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Gianni Montieri – Due (nuove) di domenica

Al d’Orsay

In venti, in trenta, accalcati
davanti a un Van Gogh, uno a caso,
ignorando i tre Gauguin alle spalle
o i Bonnard della stanza accanto,
con i loro zaini, le borse con gli acquisti
ore in coda sotto l’acqua per vedere
niente. Cosa verranno a fare e noi
cosa speravamo? Di poter stare
dieci minuti di fronte a un Renoir?
E poi lo so: fotografarti mentre ritrai
la donna senza braccia di Rodin
sentire che tra poco andremo via
a Saint Germain, a sud verso Montparnasse
ma non importerà, a Parigi non importa
e piove, per fortuna, un’altra volta.

*****

Sotto Ponte nuovo

C’è un castoro sulla Martesana, una scritta
“basta sgomberi” sul muro fuori da Mtv
falci e martelli che nemmeno a Sesto
una linea ideale di cucine illuminate

più di quest’acqua che da dove viene
e dopo il Viale, dopo Greco dove andrà
oppure io e il cane che non sappiamo
come prenderci, come rincorrerci

confonde Milano, pare la felicità
questa cosa che viene lentamente
insieme a un tizio in bicicletta
al fiume appena scuro, all’umidità.

***********

(c) Gianni Montieri – inediti 2012

34 risposte a “Gianni Montieri – Due (nuove) di domenica”

  1. La forte connotazione urbana ( urbale direi) mi rimanda alle case della vetra, o per altro aspetto al corso buenos aires di cucchi e ancora più in generale al forte rapporto che lega i poeti milanesi di nascita o di adozione a questa città, alle sue vie alberate e spoglie ( i cui toponimi vi ricadono in elenco puntuale come scorrendo lungo uno stradario) ai suoi spazi aperti ed alle sue ramificazioni periferiche, conosciute o meno. Sono un bel duo da leggere queste tue poesie Gianni, ma credo che alla Marchesana tu abbia visto una nutria :-)

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  2. Scusami, dimenticavo di aggiungere che l’ultima terzina è una meravigliosa evoluzione della chiusa di quasi un madrigale di quasimodo. Almeno io ho rivisto, leggendola, quell’uomo che avanzava con un fiore di geranio tra le mani, lontana ormai la guerra. Complimenti ancora

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  3. Gianluca, fermiamoci a Raboni con Gianni senza per forza voler inserire poeti che 1) poeti non sono, 2) con Montieri non c’entrano ;)

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  4. un rapido grazie a tutti e un sorriso a Gianluca che nei suoi commenti notturni è riuscito a cambiare Martesana in Marchesana :-)

    Fabio :-)))

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  5. sicuri che non sia Marchegiana?! :-)
    E dire che avevo basato tutto il ragionamento sui toponimi e la loro chirurgica presenza!
    Son cose anche queste.

    PS
    Fabio, il Montieri viaggia su per scale sue, questo sia chiaro.
    Ma il disperso e in genere l’opera su Glenn è una delle più degli ultimi trenta.

    E poi Quasimodo c’entra, sempre.

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  6. Non è una questione agiografica Fabio, semmai zoologica. Se davvero sui Navigli ci capitasse di vedere un castoro, allora avremmo fatto la seconda scoperta del secolo, dopo quella (ancora lontana dal realizzarsi) della lince appenninica che da qualche parte, nei più remoti anfratti dell’abruzzo e del meridione, decine di ricercatori vanno inseguendo.

    Come sempre però il punto non è questo.

    E non è nemmeno Mengaldo non c’azzecca niente, davvero. Basta leggerlo, il Disperso, per rendersi conto che svetta nella poesia degli ultimi trenta (quasi quaranta ormai) anni.

    E basta leggere questi versi tratti da ‘quasi un madrigale’:

    “Qui sull’argine del canale, i piedi
    in altalena, come di fanciulli,
    guardiamo l’acqua, i primi rami dentro
    il suo colore verde che s’oscura.
    E l’uomo che in silenzio s’avvicina
    non nasconde un coltello fra le mani,
    ma un fiore di geranio.”

    scritti anche questi lungo i navigli per capire che un parallelo con Quasimodo ci può stare:

    più di quest’acqua che da dove viene
    e dopo il Viale, dopo Greco dove andrà
    oppure io e il cane che non sappiamo
    come prenderci, come rincorrerci

    confonde Milano, pare la felicità
    questa cosa che viene lentamente
    insieme a un tizio in bicicletta
    al fiume appena scuro, all’umidità.

    diversa è la condizione, la connotazione, identico è invece il meccanismo rivelatore della imprevedibile forma che può assumere ad un tratto la felicità.

    Smettiamola con lo snobbare Quasimodo. Questo sì che è un peccato critico, anche nelle sue derive peggio populistiche Q. resta una voce fondamentale del nostro dizionario poetico.

    Il vero punto di svolta è che a mio avviso Montieri non sta rifacendo il trucco a Raboni.
    In certi passaggi è vero che lo ricorda, ma Montieri ha un tratto ancora diverso, una strada sua, è un poeta geografico, un poeta del luogo inteso non soltanto come paesaggio sul cui sfondo corrono e narrano le cose, ma inteso anche come lente attraverso cui sbirciare tutti gli altri luoghi in questo ed in altro tempo. Le strade di Montieri, i viali, le scritte, sono non solo crocevia e tragitto, ma anche la fatica di chi le ha pensate e realizzate, l’arte di chi le ha scritte, il disincanto di chi le attraversa e le osserva; ma è anche tremendamente concreto.

    Montieri è il poeta con i piedi per terra, che rimane con i piedi per terra anche a diecimila chilometri di quota.

    Ed in questo, seppure non lo ammetterà mai, è più vicino a Erri De Luca che a Raboni.

    E tu non lo ammetterai mai, ma il buon De Luca è, per demerito di tutti gli altri, il miglior poeta che abbiamo in circolazione

    Perchè il compito del poeta in questo momento è dire, non arzigogolare.

    Con questa immensa provocazione chiudo e mi pregusto le eventuali repliche.
    Fine del delirio.

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    • grazie Gianluca, condivido la tua analisi sui luoghi. Diciamo che i “Luoghi” li uso perché lì avvengono le cose, e certe cose possono avvenire solo in certi luoghi, in certi momenti, eccetera. Così come è vero che un tratto di strada, un cortile a ventimila miglia da casa tua, ti faccia vedere tutto più chiaro di come tu non abbia mai visto.
      Non amo Quasimodo ma i versi che tu riporti sono, indubbiamente, belli. Amo Raboni. Di Erri de Luca ho molta stima e, spesso, mi è capitato di condividerne le opinioni.
      Soprattutto detesto i paragoni.

      Più che ricordarti qualcuno mi farebbe molto piacere che un mio testo ti facesse vedere qualcosa in più, ogni tanto mi pare di riuscirci.

      grazie

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  7. nemmeno Dante portando al guinzaglio la lince appennica sotto i portici modenesi mi convincerà che Quasimòdo è stato vagamente, a sua insaputa come Scajola, un poeta.
    e non si tratta di essere o non essere snob. si tratta di rivedere in ogni verso del siciliano la maestria di chi sa con quali mezzi si può costruire una poesia. ma mai una stilla di sentimento, di verità poetica, ho visto sgorgare e ridiscendere il testo. ho solo sentito il numero.
    il discorso sulla poesia di Gianni per fortuna è altro. Gianni non cela il suo amore per Raboni ma non ci si può e non ci si deve fermare a quest’aspetto che è solo di cornice (sostanziosa cornice).
    lo sguardo di Gianni è uno sguardo reale in grado di cogliere aspetti in precisi scatti fotografici che gli permettono di costruire una geografia del dire. questo accade alle voci sincere, ecco perché affiora anche un confronto con De Luca che però non sono in grado di analizzare perché non sono lettore attento di De Luca, e non so se lo sia Gianni.
    Gianni è urbano e calato in questa dimensione che gli appartiene perché in essa respira e si interroga (ne è prova il suo ultimo 1500, sul “bianchino”: solo chi sa osservare il quotidiano può andare oltre la quotidianità).
    in questo vedo Gianni Montieri e soltanto Gianni Montieri.

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  8. Tornerò poi con calma ma tenevo a dire che era veramente un facsimile di castoro o lontra o chi lo sa(l’alternativa di nutria gigante è poco credibile)

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  9. c’è una nuova musicalità in queste tue che rende le percezioni ancora più circolari, precise, nette, nonostante dentro questi versi e strofe ci siano molti mondi (e dunque diventa più difficile riuscire a conchiudere, insomma. Tu, comunque, ci riesci benissimo.).
    Mi sono davvero piaciute.

    anna

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    • grazie anna, mi fa molto piacere questo tuo commento. Mi hai fatto ripensare, tra le altre cose, a una mutazione del procedimento interno che ha riguardato questi due testi, nel senso che – solitamente – lavoro molto sulle poesie dopo averle scritte, mentre qui è come se ci avessi lavorato moltissimo prima di scriverle, come se quei “molti mondi” come dici tu, ad un certo punto si fossero già costituiti. Li ho soltanto ricopiati.

      Grazie

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  10. certo che sostenere che Quasimodo non è stato un poeta abbisogna di moltissimo coraggio.
    Le poesie del signor Montieri, anche se giudicarlo da due sole è sbagliato, sono interessanti; la prima, per i miei gusti, forse non merita molto, è alla fin fine un catalogo del museo con qualche bel sentimento nostalgico, ma Parigi, malinconica, ne esce ritratta bene; la seconda è molto buona, più ”vera”, più piena di immagini. fa venire in mente certi paesaggi che intravedevo quando ero studente a Milano

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