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PORCI SENZA PERLE… – n° 2 (media et cordoglio: una riflessione)

Girovagando nella rete dopo la morte prematura di Steve Jobs, ho rilevato con un po’ di  sorpresa quanto rapidamente ed a macchia d’olio si sia diffuso il sentimento di cordoglio per questo tragico evento. Molti hanno espresso il proprio profondo rincrescimento quasi nei termini in cui ci si duole per la scomparsa di un vecchio amico che non si vedeva da tempo. Sulle prime ho ipotizzato si trattasse di sublimazione della gratitudine – che molti sembrano nutrire – per l’inventore di strumenti che hanno modificato radicalmente i nostri comportamenti. Si tratta non solo di sofisticati utensili per il lavoro, ma di vere e proprie protesi aggiuntive per comunicare, nuovi acceleratori e moltiplicatori delle relazioni umane. In questo preciso istante, probabilmente, devo qualcosa a colui – o a coloro – che mi consente di avere dei lettori fisicamente molto lontani da me. Personalmente non provo un particolare dispiacere per questa dipartita, sono altri i lutti che mi colpiscono. Eppure mentirei se mi proclamassi indifferente a questa notizia. Inutile girarci intorno: Jobs è un mito moderno, ed è questo che ha amplificato l’intensità dell’onda emotiva provocata dalla sua scomparsa. Un mito nato dal suo precocissimo talento, dalle sue idee talmente innovative da apparire geniali, dal suo ostentato anticonformismo, dal suo spirito di ribellione, genuino o costruito che fosse. Le parole di un suo toccante discorso agli studenti di Stanford rimarranno incise a lungo nella memoria di molti giovani (e meno giovani) che ancora sognano di farcela. Era certamente una persona di grande fantasia, perché le cose bisogna prima immaginarle. A quest’uomo non mancava nulla per essere, come era, innegabilmente affascinante. Il genio della porta accanto, potremmo dire. Tuttavia io non sono persuaso che la sua aura di “folle razionale” ed il suo acume ribelle fossero la spia di un reale anticonformismo o insofferenza verso l’ambito sociale e lavorativo che si era scelto per emergere. Non reputo il vero anticonformismo indirizzato verso la creazione di un colossale impero economico, anche se questo impero è il frutto di una straordinaria scintilla iniziale. Riflettendoci su, cosa distingue il ribelle, l’anticonformista, il “folle”, dalla piatta normalità di tutti gli altri? L’anticonformismo è essenzialmente rifiuto; ma se questo rifiuto è confinato nel mero rigetto dei rituali standardizzati dell’apparire, nell’esibizione del sembrare ordinari in consessi non ordinari, democratici pur appartenendo ad una elite, accessibili eppure intoccabili come ogni tycoon che si rispetti, allora, probabilmente, parliamo di superficie, di pura immagine. Il genio “folle”, se rifiuta la sostanza e non solo l’apparenza delle cose, pur avendo strumenti intellettuali superiori alla media, si ribella proprio ad un sistema che gli consente di arricchirsi smodatamente in una società caratterizzata da enormi disuguaglianze. Un anticonformista non persegue l’accumulazione di capitali, altrimenti a cosa non è “conforme”? All’indossare giacca e cravatta durante i consigli di amministrazione? ribellione è vestirsi – da ricco – come uno studente diciottenne e povero? A cosa si ribella uno che è diventato miliardario? Possono esistere enormi ricchezze ottenute senza la povertà di qualcun altro? proprio in questo sistema economico con tutte le sue atroci sperequazioni? Ciò che intendo è che il mito Jobs è un mito della società capitalista, ancora più subdolo perché il personaggio in questione si presentava come una persona normale, l’incarnazione del sogno americano a cui chiunque può accedere (a patto di avere capacità e volontà), perché la società capitalista un’opportunità la offre a tutti, non è vero? e se non ce la fai, vuol dire che non sei stato abbastanza intelligente o lungimirante, che non eri dotato di ferrea volontà, che non hai colto al volo l’occasione. Da ciò non discende direttamente che il vero ribelle è sempre uno sfigato malmesso. Ma, di certo, se non è un emarginato, almeno è un “non allineato”, e certamente, consentitemelo, non è nemmeno quotato in borsa. Tutti noi, volenti o nolenti, viviamo in questo tipo di contesto socioeconomico, sforzandoci di guadagnare abbastanza per vivere senza affanni, magari usufruendo di beni o servizi non indispensabili, diciamo pure di piccoli lussi superflui, a volte. Anche lo scrivente, per esser chiari. Ma entrare nel circuito economico e finanziario mondiale è altra storia: bisogna volerlo. Bisogna volerne accettare tutte le regole codificate così come quell’unica che si deve tacere: l’assoluta, criminale, effettiva mancanza di regole e di controllo, quella perversa libertà che costituisce l’unico modo per tenersi a galla nel  feroce e lontano mondo dell’alta finanza, quel mondo in cui bisogna “conformarsi” sul serio.

Credo che Jobs fosse una persona dal carattere solido e concreto (uno che ci ha indotto a “desiderare” cose che nemmeno sapevamo di volere), così come credo che il suo mito sia frutto di un’abile costruzione mediatica: un utilissimo apporto all’immagine della sua azienda ed un potente contributo al potere di persuasione dell’ideologia capitalista che – in mancanza di robusti anticorpi politici – attecchisce ovunque. Basta osservare uno dei suoi ultimi apprezzatissimi  filmati pubblicitari che attualmente impazza nel web, quello con frammenti di Ghandi, Luther King, ecc.. Quel filmato solletica mellifluo le aspirazioni e i miti proprio “del popolo della sinistra”, perché per vincere bisogna invadere il territorio del nemico. Ancora una volta “Lo strumento più potente nelle mani dell’oppressore è la mente dell’oppresso”. (Steve Biko, martire sudafricano).

Come “lucida follia ribelle”, preferisco la dolorosa parabola di Artaud. “E cosa c’entra Artaud con Jobs?” si potrebbe obiettare. Il nodo è proprio questo: nulla.

Dalla rete:

 1) Grazie a Jobs ma anche agli operai cinesi che producono, in condizioni “manchesteriane” (cioè da Inghilterra del primo Ottocento) per quanto riguarda salari, condizioni di lavoro, contesti abitativi e di vita, IPhone, IPad, MacAir progettati dal “grande” Steve. Speriamo che il nuovo CEO di Apple si ponga il problema di migliorare un po’ la loro situazione, perché risulta che Jobs non se ne desse pensiero.

2) Una famosa poesia di Brecht chiedeva chi costruì le piramidi. Bellissime le musiche di Verdi ma quanto erano sfruttati i suoi contadini? (…) Molti anni fa ho avuto la fortuna di ascoltare quel grande attore e provocatore di Carmelo Bene: nelle biografie non bisogna far cenno che a suon di sevizie mandava la sua donna in ospedale? Che storia è quella che parla solo dei grandi personaggi e cancella tutti gli altri e tutte le altre?

15 risposte a “PORCI SENZA PERLE… – n° 2 (media et cordoglio: una riflessione)”

  1. Tenchiù! :-D
    In una certa area culturale spesso Bill Gates viene visto come rappresentante dell’ortodossia telematica, “di destra”, Jobs come l’eretico dell’innovazione, “di sinistra”… (ho messo le virgolette). Credo sia sempre difficile rilevare che la medaglia è una, fatta dello stesso materiale, solo le facce sono incise in maniera diversa…

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  2. dovessimo ‘necrologizzare’ tutte le persone con un carattere saldo e concreto…e lo si dica pure, che una moltitudine muore di una vita senza medaglie o facce, nè visi che si ricordano ‘pietosamente’.
    eppure…eppure hanno vissuto e vivono ancora.
    nei flutti dispersi o nelle periferie del mondo.

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  3. potenza dei media, Apetta mia… il nostro cervellino aspetta solo di essere colonizzato, bisogna proteggerlo… ;-)

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  4. Ancora dalla rete:
    (…) un un paladino della globalizzazione e del costante e sistematico furto dell’immaginario, un miliardario ultracapitalista, uno sfruttatore di centinaia di migliaia di nuovi schiavi in tutto il mondo, bambini compresi, cosa che ha sempre rivendicato (ricordate la sua frase? “L’I-Phone costa così poco perchè lo produciamo in Sud-Est asiatico, e non in America”) Ecco cosa significava per lui quel “stay hungry, stay fool”. Questo era il “genio” (…)

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  5. ops…..ecco la citazione….

    Migliaia di utenti dopo la morte di Steve Jobs hanno messo come immagine del profilo la mela della Apple.
    Non oso immaginare cosa succederà quando morirà Rocco Siffred

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  6. (non entro volutamente nel tuo post, gino, per ora mi interessava sottolineare una semplicità di comunicazione e conseguentemente di pensiero che i social network sembrano attivare e stimolare, quasi un azzeramento intellettuale, una semplificazione emotiva, una regressione da stadio)

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  7. eheheh è uno dei rischi del social network: tutto è proporzionato alla velocità, alla sintesi, alla struttura preconfezionata di FB, per esempio. Forse non riflettiamo nemmeno a sufficienza su cosa è un sistema operativo come “windows” (che è l’unico che bazzico), sulle sue modalità, sulla sua struttura che ci plasma il cervello, sul modo di gestire informazioni che ci impone, una sorta di indirizzo al ragionamento anch’esso…
    Pensa a quanto quella mela sia entrata nel simbolico dell’immaginario collettivo, ha sostituito il personaggio… è stata riciclata come simbolo di lutto! dovrei stupirmi, eppure non ci riesco del tutto,..

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  8. Forse non era nemmeno un genio… contributi dalla rete:

    (…) a partire dall’analisi della genialità di Jobs: siamo proprio sicuri che ha rivoluzionato così tanto?
    il merito di Jobs è stato far diventare cool (per la massa) un sacco di cose tecnologiche (già esistenti) che altrimenti la gente comune non avrebbe mai scoperto, creando così tendenze nell’intero mercato e spostandolo di conseguenza (detto in breve e ultra-riassunto)
    poi gli standard chiusi, la censura dei contenuti, c’è veramente un mare di cose da dire!(…)

    principi su cui si basa un’azienda come Apple sono l’antitesi della libertà per gli utenti e per il software. Rappresentano fidelizzazione, creazione di bisogni e dipendenza, negazione dell’autonomia degli utenti, impedendo loro il controllo sul software e sull’hardware
    acquistato.

    Il “Think Different” non rende né diverso né tanto meno libero, fintanto che c’è qualcuno che dice precisamente cosa acquistare, e come comportarsi per essere “Different”.

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  9. Io ho continuato a leggere sull’argomento, Gianni, nemmeno io sono un profondo conoscitore di tecnologie hardware e software, ma mi sono convinto che anche il suo genio è frutto del marketing aziendale, culto della personalità, una cosa nemmeno originale ma che si vende benissimo in pubblicità… Per me Nicola Tesla era un genio, per dirne uno… il genio non è colui che dal nulla crea una corporation internazionale, ma questa è una mia personalissima idea… forse romantica, non saprei. Il genio apre nuove vie… non usa cose esistenti impiegando le sue superiori qualità intellettuali per indurre le persone a desiderarle… mah… comunque, siamo nell’opinabile più puro. La cosa certa è che era un “padrone” (si può dire oggi “padrone”?) con tutto ciò che questo comporta per chi era ed è costretto a lavorare per la sua azienda… (bambini compresi)

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  10. sì era un padrone, pure stronzo, molto stronzo secondo me, ma un genio. Se vuoi un genio che ha saputo perfettamente mettere insieme cose già esistenti, partendo da un box. La maggior parte della gente non è nemmeno capace di tirare fuori l’auto dal box :-)))

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