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quattro voci minori – stefania crozzoletti


introduzione | precauzione

«Ho fatto le presentazioni, adesso tocca a te», dice l’Intermediario.

«Ero una piccola aliena». Esita, ma continua a parlare, con un filo di voce. «Avevo il dono dell’invisibilità, o forse chi mi stava intorno aveva un difetto di vista. Nessuno notava la differenza tra il mio essere e non essere presente. Mi urlavano sopra. La testa era un campo di battaglia. Mi chiedevo: “Si è vivi in guerra, in pace si muore?”, ma il sonno esigeva domande aperte. Iniziai a soffiare gentile sui miei punti interrogativi: “Volete fermarvi per un tè, pensieri?”».

*

[Racconta, finalmente. Sono storie brevi, non c’è molto da dire. Le poche persone attente formano un cordone, un muro umano che protegge dal frastuono, filtra i rumori, li ingoia e li trattiene. Il pubblico chiassoso viene isolato, la confusione diventa brusio e il brusio volge in silenzio].

***

ignorando le pulsazioni della terra
gli scodinzolii del cielo
i battiti di ciglia, le strette di mano
teniamo care le nostre case scure

voce # 1 | la seconda scelta

Mettete in conto qualche brutto sogno. Fanno parte di ciò che siete. Provate ad accettarli. Lasciate che vi siano di insegnamento.
Tenete una torcia accanto al letto. Aiuta contro gli incubi.
(David Foster Wallace)

«Sono passati eoni, i capelli sono diventati bianchi e ancora non hai imparato nulla!».
La seconda scelta è sempre in agguato, con le sue mani rachitiche, le manie, le crisi di identità, i sensi di colpa e di inferiorità.
«Silenzio, rompiballe! Ascolta la voce che grida nel deserto!».
La seconda scelta soffre di disturbo bipolare. Oggi è euforica, si attacca ai particolari, nulla le sfugge. Grida, salta, alza il volume. Almeno per oggi non tenterà di attaccarsi alla corda. In ogni caso, la tengo sotto controllo, ormai ci ho fatto l’abitudine.
Ogni tanto capita. «Vado in bagno», invece va a morire. «Esco a prendere un po’ d’aria», e si butta nel fiume con una pietra al collo. Ditemi, mi posso fidare? Mi preoccupo, anche quando non dovrei. Sono bastati pochi episodi. Una frase, un gesto e l’antenna comincia a pulsare: allarme, allarme!
Ho sempre l’ansia addosso. Anche ora: è in bagno da venti minuti. Che faccio? Conto fino a tre, poi…
Uno, due… «Ehi, là fuori, è finita la carta igienica!». Sollievo, ma per poco. Mi preoccuperò per tutta la vita, e anche dopo.

***

compiendo diligenti gli esercizi
i salti in lungo e in largo
sommati a tutte le possibili maratone
le discussioni sul regno dell’abbondanza

voce # 2 e voce # 3 | punti di vista: lettere dalla roccia e dalla sabbia

Paese (suo) in pianura, dicembre 1960

Sorella cara,
ho lasciato la casa dei nostri genitori da quasi un anno, e la mancanza si fa ogni giorno più forte. Non era il nostro sogno? Un marito, un vestito bianco, un mazzo di fiori tra le mani. Beh, qui l’amore ha una faccia diversa: campi di granoturco, distese di tabacco, una casa da pulire, i suoceri e una gravidanza.
Ho diciannove anni, i luoghi della mia infanzia sono lontani e tra qualche mese sarò madre.
Lui dice “questa è la tua casa” e non vuole vedermi piangere. Qui non ci si può nascondere, non ci sono i nostri piccoli sentieri sotto gli alberi. La pianura, sai, è ferocemente aperta, sembra non avere segreti, non ha curve nè anfratti. Tutti vedono tutti. Dalla casa dove ora vivo non si vedono le estremità. Non ci sono confini, e io senza i miei confini mi sento persa.
Fingo di essere al tuo fianco, davanti al fuoco del camino.
Con amore,
P.

Paese (mio) in pianura, agosto 1961

Caro V.,
amico mio, ti scrivo per dirti che sono diventato padre. Mi sento grande e forte. È maschio, e questo, detto tra noi, mi rende doppiamente felice.
Il mio cuore è pieno di orgoglio e di gioia. P. ha sofferto tanto, il parto le ha tolto le forze, ma mia madre le sta accanto, si prende cura di lei.
Io lavoro molto, servono soldi. Da mesi, ormai, non vado al bar la sera, vedo poco gli amici del paese. Mi sono detto “è il tempo delle responsabilità, ho ventidue anni, sono padre!”. Mia moglie per ora non ne vuole sapere, ma io vorrei avere presto il secondo figlio.
Quando passi da queste parti, tra un concerto e l’altro, vienimi a trovare. Ti immagino mentre giri l’Italia con la chitarra, cantando le canzoni che fanno innamorare le ragazze. Confesso, ogni tanto provo una certa invidia!
Un affettuoso saluto, il tuo amico
C.

P. e C.: «Non scriviamo, ci limitiamo ad attraversare la vita. Alla donna del futuro abbiamo delegato responsi e giudizi. Lei però ha deciso di prendere atto, di lasciar andare. Ha una guancia liscia e rosea, tutta da porgere. Con le parole riesce a cambiare le stagioni, le rivolta e le adatta. A noi, alle nostre preferenze, alle case nuove. È cresciuta, bene o male. È viva, in qualche modo. Resiste, è una roccia che si aggrappa alla sabbia».

***


viviamo come possiamo
stirandoci la schiena, sempre pronti
a correggere il tiro
a raddrizzarci e scorgere vie di fuga.

voce # 4 | un grandissimo nulla (Instant Karma)

Questa storia ha tante nascite
e una morte di troppo:
l’ultima, si sa, non è mai la benvenuta.

«Qui non succede mai niente». Non lo dice, ma lo pensa, mentre si soffia il naso. Ma io, che sono la nuda realtà e viaggio con questo pezzo di imbecille fin dall’inizio del tempo, vi dico che si sbaglia di grosso.
Dentro e fuori è tutto un movimento. Atomi ballerini si accoppiano e si lasciano, fiumi e umori scorrono pieni di vita. Dirò di più, a volte questo sprovveduto in giacca e cravatta tende ad esagerare con gli umori!
Fuori: piante, foglie, fiori, animali, donne e uomini, vecchi e bambini, un eterno ciclo di nascite. Il bosco si muove, il mare si prende metri di costa, la terra trema.
«Non MI succede mai niente!».
Dentro: ho già detto degli umori, spesso incontrollati e fastidiosi. E poi a questo inconsapevole, pigro essere umano crescono inevitabilmente capelli e peli, per non parlare delle unghie. Quando è nato pesava tre chili e seicento grammi, ora è un gigante che sfiora il quintale.
Le sue dita battono sulla tastiera, ma lui non se ne rende conto. Ogni giorno i piedi lo portano al lavoro. Ha avuto una donna, l’ha amata e l’ha lasciata. Ma per lui niente è accaduto e niente accade.
Ieri, mentre le lancette dell’orologio – guarda un po’! – facevano i soliti giri di giostra, s’è pure raffreddato. Vaga per casa con gli occhi rossi, il naso cola che è un piacere.
Milioni di cause operano nel cuore e ai margini del caos, guidate dal telecomando universale, generando milioni di effetti. Per questo scervellato è tutto un grandissimo nulla.

E in questo preciso momento, ecco, viene avvisato: pochi secondi alla fine. È interdetto dalla novità: che significa “fine”? Sorpreso e contrariato, urla “è una truffa!”. Ma io, che seguo questo povero stronzo da quando pesava solo tre chili e seicento grammi, vi posso dire che era tutto previsto, e che l’illusione degli umani è una gran brutta bestia, eterna e pericolosa.

***

finale | sollievo

[Conclude con calma. Si siede, intrecciando le mani sul grembo. È serena ora, il ritratto della pace. L’Intermediario la guarda e non dice niente. Lei vorrebbe ringraziarlo, ma non ci riesce. Teme di ferirlo: l’ha riconosciuto].

(stefania crozzoletti, inediti 2012)

18 risposte a “quattro voci minori – stefania crozzoletti”

  1. saltando sulle punte – di lance invisibili – che corrono lungo tutto il perimetro – si arriva al principio – a dove tutto inizia – a dove tutto finisce – un cerchio che costa la vita – e poi si ricomincia.

    in sintesi, una (nuova) fioritura!

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  2. Mi sono fatta cordone e parte di quel muro umano che protegge dal frastuono, filtra i rumori, li ingoia, li trattiene e finalmente ho letto. Letto e ricordato quel troppo del nostro giornaliero non pensare. Grazie.
    c.

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  3. credo sia la cosa più bella che stefania abbia mai scritto, merita un commento come si deve che non potrò fare prima di lunedì.
    Intanto, grazie

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  4. “Sono storie brevi, non c’è molto da dire. Le poche persone attente formano un cordone, un muro umano che protegge dal frastuono,”, è scritto: è vero, l’attenzione che suscitano queste storie brevi costruisce un muro umano protettivo; ma sono le quattro ‘voci minori’, con la forza sobria e scarna e diretta, ‘da giorni feriali’, della loro modulazione, a impegnare attenzione, a coinvolgere e ampliare la cerchia delle mura, baluardo al frastuono, gola che inghiotte, trattiene e rimugina il rumore.

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  5. uau! quella di stefania è una scrittura che tiene incollato l’occhio del lettore alla parola successiva.
    grazie!

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  6. “e io senza i miei confini mi sento persa”

    l’ho letto, l’ho stampato e lo tengo come altre cose tue. ha qualcosa che mi smuove dentro, un sussulto che non so spiegare, che pesca probabilmente nel mio inconscio ma quella cosa lì, dei confini, la sento proprio mia come se tu mi avessi letta…

    un caro abbraccio :-)

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  7. Tutto sembra essere già avvenuto, con puntigliosa precisione assistiamo ad un quadro completo degli eventi narrati, o forse dei non-eventi, così chiamati per il loro segno spesso negativo. La visione è poetica ed onirica, il racconto emerge perciò da un sostrato di sogni, memorie condivise, dialoghi che riportano desideri, a volte inespressi, ma testimoniati sempre con cura. C’è dunque sincerità e invenzione che coesistono per creare il senso di un’ urgenza del dire. La comunicazione si rivela molto importante, ben oltre la possibilità di cambiare il mondo (quale cambiamento d’elezione?). L’ aver stabilito un contatto, un ponte, riscatta l’esistenza sottraendola all’inevitabile delusione per le speranze, le attese in qualche modo non realizzatesi. Bella inoltre la confezione, la struttura testuale è fluida, leggibile, ma profonda nelle implicazioni, per questo motivo si rilegge con piacere consentendo di provare nuove emozioni e scoprire significati diversi ad ogni lettura. Marzia Alunni

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  8. Grazie Marzia! Mi tengo stretta questa tua lettura… sai “entrare” nel testo in profondità, con grande rispetto.
    Un abbraccio
    Stefania

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