Cristi polverizzati – Luigi Di Ruscio – ed. Le lettere, pp. 105-106 e 187 (post di Natàlia Castaldi)

Luigi Di Ruscio . Cristi Polverizzati

Luigi Di Ruscio (Fermo, 27 gennaio 1930 – Oslo, 23 febbraio 2011) – POETA

pag. 106-107

Questo sole del tardo crepuscolo rende gigantesche anche le ombre dei nani. Gigantesche rende le ombre dei nani anche il sole sorgente dal mare di primissimo mattino. E alla faccia di questo mare chiamerò l’ultimo mio figlio, Adrian, e a tutti i poeti che sono nati dalla parte opposta e vedono i tramonti nel mare e il sorgere tra le pietre appenniniche io do il culo (in maniera molto e largamente metaforica), e invece ai poeti che non vedono il sole tramontare e neppure sorgere, do il culo tre volte, tutte e tre le volte in maniera metaforica, perché veramente io non vorrei avere niente a che fare con le vostre merde. Di tutte le parti del discorso, amo i verbi, essendo io a volte anche verbalizzatore nelle riunioni di partito, nonostante gli scherzi sono ancora comunista e me ne vanto e la molla della rivoluzione bolscevica non si è allentata e scattava prima della rivoluzione bolscevica e scatterà anche dopo di noi. I giacobini della rivoluzione francese furono sconfitti e certi imbecilli potevano immaginare che era la rivoluzione a rimanere sconfitta, invece la rivoluzione continuerà a rivoluzionare imperterrita anche se spariscono tutti i comunisti. Questo lavoro poetico è lavoro altamente scientifico, scopriamo le nuove particelle che danno nuovo senso al mondo e se il linguaggio quotidiano è molto stanco e smorto specie in questi periodi cadaverici e reazionari io poeta accelero vertiginosamente tutto ponendo il verbo alle alte velocità e faccio un casino peggio del casino dell’acceleratore di Ginevra. Certamente questa mia ardua speculazione, questa mia accelerazione dei tempi verbali non sempre è accolta con entusiasmo, anzi tutto l’opposto, e vengo chiamato tellirante, pellicante o titrico, e anche matto gratitico.

pag. 187

Nella valigia ho tre libri: La grammatica di francese, che essendo caduta nel lago ha le pagine tutte asciutte ma raccartocciate, la Divina Commedia, che rileggo continuamente tanto da impararne sempre nuovi canti a memoria, ho anche la mia prima raccolta di poesie, che a volte cerco anche di rileggere. Pensavo anche che se la mia prima raccolta è una specie di inferno, ora dovrei scrivere un po’ di purgatorio. Dovrei scrivere di momenti ilari o purgatoriali, improvvise febbrili gioie. Comunque i poeti si sbagliano tutti. Quasimodo a Stoccolma ha visto cigni con topi annegati nel becco. Non puoi aver visto una stronzata simile perché i cigni sono vegetariani. Montale invece ha visto le anguille risalire le correnti per andare a fecondare nelle balze appenniniche. Mica è vero. Le anguille fecondano in pieno oceano. Sono i salmoni che risalgono le correnti per raggiungere non le balze appenniniche, caso mai i salmoni risalgono le balze nordiche. E’ difficile scrivere qui a Ginevra, non faccio che ripetermi: Come possiamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore? In questa terra molto aliena i canti del signore non sono possibili nonostante tutti gli sforzi che faccio e nonostante tutti i giorni cerchi qualche frase per riempire questi blocchetti che mi porto sempre appresso. Scrivo frasi che mi sembrano cazzate non solo dopo scritte ma anche mentre le scrivo.

6 risposte a “Cristi polverizzati – Luigi Di Ruscio – ed. Le lettere, pp. 105-106 e 187 (post di Natàlia Castaldi)”

  1. Il poeta Di Ruscio l’ho scoperto tardi ma ne è valsa la pena.
    Ed è la dimostrazione inoltre, che non è una laurea che fa
    grande un poeta, anzi. E’ come come un acuto non
    incorona un tenore, ci vuole ben altro!

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  2. la forza dirompente della scrittura di Luigi Di Ruscio non ha eguali, almeno che io ricordi. Grazie Natàlia per aver riproposto qui, alcuni passaggi dal suo capolavoro

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  3. Nella poesia di Montale potrebbero esserci altri refusi ornitologici: le coturnici del primo verso di ‘a mia madre’ potrebbero essere delle pernici rosse e il rondone salvato dagli artigli del gatto in realtà un balestruccio. Ci son forti dubbi sui tassi a cui il figlio del fattore tendeva agguati e perfino sulle piccole impronte a stella delle volpi in Valmorbia ( la volpe ha quattro dita, si pensa in realtà si tratti di un mustelide). Sul falco pescatore presente in Satura però non vi son dubbi, e se ha riconosciuto quello possiamo salvarlo dalla proscrizione. Con buona pace di di Di Ruscio che in questol brano compie una parabola bellissima: sa che i poeti scrivono caxxate e lui ne scrive ( e nell’ultimo rigolo afferma) perchè in quanto poeta non può sottrarsi dal dovere di scrivere,anche del niente, anche del nulla che suggerisce Ginevra.

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