Primavera 2011: ricordi, riflessioni, rom

Il 2 dicembre 2001, su invito di Maria Olita,  insegnante di scuola elementare, impegnata da anni nell’Opera Nomadi, ho parlato a Cosenza dei Rom nella letteratura di lingua tedesca, all’interno di un corso di formazione in servizio sull’educazione interculturale da lei progettato. Ricordo che, mentre parlavo, avevo su di me lo sguardo serissimo di una ragazza poco più che ventenne. Sembrava soppesare ogni mia parola. Al termine del mio intervento, la ragazza si è avvicinata a me e mi ha chiesto dettagli bibliografici. Mi ha spiegato che, cresciuta in un campo nomadi a Cosenza, dopo aver frequentato la scuola dell’obbligo (Maria era stata sua insegnante) si era iscritta all’Università. Considerava quel corso come una tappa importante della sua formazione. Avevo appena affrontato un esame, mi accorsi a quel punto. Ecco, i fatti di cronaca della mia città natale, in questi giorni, chiedono a gran voce che “non ci tiriamo fuori”. Ripropongo qui il testo del mio intervento di allora. Credo che la conoscenza dell’altro sia una via privilegiata per il superamento delle paure, che le paure, a loro volta, siano generate in gran parte dall’ignoranza. Il contributo si trova anche in rete, insieme ad altre proposte formulate nella cornice del progetto ELiCa, per un canone letterario europeo. Può essere consultato anche qui.
Invito a dare un’occhiata anche alla bibliografia e consiglio la lettura  (o la rilettura) de Gli Zingari e il Rinascimento di Antonio Tabucchi.


ISABELLA, ELIZABETH E GLI ALTRI. I ROM NELLA LETTERATURA DI LINGUA TEDESCA 
di Anna Maria Curci

Wir sind keine Zigeuner im Zirkuswagen“, “non siamo zingari in un carrozzone da circo”, suole ripetere con tono di rimprovero la madre di Nelly, l’io narrante femminile in Trama d’infanzia (1976) di Christa Wolf. Il pregiudizio radicato della madre spinge la figlia a immaginarsi ‘diversa’, fuori dai binari dell’ordinata vita piccolo-borghese, proprio come è diverso e opposto alla tranquilla sedentarietà il termine di paragone negativo che le viene periodicamente proposto. Questa frase assumerà in seguito un valore (ironia del destino e della storia!) drammatico, poiché tutto il nucleo familiare di Nelly sarà costretto dagli eventi dell’immediato dopoguerra a una precaria e rischiosa vita da profughi.
La lunga storia dei Roma (in tedesco questo è il termine d’uso generale) nella letteratura di lingua tedesca è tutta riassunta in questa frase e nel significato che essa assume nel romanzo menzionato: è una storia fatta di attrazione e repulsione, di fascino e timore, di passione e orrore, di amore e diffidenza, con il senso spiccato della diversità a fungere da motivo conduttore.
Di questa lunga storia saranno narrati soltanto alcuni episodi, il viaggio avrà dunque tutti i prevedibili connotati di arbitrarietà nella scelta delle tappe, con escursioni in generi finora troppo trascurati dalla ricerca (la letteratura per ragazzi) e in letterature di altri paesi europei.
La prima tappa di questo itinerario ci vede nei Paesi Bassi nel 1500. La dieta di Augusta del 1498 ha sancito l’impunibilità di chiunque uccida uno zingaro, il quale è pertanto, secondo la definizione tedesca, “vogelfrei“. È questo lo scenario di Isabella d’Egitto. Il primo amore di gioventù di Carlo V (1812) di Achim von Arnim. Lo scrittore Arnim, uno dei maggiori esponenti del romanticismo di Heidelberg, è il coautore con il cognato Clemens Brentano della raccolta di poesie Il corno magico del fanciullo e come tale è conosciuto anche al pubblico italiano. Poco conosciuta è invece questa novella, la cui edizione italiana, curata magistralmente da Claudio Magris, è di difficile reperimento presso le librerie. Lo scrittore narra come Michele, padre di Isabella e re degli zingari, venga impiccato senza processo per una falsa accusa di furto. Isabella decide dopo la morte del padre di rilevare l’alta missione di questi, riportare il popolo in Egitto dal quale, secondo la leggenda cristiana, esso era stato cacciato per non aver offerto ospitalità e rifugio alla Sacra Famiglia in fuga dalla furia infanticida di Erode. Decisa nonostante la sua disarmante ingenuità, pura e come tale davvero ‘straniera’ in un mondo dominato dall’apparenza e dalla sete di potere, rinuncia a una dorata esistenza da favorita del futuro imperatore per seguire il suo sogno e la sua missione. Il lettore apprende al termine della novella che al figlio avuto da Carlo (Karl) ha imposto il nome Lrak: come dire che la possibilità per il popolo nomade di ritrovare la propria dimora si cela nell’antistoria.
Decisamente diversa, ma non meno affascinante è Elizabeth, senz’altro la figura più misteriosa (e per questo troppo a lungo trascurata dalla critica) e – nel contempo – l’elemento strutturale, come ha evidenziato brillantemente Marianne Behrendt, dell’opera Maler Nolten (“Il pittore Nolten”, 1832) di Eduard Mörike. Maler Nolten viene presentata come novella dallo stesso autore nella sua prima versione. Si svilupperà poi come vero e proprio romanzo di formazione, Bildungsroman, genere che caratterizza la letteratura di lingua tedesca e individua il suo prototipo moderno negli Anni di apprendistato di Wilhelm Meister di Goethe. Ebbene, Elizabeth pare proprio vendicare Mignon del Wilhelm Meister. La fanciulla del romanzo di Goethe, figura-simbolo dello straniero emarginato, fuori dai canoni della vita regolare, rimane, non ultimo per il suo drammatico destino, ai margini della vicenda ‘evolutiva’ del protagonista; Elizabeth è il destino del pittore Nolten. Le sue apparizioni nel testo sono poco numerose, ma tanto più funzionali, come si è già anticipato, alla struttura del romanzo. Al lettore viene svelata fin dall’inizio l’immagine di lei, se pur in maniera indiretta. Si tratta infatti del ritratto di lei in un quadro non a caso intitolato “La musica degli spettri”. Il lettore intuisce che la figura di questa nomade misteriosa è stata determinante nella vocazione artistica del protagonista (si pensi invece che Wilhelm Meister, pur affascinato dall’artista Mignon nonché dalla propria ‘vocazione teatrale’, rinuncia al sogno dell’artista per diventare più prosaicamente un chirurgo). Seguono una serie di flash-back ancora più illuminanti: il ricordo d’infanzia di Nolten, impressionato dalla vista di un ritratto di donna relegato in soffitta, il trauma del giovane, quando (nell’episodio inserito come una digressione “Un giorno della vita giovanile di Nolten”) si trova di fronte una creatura, della quale ode dapprima il meraviglioso e quasi innaturale canto, la quale mostra una straordinaria somiglianza con la donna del quadro in soffitta. Dal racconto del padre di Nolten il lettore apprende che Elizabeth è la figlia di Loskine (la donna del ritratto) e del fratello di lui. Rapita all’età di sette anni dalla tribù di Loskine, colpevole di essersi sottratta fuggendo con il suo amato alla vita nomade, Elizabeth è cresciuta con la gente di sua madre. Nolten la incontra mentre vaga disorientata (sapremo poi che Elizabeth mostra già segni di squilibrio mentale) alla ricerca della sua tribù, dalla quale si è imprudentemente allontanata. Elizabeth stringe con Nolten un patto di amore spirituale e lo considera così ‘suo’, da sconvolgere con le sue predizioni e i suoi discorsi anche la vita degli amori di lui, la fidanzata Agnes e l’amante Costanze. Elizabeth precederà di poco Nolten nell’aldilà: la sua ultima apparizione è nella visione che di lei ha il ragazzo cieco Henni.
Un altro personaggio che è destinato a portare una svolta nella vita monotona e provinciale (qui siamo nel Derbyshire) è lo zingaro de La vergine e lo zingaro (scritto in Italia nel gennaio 1926, pubblicato poco dopo la morte dell’autore nel 1930) di David Herbert Lawrence. In questo caso è la protagonista femminile, Yvette, a subire il fascino di Joe Boswell. Proprio il nome di colui che per tutta la novella viene chiamato lo zingaro è l’ultima informazione che il lettore riceve dal testo che significativamente si conclude con le parole: “Così ella venne a sapere che egli aveva un nome”. Ma le differenze tra Elizabeth di Maler Nolten e Joe di La vergine e lo zingaro sono forse più significative delle somiglianze. Elizabeth è sicuramente ispirata ad una figura centrale nella biografia di Mörike, la nomade svizzera Marie Meyer, la Peregrina delle liriche dell’autore. Lawrence, se in parte si ispira – limitatamente alla descrizione dell’atmosfera opprimente della casa del pastore anglicano e alla figura della terribile Granny, l’onnipresente nonna paterna – a racconti di vita vissuta della figlia di prime nozze della moglie Frieda, esclude esplicitamente qui, a differenza che altrove (si pensi a Figli e amanti) ogni forma di autobiografismo. E’ interessante osservare come, caso insolito per il genere novella, il finale de La Vergine e lo zingaro sia un finale aperto, come dunque l’irrompere della vita ‘altra’ non determini qui svolte ‘fatali’, non brandisca come un’arma letale e pur irresistibile la ‘forza del destino’. Lo zingaro, questo tuttavia intuisce Yvette che si sente attratta da lui sin dal primo incontro, rappresenta il calore del cuore, l’ardere della passione, contrapposti al vuoto di amore del padre di lei, il pastore di anime, nel fondo del quale Yvette ha saputo leggere, come aveva saputo leggere la madre di lei che era fuggita da lui lasciando le figlie bambine di nove (Lucille) e sette anni (Yvette). Yvette ha visto nella profondità dell’anima del padre e si è ritratta con orrore, perché vi ha scoperto il vuoto.
Dai ‘classici’ alla letteratura per ragazzi: il cammino sin qui descritto si inoltra per un sentiero ancora poco esplorato, ricco di sorprese. Una sorpresa senz’altro degna della fatica di aver allungato il percorso è Mond, Mond, Mond (1962) di Ursula Wölfel. L’autrice di questo romanzo è nota ai giovani lettori italiani per Augh, Stella cadente! e come tale apprezzata. Lascia alquanto perplessi invece il fatto che, in quasi quaranta anni trascorsi dalla pubblicazione originale, nessuno abbia pensato a tradurre il romanzo in italiano. Mond, Mond, Mond (Luna, luna, luna) trae il suo titolo dall’invocazione alla luna, che deve essere pronunciata tre volte, perché infine la luna aiuti il viandante a ritrovare la strada che porta all’accampamento della propria tribù. Le eroine del romanzo sono due sorelle, Nauka, di quindici anni, e Pimmi, di sette anni. Nauka e Pimmi si sono perse dopo aver trascorso la mattinata a vendere coperte ricamate al mercato. Dopo aver vagato ancora a lungo, giungono ad una fattoria in festa per un banchetto di nozze. Anna, la sorella della sposa, porta loro di nascosto (il pregiudizio è ben radicato anche tra i contadini tedeschi) di che rifocillarsi, le fa dormire nel fienile e riferisce loro una notizia che le sconvolgerà: in seguito a una rissa scoppiata tra gli uomini della tribù e gli operai di Gerlau per una falsa accusa di furto (pare quasi inutile sottolineare la ricorrenza del motivo), il padre e gli zii di Nauka e Pimmi, tutti gli uomini della tribù compreso il giovane Mateo, di cui Nauka è innamorata, sono stati portati in prigione a Otterau, mentre le donne hanno deciso di seguire con le loro povere roulottes il cammino degli uomini. Non c’è dunque più nessuno a Gerlau, ma Mateo ha lasciato per Nauka un segnale, utile e caro: si tratta della bambola Sara, che Mateo – burattinaio e autore dei testi per il suo teatro dei burattini – ha intagliato per Nauka. Il viaggio di Nauka e Pimmi, poi di Panelon, l’anziano della tribù, alla ricerca della roccia rossa e del suo segreto, è descritto dall’autrice con una capacità straordinaria di raccontare dalla prospettiva dei nomadi. Nauka, Pimmi, Panelon incontreranno le persone più diverse, amichevoli e diffidenti, ospitali e chiuse nei loro stereotipi. Dovunque tuttavia avranno occasione di illuminare il lettore che segue, avvinto dall’intreccio, le loro vicende, sulla loro cultura, le tradizioni, le storie personali, sulla loro identità.
I testi più recenti di letteratura per ragazzi, se non possiedono la cifra poetica del romanzo di Ursula Wölfel, si distinguono per il coraggio nell’affrontare una tematica scottante, quella della tormentata e raramente pacifica convivenza tra cittadini di lingua tedesca e profughi Rom e Sinti provenienti dalle regioni dell’ex-Jugoslavia.
Inge Meyer-Dietrich, autrice di Christina, Freunde gibt es überall, (“Christina, amici ce ne sono dappertutto, 1997), si rivolge a lettori molto giovani (9-10 anni) e narra la storia di Kenan, bambino Rom fuggito dalla ex-Jugoslavia e giunto nella classe di scuola elementare di Christina. Christina è fortunata, frequenta già una classe “Multi-Kulti”, plurietnica (nel Land dell’Assia, la presenza di stranieri si aggira intorno al trenta percento), ha un’insegnante ‘illuminata’. Ciò non toglie tuttavia che, all’arrivo di Kenan, la bambina riponga accuratamente nel fondo dello zaino, le penne che teme le possano essere rubate dallo ‘zingaro’. L’integrazione di Kenan procede tra episodi di intolleranza (rissa in cortile durante la ricreazione) e tentativi di avvicinamento. Christina e Kenan diventano amici, Christina può vedere con i propri occhi che cosa significhi vivere da “Asylant“, richiedente asilo, nel suo paese. Proprio in base a fredde decisioni burocratiche Kenan sarà trasferito in un’altra città, in un’altra residenza per richiedenti asilo in Germania. I due bambini mantengono un contatto epistolare e telefonico. Un giorno, Christina viene a sapere che è stato appiccato un incendio alla nuova dimora di Kenan. La bambina non si spiega il perché di tanto accanimento.
Come un giallo è costruito Sieben Tage im Februar dell’austriaco Robert Klement. Il libro ha come oggetto uno sconvolgente fatto di cronaca occorso nel 1995 in Austria. In un’esplosione avvenuta in un campo nomadi persero la vita quattro persone. Robert Klement immagina che il padre del protagonista, il quattordicenne Josef, rimanga ucciso nell’esplosione. La prospettiva è duplice, quella del ragazzo Rom alle prese con pregiudizi e forme sempre più pesanti di intolleranza, e il fanatico criminale che architetta l’attentato (l’autore ha scritto il romanzo prima che fosse individuato il colpevole, mostrando così anche un sorprendente intuito investigativo)
Un libro per ragazzi che affronta la pesante eredità della persecuzione e dell’eliminazione degli zingari durante il periodo nazista in Germania è Muscha (1998) die Anja Tuckermann. Il protagonista, Josef, si chiede perché sia esposto a vessazioni continue, atti discriminatori, perché infine debba essere addirittura nascosto. Soltanto dopo la guerra verrà a conoscere il suo segreto: Josef è stato adottato; i genitori adottivi gli rivelano la sua identità sinti e il suo vero nome, Josef Muscha Müller.

BIBLIOGRAFIA

Letteratura

– Arnim, Achim von, Isabella von Ägypten. Kaiser Karl des Fünften erste Jugendliebe in: Sämtliche Werke, Zweiter Band, München: Carl Hanser Verlag 1963. Estratti in: Anna Maria Curci Zanza (a cura di), Das Doppelgängermotiv in der deutschsprachigen Literatur des 19. und 20. Jahrhunderts, Torino: Loescher 1997
– Lawrence, David Herbert, The Virgin and the Gipsy, edizione a cura di Peter Preston e Nicola Ceramella, Genova: Cideb 1993
– Mörike, Eduard, Maler Nolten, in: Sämtliche Werke, München: Carl Hanser Verlag 1964.
– Wolf, Christa, Kindheitsmuster, Darmstadt und Neuwied: Luchterhand 1976

Letteratura per ragazzi

– Klement, Robert, Sieben Tage im Februar, Wien: Jungbrunnen 1998
– Meyer-Friedrich, Inge, Christina – Freunde gibt es überall, Ravensburger 1997
– Tuckermann, Anja, Muscha, München, DTV, 1998
– Wölfel, Ursula, Mond, Mond, Mond, Düsseldorf: Hoch-Verlag 1962

Critica letteraria

– Behrendt, Marianne, Die Figur der Elizabeth in Eduard Mörikes Roman “Maler Nolten”, in: Huber-Thoma, Adler, Romantik und Moderne, 1986
– Djuric, Rajko, I rom nella letteratura europea, traduzione di Mirella Karpati in “Lacio Drom” n. 4/5 1998
– Eilert, Heide, Eduard Mörike: Maler Nolten, in: Lükeler (a cura di), Romane und Erzählungen zwischen Romantik und Realismus. Neue Interpretationen, Stuttgart 1983

Saggistica

– Geigges/Wette, Zigeuner heute, Bornheim-Merten: Lamuv 1979
– Revelli, Marco, Fuori luogo. Cronaca da un campo rom, Torino: Bollati Boringhieri 1999
– Tabucchi, Antonio, Gli Zingari e il Rinascimento. Vivere da Rom a Firenze, Milano: Feltrinelli 1999
– Zülch, Tilman (a cura di), In Ausschwitz vergast, bis heute verfolgt, Reinbeck bei Hamburg: Rowohlt 1999

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