Nel giardino dell’oro e del vento – due poesie (post di natàlia castaldi)

 

 

Viaggio nella luce – controcanto al vento

 

 (Non cantarmi lo sfiorire dei gigli

nell’abisso delle onde quando

s’increspano d’argento nel gioco

della luna che dal tuo corpo risucchia il respiro

alle marée legando la mano

dal seno al senso dell’aria nell’assenza

di me

come fossi relitto ed icona

di un’imago passata)

Non rinchiudere il senso delle cose

nelle domande cui per tua logica

non troverai risposta

e non chiederti il sapore d’una mela

che lasci marcire appesa e mai colta.

Sfoglia ogni pagina di questo frutto

partorito dall’incoscienza delle sillabe

nel ventre tondo della creatura assunta

nel perimetro della nostra esistenza.

Ancora áncora il tuo passo al fertile

terreno delle cose nel tattile

profitto della terra quando d’ogni

goccia appesa all’ugola dell’alba

genera piccoli arcobaleni di

voci nell’aria pregna di moto ove la luce

sottraendoti al gesto delle dita

di sempre

in sempre

farà riemergere le sconfitte ombre

nel gioco della luna col sole

ed ogni acaro delle andate

esistenze perderà l’infetta

reverenza dell’intrigo del tempo

con l’inesistente fato – uguale

a se stesso – lascia che si perda

nei perpetui moti del silenzio

che non sa creare altro che vuoto.

Nell’afflusso di sangue alla giugulare

sorreggimi il volto tra le dita,

nella cupa notte delle attese

riempimi il vuoto della pelle

di viva carne che pulsi fino al

fiore segreto del seno:

e che sia febbrile la palpitazione delle ore al cuore

sulla pelle incandescente del fiume inverso

dall’utero alla foce,

voce ricomposta nelle leccate ferite

di cui l’imago renda giustizia di verbo

che arrovellandosi c’intrecci i muscoli

al suono delle membra fino all’ultimo sfinirsi

d’un “Io Sono”

pieno e presente

a tutto questo niente

contro ogni lurida e collerica bile vomitata all’arte

nell’apertura del nostro sguardo all’orizzonte

–          uguale e diverso nella controversa natura

            d’ogni sua armonica di-versità:

l’urlo nostro partorisca l’in-canto

della deflorazione impalpabile dall’inganno

peccato originale – chiuso nel calice fresco d’una rosa

che si rigenera pura e di certezza assolta

nell’anima calda del nostro respiro

liquido

come nettare stillato al senso precipuo della luce

che nell’ora del tramonto

dissolve in sanguigno solco di fuoco

ogni rimarginata crepa

scolpita nelle linee morbide

della nuda pietra.

(Cantarmi il fiorire dei gigli

dall’abisso di posidònie quando

 danzano l’argénteo vanto della

luna che dal tuo corpo emana il respiro

alle marée legando la mano

dal senso al seno dell’aria nella presenza

di me

come fossi carne del verbo e

briciola di pane caldo)

*

Il giardino di Eva

 

(Lieve tana dei ricordi e del rancore

parvuncula traccia che dal nodo del ventre

apri le scorciatoie dei sensi alla ragione

nel martirio delle membra ai seni

turgidi di effimera gioia, consegna

le ombre dell’inconscio alla ratio parca di memoria

ché ne asciughi l’umido delle sillabe alle labbra)

Perché dimenticare la fatica resa alla schiena che accolse

il ramo come freccia trafitta

nella semenza delle razzie del vento? –

Perché dall’inganno del verbo

gravidata la pronuncia incompiuta

dalla lingua al palato

ci cinse nel morbo del peccato? –

Si contorcano le ore sulle dita

negl’istinti soppressi e liberati all’insensata colpa

e che soggiacciano impunite

nell’ossessione del senso nell’iniquo Mio

d’illusione e disappunto – Dio!

Contrappasso nel risveglio dell’inguine al possesso

affonda nelle pretese del mio ventre avvezzo

ché io possa – tronco secco –

di magnolia rifiorire

(Lieve tana dei piaceri e dell’ardore

parvuncula porta che dal nodo del ventre

apri le vie dei sensi alla folgorazione, consegna

le delizie all’incanto dei seni nel rinnovato orgoglio

e la ratio parca di memoria affoga

 nell’apnea della lingua tra le labbra)

*

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14 risposte a “Nel giardino dell’oro e del vento – due poesie (post di natàlia castaldi)”

  1. Non cantarmi
    .
    lo sfiorire dei gigli
    l’abisso delle onde
    .
    s’increspa nel gioco
    la luna del tuo corpo
    .
    il respiro alle marée lega
    la mano al seno dell’aria
    .
    l’assenza
    di me
    .
    relitto e icona
    un’imago passata
    .
    Non rinchiudere il senso
    delle cose nelle domande
    .
    logica non troverai
    risposta non chiederti
    .
    il sapore d’una mela
    appesa e mai colta.
    .
    Sfoglia ogni pagina questo frutto
    sillabe nel ventre tondo
    .
    perimetro della nostra esistenza.
    il tuo passo fertile
    .
    terreno delle cose
    tattile profitto terra
    .
    goccia appesa all’ugola dell’alba
    piccoli arcobaleni
    .
    voci nell’aria pregna di ombre
    gioco della luna col sole
    .
    l’inesistente fato – uguale
    a se stesso –
    .
    nei perpetui moti del silenzio non sa
    creare altro vuoto afflusso di sangue.
    .
    Sorreggimi il volto
    tra le dita la cupa notte delle attese
    .
    riempimi il vuoto la pelle viva
    carne che pulsi fino al fiore segreto
    del seno febbrile la palpitazione
    .
    delle ore cuore
    pelle incandescente fiume inverso
    .
    utero la foce
    voce ricomposta e leccate ferite
    .
    l’imago renda giustizia di verbo
    arrovellandosi c’intrecci i muscoli
    .
    al suono delle membra fino all’ultimo sfinirsi
    d’un “Io Sono”
    .
    pieno e presente a tutto questo
    niente contro ogni lurida e collerica bile
    .
    vomitata all’arte
    nell’apertura del nostro sguardo
    .
    all’orizzonte
    – uguale e diverso nella controversa natura
    .
    d’ogni sua armonica di-versità:
    l’urlo nostro partorisca l’in-canto
    .
    la deflorazione impalpabile l’inganno
    – peccato
    .
    originale – chiuso
    nel calice fresco d’una rosa
    .
    si rigenera pura di certezza assolta
    l’anima calda del nostro respiro
    .
    liquido nettare stillato al senso precipuo della luce
    nell’ora del tramonto dissolve
    .
    in sanguigno solco di fuoco
    ogni rimarginata crepa
    .
    scolpita nelle linee morbide
    la nuda pietra.

    Cantami
    il fiorire dei gigli dall’abisso
    .
    di posidònie danzano
    l’argénteo vanto della luna
    .
    il tuo corpo respiro le marée legando la mano
    dal senso al seno dell’aria
    .
    nella presenza di me carne
    del verbo e briciola
    .
    di pane
    caldo.

    * un canto in-contro al tuo come di un’onda il reflussso.
    Spesso la spoglia rende l’incisione di quel mare battente. Grazie Natàlia,ferni

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  2. dopo quello che ha scritto fernanda qualsiasi mio commento risulterebbe banale.
    per cui concedetemi solo di applaudire !!!

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  3. personalmente non ho detto nè aggiunto nulla è tutto mare e luce di Natàlia,che ha raggiunto le mie sponde. ferni

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    • sul fatto di non avere detto nulla non ci metterei la mano sul fuoco.
      anzi è proprio vero il contrario.
      hai fatto 3 operazioni: una sintesi, una riallocazione e una sorta di intrallacciatura.
      innestando il seme di una minima differenza hai evidenziato alcune locuzioni scoprendone non dico il senso velato, ma una possibile propagazione.
      è come se avessi scoperto una sorta di “cuore” del testo.
      e, concedimi di dirlo, se ne sente chiaramente il battito.
      senza nulla togliere a Natàlia naturalmente, visto che a queste due composizioni sono particolarmente affezionato.
      abbracci e baci ad entrambe!!!

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  4. non penso che a leggere siano solo due persone
    entrambe le composizioni sono ricche di spazi, ritorni,luci, pulsano vita
    ritengo che vada sempre laciato un segno del proprio passaggio, seppure breve equivale a dire “di sentire”
    oggi, come sempre, è un’esigenza irrinunciabile

    un saluto,elina

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    • Grazie Ely, in vero non so che dire… più che un’esigenza direi che è un piacere ricevere un segno, ma non si può né si deve mai pretenderlo e … neanche aspettarlo.
      quel che viene viene, comunque sia, va bene

      ho fatto una rima… Mon Dieu! ;)

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  5. il cuore e le cure, quel battito e il profondo che anima si ampliano da sé.Il lavoro di Natàlia è stato di grande tessitura. La mia è una sottolineatura sul testo, per raccoglierne, come dici tu, Enzo, le variabili, all’interno di invarianti che ci configurano sia che la proiezione avvenga in un testo (un foglio, una scena un segno o un sogno) sia che avvenga in una esperienza personale (i giorni del vivere). La terra di Nat è comprensiva anche di un vasto azzurro:cielo e acqua sono in lei vivissimi. ferni

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  6. Quando scrivo spesso mi capita di seguire una scia, la sensazione di un’onda che ha allargato la mia riva, aprendomi le sponde a nuova luce.
    quando scrivo spesso scrivo per Enzo e Fernanda, spesso ho scritto per Enzo e Fernanda.
    indi, qui c’è un po’ di entrambi
    vi voglio bene, grazie per quello che mi date scrivendo.
    n.c.

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  7. questo “scambio” di parole è una meraviglia, un dono per chi legge.
    Grazie Natàlia, grazie Fernanda.

    Stefania

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