Siccanna ‘e focu

 

Sumurtìa sa terra

e galu focu chi colat,

appareschet, lestru,

attérghet sos pilos de su mundu;

nochet custa maghìa manna.

chisina abbarrat

in mesu ‘e poddiches ispantaos,

chisina de mariposas

mariposas de gherra.

no connosco prus

sos sintzos de sos montes:

diat cherrer petzi cuzicare,

 deo, chei burra ‘e abba,

s’anneu, s’arrennegu chi bos ingurtit,

 macras de birde,

chin unu lettolu a burbiu ‘e mele.

6 risposte a “Siccanna ‘e focu”

  1. Siccità di fuoco

    la terra, asciutta,
    ed ancora fuoco che passa,
    appare, veloce,
    annienta i capelli del mondo;
    è danno, questa grande magia.
    cenere rimane
    fra dita meravigliate/spaventate,
    cenere di farfalle
    farfalle di guerra.
    non riconosco più
    le linee dei monti:
    vorrei solo coprire,
    io, come tappeto d’acqua,
    il dolore, la rabbia che v’ingoia,
    macchie di verde,
    con un lenzuolo intriso di miele.

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  2. mi è piaciuta molto per la delicatezza nella chiusura che si contrappone alla tragicità del testo

    un saluto, elina

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  3. coprire il dolore con un lenzuolo intriso di miele, un’immagine tenera quasi materna, di chi non giudica ma osserva e coglie dell’umano errare il dolore oltre le colpe, il dolore da alleviare, lenire, curare.
    bella, soprattutto nella tua antica lingua.
    nat

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  4. …difficile da ‘rendere’ in italiano! molto del senso si perde, come il dire che la terra mi è madre e, davanti al suo dolore la mia rabbia sale, sempre.
    ma posso solo, nell’immediato, osservare lo scempio, pensare di salvarne ancora pochi arbusti, avvolgendoli di miele.
    ché di natura stessa è fatto, immaginando forse di dare linfa a chi linfa mi ha fatto.
    grazie, api

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  5. Un vero peccato non riuscire a comprendere questa tua lingua così armoniosa e segreta ai più.
    Grazie della traduzione che se pur non renderà come in originale, posso dirti che apri uno squarcio ad una rabbia che essere riparatrice più che distruttrice.
    Piaciuta, grazie.

    clelia

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  6. terra secca
    fuoco che cola
    attraversa le rapide
    fa il peli agli invisibili del mondo
    anche se danno questa è grande magia.
    Resta la cenere rimane
    fra le dita spaventate
    la veste bruciata di meravigliate farfalle
    farfalle da guerra.
    Non riconosco più
    le linee dei monti:
    vorrei solo coprire,
    io, come tappeto d’acqua,
    il dolore, la rabbia che v’ingoia,
    macchie di verde,
    con un lenzuolo intriso di miele.

    CIAO API; m’era svolata via questa tua lettura della terra, Molto bella.f

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