizzata: i sentimenti stessi si perdono se l’asimmetria è troppa, ma diventano follia se totale è la simmetria. In questo senso, credo che non la scopriremo mai abbastanza, l’acqua calda.

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